il Giornale, 9 settembre 2018
Intervista allo scrittore Mark O’Connell. Tema: gli uomini, i cyborg e la morte
Ordine del giorno dei London Futurists: «Radicale estensione dell’aspettativa di vita, uploading della mente, potenziamento della medesima con mezzi farmacologici e tecnologici, intelligenza artificiale, applicazione al corpo di protesi e manipolazioni genetiche». È da una riunione di questi «aspiranti postumani» a Bloomsbury, dove un secolo fa si incontravano Virginia Woolf e Lytton Strachey, che il dublinese Mark O’Connell parte per addentrarsi nel mondo dei transumanisti, coloro che sognano di Essere una macchina. Così si intitola il libro, molto denso (anche di cose incredibili, come lascia intendere il sottotitolo: «Un viaggio attraverso cyborg, utopisti, hacker e futurologi per risolvere il modesto problema della morte») che ne ha tratto, e che sarà pubblicato da Adelphi il 18 settembre. O’Connell lo presenta in anteprima oggi al Festivaletteratura di Mantova (ore 14.45).
Che cos’è il transumanesimo?
«È il movimento di chi vuole usare la tecnologia per cambiare quello che è l’essere umano. Fra le cose su cui investono i transumanisti, per esempio, ci sono il diventare immortali e l’uploading della mente. Sono convinti che la nostra evoluzione sarà guidata dalla tecnologia. Certo è un movimento piuttosto estremo, che ha molta influenza in alcuni ambienti».
Chi sono questi investitori?
«Il principale ritengo sia l’imprenditore Peter Thiel, che ha investito in numerosi progetti per l’estensione della vita. Anche Google ha una sua società di ricerca sulla estensione della vita, Calico, che si concentra sugli approcci biotech a queste tecnologie. Laura Deming, che ha avviato un fondo di investimento con l’aiuto di Thiel, a sua volta è un investitore influente in questo ambito».
E Elon Musk?
«Musk ha investito in una tecnologia chiamata Neural Lace, il cui obiettivo è fondere il nostro cervello con l’Intelligenza artificiale».
Dove avvengono queste ricerche?
«Quasi tutti i transumanisti che ho incontrato hanno la loro sede nell’area della Baia di San Francisco. La Baia è davvero la casa spirituale del transumanesimo».
Il loro principale, «modesto problema» è la morte?
«Sì. E, anche se il transumanesimo non è una religione vera e propria, il modo in cui affronta la questione della mortalità e cerca di risolvere l’ansia della mortalità va visto in un contesto religioso».
I transumanisti sono personaggi un po’ strani?
«Certo. Per la maggior parte sono piuttosto eccentrici. In genere, da ragazzi, amavano moltissimo la fantascienza, e ne sono tuttora ossessionati. Asimov, Dick...».
Che cosa significa «essere una macchina»?
«È la questione centrale. Il fine e la filosofia dei transumanisti sono proprio quelli di essere, letteralmente, una macchina, e di usare la tecnologia per trascendere la condizione umana. Il punto di partenza è che ci identifichiamo con la nostra mente, e che la nostra mente, a sua volta, sia un computer».
Che cosa è l’uploading della mente?
«Una delle idee più radicali: un destino da automa, in cui abbandoniamo il nostro corpo animale. Loro ci credono».
Ma come si fa, in concreto?
«Si fa uno scanner dettagliato del cervello, per estrapolarlo dalla materia: destrutturi la mente dalla carne e la carichi, come un software, trasferendola su un altro mezzo. Saremmo come dei robot, delle intelligenze disincarnate».
Che cos’è la «Singolarità tecnologica», di cui è profeta Ray Kurzweil, finanziatore e ingegnere capo di Google?
«La possibilità di fondersi davvero con le macchine. L’umanità diventerà completamente diversa. Per me, qui il transumanesimo diventa una fede, una visione religiosa».
A un certo punto incontra anche degli aspiranti cyborg, che vivono in uno scantinato.
«È stata una delle esperienze più intense e interessanti. Ho passato un po’ di tempo a Philadelphia con questi cosiddetti grinder, che sono dei transumanisti pratici: non parlano soltanto del futuro, cercano di crearlo già ora».
Come?
«Estendendo le capacità umane fondamentali, impiantandosi microchip, elettrodi o altri strumenti sotto la pelle».
Iniziative un po’ azzardate...
«Probabilmente sono le persone più eccentriche che abbia incontrato. Sono i punk del transumanesimo, la frangia più estrema e affascinante».
Non fanno un po’ impressione?
«Certo, nessun dottore farebbe queste operazioni chirurgiche e, quindi, se le fanno da soli. Può sembrare disgustoso, ma questa idea di impiantare la tecnologia nel nostro corpo è interessante. Secondo i transumanisti, in futuro sarà la norma e si potrà fare anche nel cervello, per renderlo più efficiente».
Addirittura?
«Non sono convinto che le persone saranno d’accordo: il mio corpo è il mio corpo... Però, se ci riflettiamo, un pacemaker che cos’è? Inseriamo della tecnologia nel nostro corpo, per migliorarlo: in un certo senso siamo già dei cyborg. È una linea di confine interessante».
Ha incontrato quasi solo maschi.
«È vero. C’è qualche donna, come Natasha Vita-More, ma sono eccezioni. Forse queste idee di un corpo inumano e di una divisione così netta fra corpo e mente sono fantasie tipiche dell’uomo; o meglio, di certi uomini».
Come è stato visitare un centro per la crioconservazione?
«È un posto duro. Da fantascienza. I clienti sono persone che hanno una fede assoluta nella tecnologia: credono di conservare intatti il corpo e la mente e che in futuro, magari fra 500 anni, la tecnologia riuscirà a rimuovere il corpo dalla sospensione crionica e a riportarlo in vita... Credo che sia una fantasia totale, dal punto di vista scientifico».
Previsioni sui tempi?
«Secondo Kurzweil, la Singolarità si realizzerà nel 2045: la tecnologia sarà così potente e sofisticata da consentirci di fonderci con le macchine e di creare una Super Intelligenza; si potrà scannerizzare il cervello e caricarlo su una macchina e potremo vivere per sempre».
Il 2045 non è lontano.
«No. Secondo i transumanisti noi siamo l’ultima generazione a vivere così. Poi saremo trasformati».
Diventeremo immortali?
«Non credo. E penso anche che la maggior parte delle persone non voglia esserlo: che cosa significa vivere per sempre? E poi: chi vivrebbe per sempre, tutti? Probabilmente no. E ancora: quale vita condurremmo? Credo sia un’idea molto individualista, e un po’ terrificante».
Chi l’ha sorpresa di più?
«Randal Koene. Un neuroscienziato che ho incontrato a San Francisco, e che da trent’anni lavora sull’uploading della mente. Lo immagineresti come un folle: invece è molto serio, molto profondo. Anche se molto radicale. Mi ha impressionato. Del resto nel mio libro non volevo ridicolizzare o sminuire i transumanisti: volevo conoscerli».
Un futuro ipertecnologico non è preoccupante?
«Certo che sì. Non credo che la Singolarità si realizzerà davvero, e nemmeno credo che saremo spazzati via da una Super Intelligenza artificiale maligna, come hanno detto Elon Musk o Stephen Hawking; ma credo che l’Intelligenza artificiale cancellerà un numero enorme di impieghi in un futuro non molto distante. Basta guardare quanto si danno da fare aziende come Amazon o Uber per sostituire i loro dipendenti con le macchine».