il Giornale, 9 settembre 2018
Calano i preti, non i cattolici
Calano i sacerdoti, aumentano i vescovi. Secondo l’ultimo Annuarium Statisticum Ecclesiae nel 2016, in tutto il mondo, c’erano 414.969 preti in crescita dello 0,7% dai 412.236 del 2010, ma tra il 2015 e il 2016 il calo è stato dello 0,22% e si è concentrato soprattutto nell’America del Nord (-2,7%), in Europa (-2,8%) e in Medio Oriente (-1,7%). In tutto il resto del mondo la crescita viaggia ad un ritmo del 4-5%. Risultato: le vocazioni con Papa Francesco sfioriscono in Occidente e fioccano nelle aree più povere del mondo. Conseguenza: in Italia calano i seminaristi. I grafici in queste pagine, realizzati dal sito di datajournalism Truenumbers.it, mostrano il numero di seminaristi per ogni Regione. La Campania è in testa con 315, la Lombardia con 312 e il Veneto è al terzo posto con 284, ma è il totale che è importante: nel 2016 erano 2.439, in calo dai 2.743 del 2014 (e dai 3.145 del 2004) anno nel quale era già evidente il problema del «tasso di sostituzione». C’erano, cioè solo 28,12 seminaristi maggiori (persone con vocazione accertata e verificata pronti per la vita religiosa) ogni 100 sacerdoti in attività.
Ma il problema è anche un altro: in Europa operano il 42,6% di tutti i sacerdoti del mondo mentre i cattolici sono solo il 22% di tutti i cattolici del mondo. Per riequilibrare il rapporto molti preti europei dovrebbero andare nell’America Centrale dove c’è solo il 5,3% dei sacerdoti e l’11,6% dei fedeli. Sarebbe troppo facile dire che ci sono più cattolici dove ci sono meno preti: probabilmente si tratta solo di una cattiva distribuzione, ma i numeri dicono questo.
Per quanto riguarda i vescovi: sempre tra il 2015 e il 2016 sono passati da 5.104 a 5.353. Significa che mentre i preti calano dello 0,22% e i vescovi aumentano del 4,88%. E cala, ovviamente, anche il numero di sacerdoti per ogni vescovo: la media mondiale dice che da 81 fedeli ogni vescovo si è scesi a 78 nel 2016.
Calano i seminaristi e i preti, e i cattolici? Aumentano: i battezzati sono passati da 1 miliardo e 285 milioni nel 2015 e 1 miliardo 299 milioni. Il fatto è che in Italia, secondo una rilevazione dell’Istat pubblicata a giugno di quest’anno, i praticanti sono piuttosto avanti con l’età. Il maggior numero di persone (ogni mille della stessa fascia d’età) che dichiara di andare a Messa una volta la settimana è compreso nella fascia d’età tra i 65 e i 74 anni, al secondo posto ci sono gli ultra 75enni, poi si sono i 45-54enni e, infine, i bambini tra i 6 e i 13 anni che, però, subito dopo la Cresima, abbandonano la pratica religiosa appena superati i 14 anni.
Ma un altro dato che mostra il momento non facile (diciamo): è quello relativo all’editoria cattolica, fino a pochi anni fa una nicchia (piuttosto grande, peraltro) che non dava segni di crisi. Dal 2011 tutto è cambiato e anche i libri di carattere religioso hanno cominciato a dare segni di rallentamento. Dal 2014 segna tassi negativi di crescita del fatturato peggiori di quelli dell’editoria laica. Nel 2014, per esempio, il fatturato dell’editoria religiosa è calato del 5,68% rispetto al meno 3,24% di quella laica. L’anno peggiore è stato il 2016: meno 8,3% la prima e meno 0,26% la seconda mentre l’anno successivo l’editoria religiosa ha continuato a mostrare un calo (meno 6,5%) mentre quella laica è riuscita a risanarsi e a crescere del 3,31%.
Gli immigrati potrebbero cambiare, in meglio, la situazione della cristianità in Italia? Non è una domanda provocatoria, perché se si guarda l’appartenenza religiosa degli immigrati si scopre che la maggioranza è cristiana: gli ortodossi sono oltre 1,6 milioni e i cattolici più di un milione, mentre i musulmani sono 1,4 milioni. Naturalmente in questa statistica, realizzata dalla Fondazione Ismu, specializzata in fenomeni migratori, non vengono considerati gli immigrati non residenti, cioè i clandestini che, in verità, non rientrano in nessuna statistica dato che non si sa nemmeno esattamente quanti siano.
Poi ci sono le minoranze religiose professate da circa il 3,5% degli italiani. Per la maggior parte sono protestanti (il 24% del 3,5%), seguiti dai testimoni di Geova, 21,7%, e dai musulmani, 18,7%, che ormai sono la quarta religione più professata in Italia.