la Repubblica, 20 settembre 2018
Le Maddalene di Caravaggio
PARIGI La Maddalena in estasi di Caravaggio è arrivata a Parigi in una cornice di plastica. I misteriosi proprietari hanno fatto di tutto per confondere le loro tracce. Ma poco per nascondere di non essere collezionisti consumati. Secondo una procedura tutt’altro che convenzionale, il quadro è stato portato in auto al confine di Chiasso, Canton Ticino, come un pacco qualunque e quindi consegnato ai trasportatori. L’Italia era a un passo. Quella del capolavoro ritrovato e annunciato dalla grande studiosa Mina Gregori a Repubblica, nell’ottobre 2014, sembra una spy story infinita. Ma la tela (108 x 98,5 centimetri) ora è qui, al museo Jacquemart André, e da domani (fino al 28 gennaio 2019) sarà visibile a tutti nella mostra «Caravage à Rome», curata da Francesca Cappelletti. È un percorso strepitoso tra le opere di Michelangelo Merisi e quelle dei suoi amici e nemici: ci sono prestiti importanti come Il Suonatore di liuto dell’Ermitage, splendente di restauro. Soprattutto, però, nell’ultima sala, l’Europa si riprende la sua Maddalena. E questo Caravaggio “nuovo”, dopo l’apparizione a Tokyo nel 2016, diventa finalmente patrimonio comune. Non c’è storia nel duello tra le Maddalene. Quella attribuita da Gregori è esposta accanto alla cosiddetta “Klain” – dal nome di un precedente collezionista –, considerata fino a qualche anno fa il modello più vicino all’originale. Con buona pace dei prestatori, che sono già pronti a dare battaglia, i due quadri hanno la stessa attribuzione. Ma i conti, a occhio nudo, non tornano. E gli esperti, che possono finalmente confrontare le due versioni, stanno iniziando a pronunciarsi. «È chiaro che i due dipinti non sono dello stesso autore – dice indicandoli Pierre Curie, direttore del museo Jacquemart André – La Klain sembra una scultura, ma la sua tecnica è meno convincente di quella della Gregori, che, tuttavia, presenta uno stato di conservazione più problematico». Il fondo scuro ha il colore bruciato, la parte inferiore è da recuperare, i bordi della tela non sono stati pareggiati rispetto al telaio. «È un pasticcio totale dal punto di vista delle condizioni», sussurra una restauratrice. Ma si tratta di un Caravaggio. Da vicino si scoprono le pennellate delle lacrime che scendono dall’occhio sinistro; la posa dell’estasi che anticipa di trent’anni quella della Santa Teresa di Bernini; la croce e il teschio, assenti nella Klain, affiorano dal buio e sono gli stessi elementi che si ritrovano in due copie: quelle di Louis Finson e di Wibrandt de Geest, cognato di Rembrandt, che scrisse di aver ammirato la Maddalena di Caravaggio – ormai si può dire questa – con i suoi occhi. «Andavano viste insieme e ora si può stabilire finalmente che la Klain è una copia – spiega lo storico dell’arte Alessandro Zuccari, Nella foto grande, le due tele della Maddalena in estasi di Caravaggio (a destra quella ritrovata). Qui sopra, la Giuditta di Tolosa e quella di Palazzo Barberini che a Caravaggio ha dedicato più di uno studio – L’ultima parola spetterà alle indagini sui materiali. Ma, nonostante le condizioni, la Maddalena attribuita da Mina Gregori è decisamente più interessante di quell’altra rigida e con le dita a grissino». La caravaggista Maria Cristina Terzaghi mostra sul portatile un dossier con le tante copie conosciute della Maddalena: «A questo punto, ne dovrebbe spuntare una ancora più bella per non considerare questa come l’originale». Come la stessa che, riferiscono i documenti, il pittore maledetto portava con sé sulla barca dell’ultimo viaggio, terminato con la morte a Porto Ercole, il 18 luglio 1610. Se il consenso intorno all’attribuzione è ormai evidente, il destino del dipinto appare più incerto e, tra le sale ottocentesche e il caffè del Jacquemart André con le sue torte spettacolari, le ipotesi si vociferano a bassa voce. Galleristi, mercanti e collezionisti sono qui più o meno in incognito per prendere informazioni e confondere le acque. I sotterranei del mercato dell’arte risultano imperscrutabili come quelli del Vaticano. C’è chi giura che i proprietari della Maddalena siano di Milano. Chi mostra una lista di prestatori delle opere tra cui spuntano nomi improbabili, che sanno di personaggi dei fumetti. Qualcun altro azzarda che il quadro appartenga già a una società registrata negli Emirati Arabi. Sembra facile credere che si stia per scatenare una lotta tra antiquari per acquistare la tela a un prezzo “accettabile” e lanciarla nel firmamento dei record di vendita. Al momento, però, i musei stanno a guardare. È ancora troppo recente lo scotto del Louvre di Abu Dhabi, con quel Salvator Mundi pagato 450 milioni di dollari come un Leonardo autentico e ora messo in discussione dalla comunità degli storici dell’arte. La mostra parigina apre mentre si sta per consumare ancora un altro capitolo della “Caravaggeide”. Tra un mese, infatti, scade il vincolo di esportazione dalla Francia della Giuditta scoperta a Tolosa nel 2016. È quella attribuita a Caravaggio dal mercante Eric Turquin con il placet di Jean-Pierre Cuzin, curatore con una vita spesa al Louvre. Potrebbe valere 120 milioni di euro. E c’è chi, dopo la vetrina alla Pinacoteca di Brera dello scorso anno, avrebbe voluto vederla esposta anche al Jacquemart André. Ma i curatori di «Caravage à Rome» hanno preferito di no. In più, l’arrivo a Parigi della Giuditta autentica, prestata dal Palazzo Barberini di Roma, rischia di far precipitare le quotazioni della tela scoperta di Turquin, decisamente lontana per qualità. Probabilmente tra quelli che stanno camminando sul vialetto di ghiaia che porta all’ingresso del Jacquemart André, c’è qualcuno che conosce già la mossa successiva di questa partita. In questa casa dell’Ottocento diventata museo, quarant’anni fa Billy Wilder girò Fedora, uno dei suoi ultimi capolavori: la storia di una diva sparita improvvisamente dai set. Oggi la star qui si chiama Maddalena e, quattro secoli dopo la sua misteriosa scomparsa, è tornata finalmente sulla scena.