il Giornale, 10 settembre 2018
I matrimoni? Falliti per colpa del web
Qualcuno (probabilmente un romanticone) diceva che un matrimonio riuscito richiede che ci si innamori molte volte, ma sempre della stessa persona. Una «mission» già ardua e che l’esorbitante utilizzo dei social network, con l’abbondanza di offerta di rapporti – anche se solo virtuali o comunque perlopiù consumati sul web – non poteva che mettere in crisi se non addirittura ko. Sì, era immaginabile che con le nuove tecnologie tradirsi sarebbe diventata tutta un’altra faccenda e soprattutto più facile, tuttavia il dato statistico impressiona: solo a Milano, infatti, il 45 per cento dei matrimoni salterebbe proprio a causa di tradimenti scoperti e consumati utilizzando Instagram e Whattsapp o le cosiddette «comunità online» come Badoo, ma in particolare sui siti e le app d’incontri tra sconosciuti con tanto di geolocalizzazione (per accertarsi di trovarsi nei dintorni, qualora si decidesse per un appuntamento vis à vis) come Tinder, Grindr o Happn.
Questa evoluzione dell’approccio al tradimento, con tanto di numeri e percentuali, sono stati rivelati ieri all’agenzia di stampa Adnkronos dall’avvocato Lorenzo Puglisi, presidente e fondatore dell’associazione «Familylegal», sottolineando che proprio per l’«aumento vertiginoso di queste app, il dating online», cioè l’appuntamento sul web, avrebbe oramai superato l’incontro convenzionale per «lasciare spazio al flirt tramite smartphone».
Dati che, guarda caso, vanno a nozze (si fa per dire) con quelli diffusi appena quattro giorni fa dall’Istat nel suo report annuale sulla popolazione residente e che parlano di un netto calo dei matrimoni (ma i commentatori hanno puntualizzato che la crisi economica e le difficoltà oggettive a metter su famiglia e casa avrebbero un notevole peso su questa particolare statistica) e di un aumento dei divorzi, più che quadruplicati dal 1991 (da circa 376mila a oltre un milione e 672mila), principalmente nella classe 55-64 anni (da 0.8% a 5.3% gli uomini, da 1% a 6.4% le donne). Tutto questo anche grazie però al divorzio breve che dal 2015 ha accorciato da 3 anni a 6 mesi nei casi di separazione consensuale il periodo che deve intercorrere tra separazione e divorzio.
Ma attenzione traditori incalliti infedeli sul web: anche «solo» flirtare online, se scoperti, potrebbe costarvi caro in caso di richiesta di divorzio. Per la Cassazione, infatti, il concetto di fedeltà, di questi tempi, ha subito una decisa evoluzione. «Legata a un aspetto prettamente sessuale e fisico e intesa come mera astensione dai rapporti sessuali extraconiugali, la fedeltà con gli anni è andata avvicinandosi a un concetto di fiducia, solidarietà e rispetto della dignità dell’altro» precisa il presidente di «Familylegal».
Gli adulteri platonici o virtuali assumono così un peso specifico nella determinazione dell’addebito e non solo quando si arrivi al tradimento consumato «ma anche quando – conclude Puglisi – dia luogo a plausibili sospetti d’infedeltà e comporti offesa alla dignità e all’onore del coniuge».
Insomma, per farla breve, chi tradisce online abbia ben chiaro che se il coniuge chiederà il divorzio, un eventuale esborso sarà tutt’altro che virtuale.