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 2018  settembre 10 Lunedì calendario

La notte di Bocelli tra Shakespeare (doppiato) e le leggi della tv

Ma chi era il protagonista di La Notte di Andrea Bocelli? Lo stesso Bocelli o Milly Carlucci? Tralasciando l’encomiabile impegno dell’Andrea Bocelli Foundation a favore della ricostruzione della scuola di Muccia, colpita dal sisma del 2016 (ma la charity non è una giustificazione, è un impegno), lo show dell’Arena di Verona trasmesso da Rai1 era completamente squilibrato (domenica, ore 21.36).
Da una parte, un’antologia di arie celebri (come si usava un tempo nei teatri di provincia), tutte ma proprio tutte, da E lucean le stelle a Nessun dorma, da La donna è mobile (chi sarà il primo cretino che accuserà Verdi di antifemminismo?) a la marcia trionfale dell’Aida, da Largo al factotum al Va’ pensiero. È il venerato kitsch dell’Arena, con una scenografia monumentale, e anche un po’ funerea, i due maxischermi, uno spreco di art pompier (con tutto il rispetto per i valorosi vigili del fuoco), l’immancabile balletto spagnoleggiante, il tentativo di adattare il melodramma alle presunte leggi della tv da parte dei «figli di un do minore» (copyright di Alberto Mattioli) con il microfono nascosto fra i capelli. Dall’altra parte, l’onnipresente Milly Carlucci, sempre troppo loquace, alle prese con le imbarazzanti interviste a mostri sacri come Morgan Freeman, Richard Gere, che poi leggerà Shakespeare (doppiato!), Catherine Deneuve, a Michele Placido, Valeria Golino, Luisa Ranieri e il saluto, coram populo, a Elisa Isoardi in modo che lo sentisse anche Matteo Salvini. Sembrava una serata promozionale di Rai1. In mezzo, ovviamente, una regia modesta (targata Ballandi Multimedia) che non ha saputo trasformare in un racconto compiuto l’antologia operistica ad uso dei turisti del bel canto. Ha suscitato perplessità persino il montaggio, e dire che oggi molta bella tv si basa proprio sulla postproduzione, sulla capacità di tramutare il frammento in narrazione.