11 settembre 2018
Tags : Milo Manara
Biografia di Milo Manara
Milo Manara (Maurilio M.), nato a Luson (Bolzano) il 12 settembre 1945 (73 anni). Fumettista. «Non sono un artista. Rivendico il mio essere un fumettaro». «Il camionista non si attacca sul camion un quadro di Rauschenberg o di Jasper Johns: si attacca una bella pin up. Devo alle mie pin up il fatto di poter ancora divertire, di essere vicino alla gente: militari, camionisti, carcerati» • Durante l’infanzia, «mai letto fumetti. […] Mia madre era una maestra elementare all’antica: non me lo permetteva. A parte qualche storia di Franco Caprioli sul Vittorioso, il settimanale dell’Azione cattolica». «Passavo le ore a guardare le illustrazioni delle enciclopedie. Mi perdevo nei mondi che raffiguravano. Davanti alle immagini de L’isola del tesoro e Le avventure di Huckleberry Finn mi lasciavo completamente andare: sognavo di costruire una zattera e lanciarmi a scoprire il mondo navigando il fiume. Non sospettavo nemmeno che si potesse disegnare per lavoro. Disegnavo, disegnavo sempre. Mia madre mi doveva obbligare a uscire a giocare con gli altri bambini. Fosse stato per me, sarei rimasto piegato sui miei bozzetti» (a Nicola Mirenzi). «Quando ha cominciato a disegnare donne nude? “Quando ho cominciato ad apprezzarle, intorno ai 14 anni. I miei si sono accorti che avevo una buona mano e mi hanno mandato al liceo artistico. Una classe di 16 ragazze più la modella nuda. Io l’unico maschio. Molto coccolato”» (Stefano Lorenzetto). «Al liceo artistico disegnavo ogni giorno. A 16 anni feci un pannello decorativo per un negozio di guanti a Verona: due figure liberty di persone» (a Fabio Isman). «Quando dalla provincia di Bolzano si è trasferito a Verona, aveva ancora per modelli Botticelli e Raffaello. "La mia idea era di fare il pittore – racconta –. Poi, nel 1964, a 19 anni, vengo folgorato dalla Pop Art americana e dall’espressionismo astratto. È l’anno in cui Robert Rauschenberg vince la Biennale di Venezia: sono ancora più convinto. Mi affascinano Jasper Johns e Roy Lichtenstein. Mi iscrivo ad Architettura a Venezia…". […] "Poi è arrivato il ’68, la contestazione alla Biennale, le proteste in piazza San Marco, ed è emersa la consapevolezza che ormai l’arte avesse esaurito il proprio ruolo sociale, un ruolo che aveva sempre avuto nei secoli, ma che adesso s’erano presi la tv e il cinema. La pittura era lontana dalla società. Per fortuna ho scoperto il fumetto". Accade grazie a una donna. Abbandonata l’università, Manara lavora come assistente di uno scultore spagnolo, Miguel Berrocal. Berrocal ha una moglie francese, che si fa spedire le novità editoriali da Parigi. E così, un giorno, il giovane Milo si trova fra le mani un volume di Barbarella, la disinibita viaggiatrice della Galassia inventata da Jean-Claude Forest, protagonista di una serie di fantascienza erotica. "È stato il primo grande fumetto per adulti – spiega –. Appena l’ho visto, ho guardato le prime tre, quattro pagine, e mi sono detto: voglio fare questo mestiere. Il lato estetico del disegno cominciava a interessarmi di meno. Mi incuriosiva di più l’aspetto narrativo. Volevo raccontare storie"» (Gian Luca Favetto). «Nel 1969 iniziai a far vedere in giro alcuni miei disegni in bianco e nero, fino a che un editore di Milano, Furio Viano, non decise di affidarmi la versione a fumetti di un fotoromanzo per adulti di buon successo, Genius, che era poi uno dei tanti epigoni di Diabolik. Così è cominciato tutto» (a Giuseppe Pollicelli). «Disegnai le prime storielle erotiche tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta: quando la rivoluzione sessuale passava attraverso i fumetti, quando veniva messo al rogo l’Ultimo tango a Parigi di Bertolucci. L’erotismo diventava dunque una leva per segnare un cambiamento, anche perché la narrativa, di questo tema, se ne dimenticava costantemente. Mentre la mente di tutti noi giovani uomini era occupata dal sesso per il 50 per cento del tempo, nessuno ne faceva parola. Non una riga. Nessuno ne scriveva esplicitamente. Da qui le storie a fumetti» (a Giorgio Terruzzi). «Manara, pur avendo iniziato con storie erotico-avventurose come Jolanda de Almaviva, si era dedicato nei primi Settanta anche a fumetti “politici” (nella piena ortodossia dell’epoca) come Un fascio di bombe, commissionato dal Partito socialista