L’Economia, 10 settembre 2018
Da Wall Street a Tokyo, un ricchissimo disastro
I big della Silicon Valley. Sempre e ancora loro. I conti in tasca a chi avesse investito un attimo prima del fallimento di Lehman Brothers rivelano che una puntata sul Nasdaq, esattamente dieci anni fa, avrebbe permesso di quadruplicare abbondantemente il capitale. Ultima della fila, invece, Piazza Affari. Insieme alla sterlina, azzoppata da Brexit, il paniere delle blue chip tricolori è l’unico dei principali asset sottoposti alla prova del tempo che finisce il decennio in rosso. Ma le piccole medie imprese riscattano il Belpaese, insieme ai titoli di Stato.
Diecimila euro investiti sull’indice dei titoli tecnologici il 12 settembre 2008 oggi sarebbero 43.691. Ma se andiamo a vedere nei particolari le cifre di alcuni Signori del business digitale sono addirittura da capogiro. Diecimila euro investiti su Apple – oggi diretta da Tim Cook, allora guidata da Steve Jobs – sono diventati 171 mila. E che dire di Amazon, capitanata da Jeff Bezos: la rivalutazione in dieci anni è stata del 3.318 per cento con una lievitazione del capitale di 34 volte. Non è andata male nemmeno a chi ha genericamente scelto l’indice più rappresentativo di tutta Wall Street, l’S&P 500. Al netto della discesa agli inferi successiva al disastro della banca d’affari, culminata con il minimo del 9 marzo 2009, diecimila euro investiti a metà settembre del 2008 sulle aziende quotate dello Zio Sam hanno passato più di nove anni in groppa al Toro più longevo della storia. E si vede: oggi sono quasi triplicati, diventando 28 mila.
Terzo posto per il Giappone: la Borsa di Tokyo, risorta sulla scia delle politiche espansive che finiranno per ultime nel mondo dopo quelle dell’Europa, ha offerto una performance del 119%, trasformando i diecimila euro in quasi 22 mila. Anche con un investimento sulla sintesi di tutte le aziende quotate nel mondo, il paniere Msci World, il capitale sarebbe raddoppiato (+104%), superando i 20 mila euro.
In questi numeri c’è, appunto, la grande corsa delle azioni che ha caratterizzato un po’ tutti i mercati, ma anche l’effetto cambio, il risultato netto tra la forza e la debolezza dell’euro nei confronti delle altre valute dal 2008 ad oggi. Questa classifica mostra i buoni risultati anche degli investitori in oro (lo strumento scelto è l’Etf Gold Bullion) e in titoli di Stato. Americani, tedeschi ma anche italiani. Diecimila euro nel Jp Morgan Italy, un paniere rappresentativo del nostro debito pubblico, sono diventati 15.873. Buona la prova pure per il franco svizzero, i Paesi Emergenti – nonostante le grandi difficoltà dell’ultimo anno e i numerosi incidenti di percorso – e per le multinazionali tascabili del Made in Italy che hanno offerto un guadagno di 4 mila euro (+40%) battendo di gran lunga le azioni euro rappresentate dal Dj Eurosoxx (+22,7%) e il dollaro. Niente da fare per i quaranta titoli nobili di Piazza Affari: i diecimila euro investiti prima di Lehman sono diventati 7.198. In questo caso il disastro non è stato ricchissimo.