Libero, 9 settembre 2018
In Italia 4.000 suicidi l’anno
Un suicidio ogni 40 secondi e un tentativo di suicidio ogni tre. Nel mondo, fanno 800mila morti l’anno, 56.200 in Europa e 4mila solo in Italia, cioè 7 casi ogni 100mila abitanti. Ma i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non sono gli unici a lanciare l’allarme: secondo un rapporto pubblicato dal Centro per la prevenzione e il controllo della malattie americano, infatti, negli Stati Uniti il tasso di suicidi è aumentato del 30% in 18 anni e triplicato nelle ragazze minori di 25 anni; è la seconda causa di morte per le persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Impossibile sapere con certezza le cause principali di tale aumento, non esiste mai un singolo fattore scatenante, ma gli studiosi concordano nell’individuare i motivi principali nei problemi di relazione e nei problemi finanziari. Poi, c’è chi attribuisce l’incremento dei suicidi iniziato con il nuovo millennio a un maggiore senso di isolamento degli individui, chi ad aumento delle malattie mentali, chi all’ascesa della tecnologia, che ha sostituito i rapporti faccia a faccia. Anche in Italia si tenta di analizzare più a fondo il tema: il Convegno Internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica, a Roma il 13 e 14 settembre, è organizzato dall’università la Sapienza di Roma e dal Servizio Prevenzione del Suicidio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea. Il Presidente scientifico del Convegno è il professor Maurizio Pompili, che spiega: «Si tratta in maggioranza di uomini (il rapporto è di 1 a 3 rispetto alle donne), fra i 45 e i 50 anni ma, in molti casi, si verificano anche tra gli adolescenti e gli anziani. Il fenomeno è in aumento negli ultimi anni soprattutto nella fascia tra i 24 e i 65 anni, per problemi legati alla crisi economica. È la seconda causa di morte tra i giovani». Secondo uno studio americano pubblicato sulla rivista Live Science e durato dieci anni dell’Henry Ford Hospital di Detroit c’è però un metodo praticamente infallibile per interrompere i tentativi di suicidio: medici e terapisti hanno impiegato diversi interventi che hanno portato a un calo dell’80% dei tassi di suicidio. Uno di questi metodi consisteva nel chiedere ai pazienti depressi come immaginavano di morire. I medici hanno poi creato dei ‘blocchi sistematici’ per impedire loro di attuare quella visione, chiedendo ad esempio ai pazienti di rimuovere le armi dalle loro case. «La prevenzione, infatti, è possibile e riguarda tutti», spiega ancora il professor Pompili, «informare l’opinione pubblica, aiutare familiari e amici a riconoscere i segnali di allarme, sfatare i falsi miti su chi tenta di compiere un gesto estremo e contrastare lo stigma, consentirebbero di dimezzare il fenomeno. Anche perchè la maggioranza di chi ha pensieri suicidi vuole assolutamente vivere: tutti possiamo fare qualcosa per accorgerci dei segnali che arrivano da chi è in difficoltà, per incoraggiarli a raccontare la loro storia, per offrire una parola di supporto e di ascolto e fare così la differenza». Katalin Szanto, professoressa di psichiatria all’Università di Pittsburgh, esperta in prevenzione al suicidio, spiega infine che «la manifestazione della depressione è diversa in uomini e donne, e noi medici tendiamo a fare delle valutazioni cliniche più azzeccate nel diagnosticare la depressione femminile piuttosto che quella maschile». Le donne, infatti, racconta Szanto, tendono a cercare aiuto in tempo; gli uomini, invece, non hanno indicatori ben definiti, come, per esempio, la propensione alla violenza o l’abuso di sostanze; e negano di essere depressi, conclude Szanto: «Le persone percepiscono uno stigma intorno alla depressione. E la nostra cultura non rispetta la vulnerabilità».