pre-craxiano sulla strategia della tensione e scritto da Alfredo Castelli (futuro creatore del bonelliano Martin Mystère), o come Lo scimmiotto (testi di Silverio Pisu), riscrittura del classico della letteratura cinese in chiave maoista. Ma le sue donne cinesi, splendide e ammiccanti e lontane dal look delle “compagne comuniste”, lasciano già presagire il suo talento erotico, che espliciterà chiaramente solo dagli anni Ottanta, con opere come Il gioco, dove un misterioso marchingegno scatena il desiderio in signore all’apparenza morigeratissime. Non a caso, la rivista di critica fumettistica Fumo di China arriva a intitolare un articolo su di lui Manara dal Sessantotto al Sessantanove. Dall’incontro con Hugo Pratt, creatore di Corto Maltese, nascono due splendidi romanzi a fumetti, fra Grande Avventura ed erotismo, Tutto ricominciò con un’estate indiana, fra i (poco casti) Padri Pellegrini nell’America del Seicento, ed El Gaucho, ambientato nell’Argentina ottocentesca. “Hugo era un grande personaggio, larger than life, come dicono gli americani”, ci ha detto Manara. “Non faceva distinzione fra la propria opera e la propria vita, si era permesso il lusso di vivere proprio come uno dei suoi personaggi. Avevamo un rapporto di grande confidenza, amicizia e complicità. Da veneziano non aveva la patente, io ero il suo autista: abbiamo girato assieme l’Europa per andare ai vari festival”. […] Delle sue donne, la più celebre è senz’altro Miele (“Mi chiamano così perché ce l’ho dolcissima. O almeno così dicono”), modellata sulle fattezze di Kim Basinger e in parte ispirata anche alla “donna che visse due volte” Kim Novak, anche lei chiamata Miele (per il colore dei capelli, però). Donna sexy e ironica, autenticamente priva di noiose rivendicazioni femministe, rispecchia perfettamente lo Zeigeist degli Ottanta. […] Disegna anche due libri a fumetti su soggetto di Federico Fellini, Viaggio a Tulum e Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet, da due film non realizzati del regista. Il famoso sensitivo Gustavo Rol aveva detto a Fellini (che lo stimava ed era molto superstizioso) che se avesse girato il Mastorna sarebbe morto: il maestro romagnolo decide di farlo solo a fumetti (un medium che amava molto), ma alla fine del primo episodio compare misteriosamente la parola “end”, fine, e così Fellini decide di non proseguire più la storia (anche se comunque morirà l’anno dopo l’uscita del fumetto, nel 1993)» (Stefano Priarone). «La sua ricchissima avventura professionale comprende altri incontri con registi come Pedro Almodóvar e, più di recente, Alejandro Jodorowsky (che ha scritto i testi per una ricostruzione delle vicende dei Borgia), e anche esperienze con le due case editrici americane i cui personaggi stanno dominando il cinema blockbuster contemporaneo: la Dc Comics e la Marvel, per la quale ha realizzato una storia sugli X-Men al femminile (X-Men. Ragazze in fuga). Al nuovo secolo è arrivato con una trasposizione fantastica della vicenda di Valentino Rossi intitolata 46, il numero della moto di Valentino, che ha dato il suo contributo creativo. Negli anni più recenti si è dedicato al progetto Il pittore e la modella, un viaggio nella storia dell’arte vissuta attraverso il rapporto dei maestri del colore con le loro modelle» (Paolo Biamonte). Tra i suoi ultimi lavori, una biografia a fumetti di Caravaggio in due volumi, il secondo dei quali dovrebbe essere pubblicato entro l’anno (il primo, Caravaggio. La tavolozza e la spada, è uscito presso Panini nel 2015), il disegno per la statua di Brigitte Bardot inaugurata a Saint-Tropez il 28 settembre 2017 (in occasione dell’ottantatreesimo compleanno dell’attrice) e una serie animata su Adriano Celentano, Adrian, che dovrebbe essere trasmessa da Canale 5 entro l’autunno • «Cominciai, come si conviene, dal basso, con piccoli fumetti di infima qualità, che tuttavia offrirono la possibilità a me e a molti altri giovani di apprendere i rudimenti del mestiere. Poi incontrai i Maestri. Il primo fu Hugo Pratt, la persona cui devo di più, in assoluto. La sua amicizia e i suoi insegnamenti furono fondamentali, e considero un alto onore di essere stato l’unico disegnatore per cui Hugo Pratt abbia scritto delle sceneggiature. Quindi incontrai Jean Giraud “Moebius”, da cui imparai a disegnare. Per ultimo incontrai il Maestro