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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Serge Latouche

Serge Latouche, nato a Vannes, in Bretagna, il 12 gennaio 1940. Economista. Filosofo. Professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi Sud «Latouche ha avuto almeno due vite. La prima, scaturita dagli studi e dal concorso per insegnare Economia a Lille, si è interrotta quando Latouche ha cominciato a viaggiare per le sue ricerche nei Paesi del Sud del mondo. “Negli anni Sessanta sono stato in Congo e poi nel Laos per attuare programmi di sviluppo economico. È così che è incominciata la mia riflessione critica su questo modello di crescita continua. Pensavo di essere al servizio di una scienza, in realtà si trattava di una religione. Ho capito allora che gli economisti come me non sono altro che dei missionari che vogliono convertire e distruggere popoli abituati a vivere in maniera diversa”. Latouche si convince che tutte le ricette promosse dall’Occidente per contrastare la povertà servono in realtà a distruggere la ricchezza locale, destrutturando le società. È così che comincia la nuova vita da economista pentito. Anche se continua a insegnare a Lille, comincia a entrare nella corrente di pensiero di alcuni economisti dissidenti, seguendo in particolare i lavori del francese François Partant, pensatore del post-sviluppo. […] “All’inizio ero concentrato sulla critica dell’imperialismo occidentale, della ‘deculturazione’”. Latouche piano piano riflette anche sui limiti naturali, l’ambientalismo entra a far parte dei suoi studi. “È ormai riconosciuto che il perseguimento indefinito della crescita è incompatibile con un pianeta finito. Se non vi sarà un’inversione di rotta, ci attende una catastrofe ecologica e umana. Siamo ancora in tempo per immaginare, serenamente, un sistema basato su un’altra logica”. Il punto di rottura per Latouche è piuttosto culturale, filosofico. […] “In Occidente pochi hanno avuto il coraggio di parlare di decrescita fino al 1989, dopo il crollo del Muro. Quando siamo entrati in un mondo globale, senza più differenze tra primo, secondo o terzo mondo, lentamente c’è stata una presa di coscienza. Oggi non si tratta di trovare un nuovo modello economico, ma di uscire dal governo dell’economia per riscoprire i valori sociali e dare la priorità alla politica”. Per cambiare bisogna seguire quelle che Latouche chiama le otto “R”. Ovvero “rivalutare”, “riconcettualizzare”, “ristrutturare”, “ridistribuire”, “rilocalizzare”, “ridurre”, “riutilizzare”, “riciclare”. […] Secondo Latouche le otto “R” rappresentano cambiamenti interdipendenti, che insieme possono far nascere una nuova società ecologica. “Una società di cittadini, e non più solo semplici consumatori”» (Anaïs Ginori). Tra i suoi ultimi libri, Limite (2012), Usa e getta. Le follie dell’obsolescenza programmata (2013) e La decrescita prima della decrescita. Precursori e compagni di strada (2016), tutti pubblicati in Italia da Bollati Boringhieri • Noto ai più come il massimo teorico della «decrescita felice», contesta la definizione: «Decrescita serena, per cortesia: la felicità è una cosa che dipende dalla personalità dei singoli, è qualcosa che si avverte nella società ma riflette una dimensione umana; la serenità è il minimo di sostenibilità a condizioni oggettive, è qualcosa che genera un minimo di benessere per tutti» (a Roberto Napoletano) • Una figlia dal primo matrimonio, Florence, e due dal secondo, Gwendal e Morgwana («Sono nomi bretoni») • Pratica quella che il suo maestro Ivan Illich chiamava «la sobria ebbrezza della vita»: usa il più possibile il treno (fino a qualche anno fa, la bicicletta), non possiede un televisore e si avvale del computer solo quando strettamente necessario, per «resistere alla tecno-dipendenza». Inoltre, cerca di usare ogni cosa «sino alla consunzione totale. Piuttosto che buttare, riparo, anche se oggigiorno costa meno comprare un oggetto nuovo fabbricato in Cina. Ma preferisco appunto allungare la vita delle cose, o riciclare, combattendo così la filosofia dell’usa-e-getta, l’obsolescenza programmata dei beni» • «Vivo in tre posti: il primo è Parigi, il secondo è l’Italia tutta itinerante dall’Alto Adige a Lampedusa, poi i Pirenei del Sud, dal lato della Catalogna, dove scrivo i miei libri. Quando sono a Parigi, ogni domenica faccio visita al Louvre».