5 settembre 2018
Tags : Leoluca Biagio Bagarella
Biografia di Leoluca Biagio Bagarella
Leoluca Biagio Bagarella, nato a Corleone (Palermo)
il 3 febbraio 1942. Mafioso (detto «don Luchino»). Pluriergastolano, è
attualmente detenuto in regime di carcere duro nell’apposita sezione del
carcere di Bancali (Sassari) •
«Mafioso integrale da almeno tre generazioni (uomini d’onore il nonno, il
padre, i fratelli, gli zii), fratello di donna Ninetta, moglie di Totò Riina.
L’esordio da boss il 21 luglio del ’79, quando uccide a Palermo, all’interno
del bar Lux, il capo della squadra Mobile Boris Giuliano. Il poliziotto aveva
scoperto il suo covo di via Pecori Giraldi, con dentro eroina, documenti falsi,
armi e denaro, prime tracce dell’allora nascente impero planetario di Cosa
nostra, basato sulle raffinerie siciliane, che trattavano quintali di morfina
base arrivata dall’Oriente. Fallisce di un soffio l’evasione dal carcere
dell’Ucciardone, nell’81: avrebbe dovuto saltare il muro di cinta con una
pertica. Scarcerato per decorrenza dei termini, riarrestato di nuovo nell’86
dal giudice Falcone: condannato a sei anni al maxiprocesso di Palermo, pena
ridotta a quattro in appello, esce ed è protagonista di un faraonico matrimonio
nella Villa Igea dei Florio. […] Nel ’92 organizza con gli altri le stragi di
Capaci e via D’Amelio e, dopo l’arresto di Riina, guida la campagna di
attentati sul continente. Fa sapere a Provenzano che, se non è d’accordo con la
campagna di terrore in Italia, si appendesse pure un cartello al collo, per
farlo sapere a tutti. Viene arrestato nel ’95 mentre, a Palermo, ritira un paio
di jeans in lavanderia. Abitava di fronte alla casa di due magistrati: Giuseppe
Pignatone, attuale procuratore di Roma, e Guido Lo Forte, capo della Procura di
Messina [nel 2015: vent’anni prima,
rispettivamente sostituto procuratore e procuratore aggiunto di Palermo – ndr].
Proporrà a Giovanni Brusca di farlo evadere dall’Ucciardone abbattendo il muro
con missili e granate: quello gli farà sapere che vede “troppi film miricani”.
Molti pentiti gli hanno attribuito un disegno politico siciliano di tipo
separatista, in occasione del crollo della Prima Repubblica nel ’92. Bagarella
[…] ha di recente smentito, dicendosi vicino alle posizioni unitarie di
Giuseppe Garibaldi» (Piero Melati). Coimputato presso la Corte d’assise di
Palermo nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia (insieme a
Giovanni Brusca e a Massimo Ciancimino, ma anche all’allora vicecomandante del
Ros dei carabinieri Mario Mori, all’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e
al cofondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri), il 26 gennaio 2018 i
pubblici ministeri hanno chiesto che sia condannato a 16 anni di reclusione • È ritenuto responsabile – come esecutore
materiale, ai tempi di Riina, o come mandante, dopo l’arresto del cognato – di
centinaia di omicidi, tra cui la maggior parte di quelli compiuti nella Seconda
guerra di mafia degli anni Ottanta e nella stagione delle stragi degli anni
Novanta. Nel marzo 2014 la Procura di Palermo calcolò il cumulo delle pene
inflittegli in 13 ergastoli, con isolamento diurno per 6 anni e reclusione per
106 anni e 10 mesi, oltre a multe, pene accessorie e ulteriori misure di
sicurezza • Vedovo di Vincenzina
Marchese, anch’essa di famiglia mafiosa, la quale si tolse la vita impiccandosi
col fil di ferro il 12 maggio 1995, lasciando un messaggio ai familiari («Miei
cari perdonati tutti, mio marito si merita una statua d’oro. Abbracci e baci
per tutti») e uno al marito («Luca, la colpa di tutto è mia, non volevo… [parola incomprensibile – ndr] Perdonami
baci baci»). Tra le ipotesi sulle cause all’origine del gesto, la recente
scoperta che il fratello Giuseppe Marchese, sicario di Riina, era diventato
collaboratore di giustizia e – soprattutto – la depressione per il fatto di non
riuscire ad avere figli, interpretato come una punizione divina per le
responsabilità del marito nella sorte di Giuseppe Di Matteo, sequestrato a
dodici anni, tenuto segregato per oltre venticinque mesi e infine strangolato e
sciolto nell’acido. In segno di lutto per la perdita della moglie, Bagarella
sospese l’uccisione delle persone sulla sua lista (fu poi arrestato poche
settimane dopo, il 24 giugno 1995) •
«Un galantuomo» (Totò Riina).