dei Maestri: Federico Fellini. La riconoscenza e la gratitudine per questi Maestri è tale e tanta che non mi è possibile condensarla qui in poche parole. Resta il fatto che considero l’averli incontrati la vera fortuna della mia vita. Non ho annoverato tra i Maestri Andrea Pazienza, benché lo fosse e lo sia a tutti gli effetti. Ma, per la sua giovane età e per la stupefacente naturalezza del suo talento, l’ho sempre considerato un fratello minore, da cui copiare di nascosto, per salvare almeno la faccia» • «Una “matita onnivora”, che lavora anche per libri, dischi, cinema, teatro, tarocchi, cartoni animati, pubblicità. Ha realizzato racconti su testi di Enzo Biagi, Jodorowsky, Mino Milani, Vincenzo Mollica, ha raccontato la storia d’Italia, della Francia, della Cina, della scoperta del mondo ma anche di Valentino Rossi e della dinastia dei Borgia, ha reso omaggio a Pirandello, Moebius, Pazienza, John Lennon, Pasolini… “Penso d’avere il record mondiale di variazioni sul tema: pochi altri disegnatori hanno fatto così tante cose in così tanti territori. È un mio puntiglio: provare a percorrere più itinerari, compresi i supereroi. Non ho voluto privarmi di nulla”» (Alberto Gedda). «Milo Manara appartiene al novero dei grandi autori che hanno trasformato il fumetto, ampliandone i confini e i contenuti avvicinandolo al romanzo e al cinema e imponendolo definitivamente come un’espressione artistica tout court» (Biamonte) • «Una volta Michele Serra mi ha detto: “Milo, sei l’unico uomo che riesce ad eccitarmi”». «A Milo Manara il miglior complimento lo ha fatto […] un parroco di Parabita, nel Salento: "Tu per me sei come Discovery Channel: mi fai vedere posti dove non potrò mai andare"» (Lorenzetto) • Sposato, due figli • «Non mi buco, non ho stravizi, bevo moderatamente. Conduco un’esistenza monotona e morigerata, soprattutto da una certa età in poi. Ho scelto la qualità dell’arte» (a Bruno Ventavoli). «Esiste qualcosa di sacro, per lei? “Mi ritrovo totalmente asservito al senso del sacro quando ho di fronte le Dolomiti. O gli oceani”» (Lorenzetto) • «Se essere di sinistra significa ritenere che la distribuzione della ricchezza dovrebbe essere un po’ più equa, allora sono di sinistra» • «Ho avuto la fortuna di trovarmi al posto giusto nel momento giusto. Ho vissuto in un momento in cui il fumetto da prodotto per ragazzi è diventato un modo di espressione adulto per adulti: non capisca in senso erotico, ma proprio culturalmente adulto. […] A me interessa un erotismo di carattere sociale, pubblico; non credo di aver mai disegnato una coppia nella propria camera da letto mentre sta facendo sesso: per me non ha il minimo interesse. Mi interessa la trasgressione al pubblico senso del pudore: è la mia radice sessantottina che viene sempre fuori nella mia forma di racconto dell’erotismo» (a Sergio Cau). «L’erotismo parte dallo sguardo. È dagli occhi che inizio a disegnare una figura. È quello il punto fondamentale. Posso anche licenziare un disegno non a posto sul piano dell’anatomia, ma mai lo farò per un disegno che non abbia lo sguardo come voglio» (a Francesco Verni). «I dettagli sono erotismo, proprio come un corpo di donna. […] Nei miei disegni, se una donna è seduta su una sedia dev´essere una sedia vera, una sedia dove ci si può sedere, la migliore delle sedie disegnabili. Perché ci vuol poco a fare un fumetto pornografico: basta una sequenza di corpi nudi. Ma l’erotismo sta attorno. Certo, non mi aspetto di essere ricordato come "quello che disegna delle magnifiche sedie". Ma, se il mio successo ha un segreto, sta lì» (a Michele Smargiassi). «Non vorrei fare come quelle attricette che, raggiunta una certa età, pretendono di essere ricordate per l’abilità nella recitazione. Ho disegnato di tutto, è vero, qualche volta considero un po’ limitativo il costante riferimento alle donne dei miei fumetti. Ma devo essere onesto. Devo ammettere che questo successo mi ha aiutato. Mi ha permesso di essere identificato dentro un mare enorme di prodotti editoriali. È un’etichetta. Non posso proprio lamentarmi». «Mi sa che potrò smettere di lavorare verso gli 80 anni, ammesso di arrivare sin lì. Poi credo possa permettermi di fare altro. Magari mettendomi a girare come fece Matisse, con un blocco e qualche matita. Piccoli racconti di viaggio. Che poi sono un vero piacere della vita».