la Repubblica, 10 settembre 2018
«Cancellerò il rumore alla velocità della luce»
Per studiare in pace avevo provato ogni trucco: dai tappi di cera alle cuffie antirumore a tutto orecchio. Ma dopo un po’ di ore non riuscivo a sopportarle, e stavo per gettare la spugna», spiega Sheng Shen, 25enne dottorando all’University of Illinois. «Poi mi è venuta un’idea curiosa». Cioè: usare la velocità di trasmissione del wi-fi, 872mila volte superiore a quella del suono, per abbattere i rumori in modo assai più drastico rispetto alle tecnologie usate oggi nelle costose cuffie a cancellazione di rumore Bose o Sony.
La questione è seria: il rumore è la seconda causa di litigi tra i condomini, e quei sei italiani su dieci che sono indifferenti o ostili verso i vicini di casa, secondo un sondaggio dell’Osservatorio di Sara Assicurazioni, citano come cause di dissidi gli schiamazzi (48%) e la televisione o la musica ad alto volume (40%). In commercio ci sono già cuffie a cancellazione attiva di rumore (le cuffie “passive” sono quelle da poligono di tiro, e si limitano a isolare l’orecchio) che captano le onde sonore esterne tramite un microfono e generano con un chip un’anti-onda per annullarle. «Il problema», spiega Shen, «è che una volta che il rumore è arrivato – viaggiando nell’aria – alla cuffia, è praticamente già arrivato anche all’orecchio umano. Quindi il chip ha pochissimo tempo per generare un’anti-onda efficace. E c’è un problema in più, legato ai rumori ad alta frequenza, come la voce umana. Hanno cambiamenti di fase più veloci e i chip odierni non riescono bene ad annullarli. Per questo le cuffie combattono i rumori a bassa frequenza con l’anti-onda e quelli ad alta frequenza coprendo tutto il padiglione auricolare. Ma indossare per molte ore una cuffia che “sigilla” l’orecchio può essere fastidioso». Di qui l’idea di Shen per nuove cuffie che possano generare un’anti-onda più precisa. «Ho pensato che, se invece di aspettare che il suono arrivi alla cuffia attraverso l’aria, lo si inviasse via wi-fi, ossia alla velocità della luce, la cuffia avrebbe molto più tempo per calcolare l’anti-onda perfetta per il rumore in arrivo dall’aria.
Grazie al wi-fi, alla cuffia arriva subito il “lampo” che la aiuta a prepararsi per il “tuono”, per usare una metafora» spiega Shen. «Per fare questo serve una piccola stazione wi-fi dotata di un microfono, da piazzare vicino alle fonti di rumore. Se sono nel mio ufficio e il rumore viene dal corridoio dove i colleghi si fermano a parlare, posso fissare questa stazione a un muro del corridoio e indossare le cuffie.
Grazie al tempo in più che il chip antirumore ha per preparare l’anti-onda, se applicato a una normale cuffia “chiusa” questo sistema abbatte di 9 decibel il rumore rispetto alle migliori cuffie in commercio. Se invece vogliamo liberare l’orecchio e usare dei mini auricolari, la performance è solo leggermente (-0,9 dB) inferiore a quella delle cuffie Bose». L’idea di Shen offre un’altra possibilità innovativa: etichettare i singoli rumori: «Captato un rumore, prima di inviarlo alle cuffie in wi-fi, proprio perché c’è più tempo a disposizione, gli si può aggiungere un’impronta che lo identifica. Così la cancellazione può essere selettiva», sottolinea il ricercatore. «Per esempio un impiegato può eliminare il chiacchiericcio dei colleghi ma non la voce del capufficio. O il contrario (ride). Oppure un chitarrista può abbattere il frastuono della batteria ma non la voce del cantante, utile a seguire la melodia. E anzi può anche amplificarla», continua Chen. Il microfono può anche essere sistemato su un tagliaerbe, un soffia-foglie o altro oggetto nemico della quiete condominiale, così da permettere a chi lo desidera di affrancarsene indossando le cuffie. Nel caso dei microfoni in corridoio, però, potrebbero sorgere obiezioni legate alla privacy. «In realtà non c’è questo problema: il dispositivo non registra in nessun momento i rumori molesti captati», puntualizza Chen. «Li trasmette all’istante alle cuffie». Verso il meritato oblio.