Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  settembre 10 Lunedì calendario

Riecco il Casto Divo

“Al populismo, io gli do fuoco, al tuo giudizio, io gli do fuoco. Ho l’orifizio che mi va a fuoco”: Immanuel Casto non è per stomaci delicati. Essere bifronte nato nei primi del Duemila, quando l’era d’oro dell’online coltivava fenomeni da portare al grande pubblico, negli anni ha mantenuto una doppia anima: quella della musica e quella dell’impegno. In ogni caso manifesto, ma con una discriminante: l’arte come territorio franco. Più veniva (e viene) contaminato dal sarcasmo e dalla provocazione, e meglio era (è).
Per questo divide, come dividono le idee di gioco che ha – creò un gioco da tavola, “Squillo”, che prima di uscire gli valse un’interrogazione parlamentare – e le sue esternazioni. “Più che un pioniere della provocazione, sono stato un pionere del trollaggio” risponde il Casto Divo. Un grande momento di autocoscienza. Prima che Martina Dell’Ombra mandasse in tilt fior fiori di analisti con il suo personaggio della principessina con l’autista che schifa Roma Sud (interpretato da Federica Cacciola), prima che Myss Keta scuotesse gli animi con “Milano Sushi & Coca” e prima che Young Signorino fosse centro di discussioni alla “ci è, o ci fa?”, Immanuel Casto già parlava di belle cappelle, beat anale e porn groove. Ora, a pochi giorni dall’uscita della raccolta L’Età del Consenso (venerdì, Freak & Chic/Artist First), la differenza tra il palco e i video in cui parla di diritti civili si fa ancora più smaccata. Proprio adesso che i social network faticano a trovare un equilibrio tra libertà di espressione e controllo di propaganda e diffusione di fake news: “Se parliamo di un terreno prettamente artistico, nella musica ci sono icone pre-social che escono un po’ mortificate da quel mondo. Gianni Morandi è stato uno dei pochi a riuscire a governare il mezzo. Le fake news sono sempre esistite, il problema è la nuova potenza di fuoco, il meccanismo per cui conta il ministro che ha più seguito online. A livello comunicativo, lo staff di Salvini sa esattamente come muoversi online, e parlo ovviamente di una questione meramente tecnica”.
Al contempo, è difficile educare le generazioni a una nuova alfabetizzazione digitale. Le responsabilità di una nuova educazione resta condivisa, sottoscrive Manuel, dalle piattaforme all’istruzione, unico ecosistema che può mettere mano alle promesse tradite della rete: “Sì, sono state traditi i principi con i quali è nata. Se non per l’aspetto artistico, per l’idea che l’informazione avrebbe potuto svincolarsi dalle logiche d’interesse. Non è stato così, perché si sono verificati scenari peggiori, di persone assoldate per generare discussioni pilotate su una notizia”. Per non parlare della “nuova meritocrazia, che poi è diventata apparente”. “Ora ti chiedono di pagare per like e views che non necessariamente si traducano in valore economico o impatto sulle persone”. “Goodbye Milano”, dice il secondo inedito della raccolta. No Immanuel, nun ce lassà. Spoiler: non ci lascia. L’anno prossimo nuovo disco e nuovo gioco.