Robinson, 9 settembre 2018
L’Alzheimer ha risolto i problemi di mia madre
Solo ora, dopo tanto, tantissimo tempo, quando mi capita di rivedere qualche fotografia, quel poco che ho conservato della mia prima vita, faccio un sorriso. Perché quella è una cosa che non mi riguarda più, che non sono e non voglio essere». Claudia Cavalcanti ha da poco fatto pace con il suo passato. Attrice di film erotici negli anni Ottanta, icona sexy, protagonista di spot tv, presentatrice, dopo venti anni nello spettacolo, la sua prima vita, decide di mollare tutto. Due volte. La prima per seguire la sua anima in India. La seconda per tornare in Italia dove vive la madre affetta da Alzheimer, una forma di demenza che in Italia colpisce oltre il 4% della popolazione over 65. Dopo anni da attrice, ha sentito che quel mondo non le apparteneva più? «Nel periodo in cui ho fatto l’attrice le donne, soprattutto quelle belle, erano utilizzate in film un po’ così... Ho iniziato a recitare quando ero ancora una ragazzina, l’ambiente non era semplice e i primi tempi non è stato facile dal punto di vista emotivo. Per questo non sono d’accordo con chi mi dice che la mia era una scelta consapevole. Ho sentito un richiamo molto forte e ho deciso di partire per l’India dove sono stata a Pune nel centro di meditazione di Osho. È stata una scelta sofferta. Ma quando alla domanda” moriresti pur di seguire questa strada?” la mia risposta è stata sì, ho deciso che dovevo andarmene». La sua esistenza si è capovolta. «In India l’esteriorità non contava più, ho potuto finalmente essere me stessa. In Italia, senza rendermene conto, ero costretta a essere sempre appariscente. Là è emersa la mia anima, la mia parte del cuore». Fino a quando la vita non l’ha messa alla prova. «Dopo anni passati in Asia il mio mondo è iniziato a crollare un pezzo alla volta. La morte di mio padre è coincisa con la scomparsa di molti amici e con la perdita di un gatto, Satumata, che per me era come un figlio. Mia madre, già malata di Alzheimer, è peggiorata. E io ho deciso di tornare». Su Satumata e sua madre lei ha scritto un racconto che leggerà all’Alzheimer Fest, una testimonianza toccante. «Mi sono domandata: se la mente se ne va, cosa resta di una persona? Con mia madre non ho mai avuto un buon rapporto. Lei è sempre stata una persona aggressiva, depressa. È come se questa malattia l’avesse curata dal punto di vista spirituale. Man mano che l’Alzheimer avanzava, i problemi che l’avevano perseguitata per tutta la vita se ne andavano». Il suo rapporto con lei è cambiato? «Ho potuto finalmente incontrarla. Per un periodo molto lungo, quando ancora mi riconosceva, ho avuto con lei un bellissimo rapporto: lei finalmente era felice, sorrideva, era affettuosa. Ci siamo abbracciate, volute bene. Ci siamo anche divertite. Per questo non vivo la malattia con dolore: ho visto che per lei questo dolore non c’è stato». Se la mente se ne va, cosa resta di una persona? È riuscita a dare una risposta a quella domanda? «Ho capito che la mente è solo una piccola parte. Noi rimaniamo comunque attaccati alla matrice dell’amore. L’ho visto e lo vedo anche oggi: mentre la mente abbandonava mia madre, l’amore emergeva. Prima pensavo che una persona affetta da Alzheimer non fosse in grado di pregare, perché incapace di azioni consapevoli. Invece ho capito che questa malattia ti ricollega con quello che muove davvero l’universo». ?