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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Andrea Orlando

Andrea Orlando, nato a La Spezia l 8 febbraio 1969. Politico. Deputato dal 2006 (Pd, già Ulivo). Ministro della Giustizia nell’attuale governo Gentiloni e nel precedente governo Renzi (dal 22 febbraio 2014), già ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare nel governo Letta (2013-2014) «Figlio di famiglia semplice, campana d’origine ma ligure d’adozione. […] La famiglia di Orlando era molto militante, ai tempi del Pci, e suo padre portò l’allora adolescente futuro ministro a Roma, per i funerali di Enrico Berlinguer, in quell’estate del 1984. […] Famiglia “normale” anche dal punto di vista economico, gli Orlando mandarono a studiare il giovane Andrea a Pisa. Lui si iscrisse a Giurisprudenza (non terminata per pochi esami e per sopraggiunta passione politica), non disdegnando però lavori scollegati dal contesto della sua formazione (metronotte in un supermercato, […] scaricatore di porto)» (Marianna Rizzini) • La passione politica per la sinistra gli nacque a 12 anni, leggendo il Metello di Vasco Pratolini: «Decisi di iscrivermi alla Fgci, ma mi dissero che non potevo aver la tessera fino a 14 anni. Però mi consentirono di andare a vendere il giornale la domenica» (a Giorgio Lauro e Geppi Cucciari). Iscrittosi poi al Pci e quindi al Pds, «si è appoggiato a tutti i segretari. Regnava D’Alema quando fece i primi passi da consigliere e assessore al comune di La Spezia. Con Fassino è entrato nel giro romano, diventando responsabile dell’Organizzazione e nel 2006 deputato (sempre riconfermato). Con Veltroni e Franceschini è stato portavoce facendosi una fama nazionale – che gli fa torto – di pinocchietto petulante. Con Bersani è stato arruolato nella legione dei cosiddetti Giovani turchi – Stefano Fassina, Matteo Orfini, etc. – cui il segretario affidava il futuro del Pd. Alle primarie 2013, vinte da Renzi, Andrea aveva votato per Gianni Cuperlo. […] Nel 2010, in un’intervista al Foglio dal titolo “Caro Cav, il Pd ti offre giustizia”, Orlando, stupì tutti dicendosi: per la “distinzione dei ruoli tra pm e giudici”; contro “l’obbligatorietà dell’azione penale”; per punire le toghe che sbagliano; contro il malvezzo dei pm di asserpolarsi in Parlamento sull’onda della notorietà acquisita con le inchieste. Insomma ripeteva, da sinistra, quello che invocavano da anni liberali, berlusconiani, centristi, avvocati, camere penali. Ovviamente, lo addentarono piddini e alleati, guidati da ex magistrati tipo la mozza-teste Anna Finocchiaro e il sanculotto Totò Di Pietro. Andrea non fece una piega. […] Quando Enrico Letta formava il suo governo, […] poiché le alchimie destinavano un ministero ai Giovani turchi, il primo interpellato fu Fassina, che chiese l’Economia. Quando capì che non ce lo voleva nessuno (toccò a Saccomanni), Fassina, che è permaloso, rinunciò. Letta convocò allora Orlando e gli chiese: “Vuoi un ministero?”. Lui, senza nemmeno chiedere quale, disse subito sì. Gli andava bene tutto, purché fosse. Ebbe l’Ambiente. Qui, ha fatto quel che ha potuto ed è entrato nelle simpatie dei geologi (che speravano nella riconferma) perché aveva preso a cuore il risanamento del Paese che crolla e frana a tutto spiano. […] Salendo al Quirinale, Matteo Renzi non aveva in mente Orlando come Guardasigilli. Il designato era Nicola Gratteri, procuratore a Reggio Calabria, noto per la lotta alla ’ndrangheta. Fu Napolitano a insistere per l’incarico a un politico. Il perché è chiaro. Alla Giustizia servono riforme sgradite alla magistratura che un magistrato – cane non mangia cane – non farebbe mai. Se poi sia stato Napolitano a indicare Orlando, ministro uscente dell’Ambiente, non è noto. Ma lo ha accettato, segno che gli stava bene» (Giancarlo Perna). Come Guardasigilli (confermato nel governo Gentiloni il 12 dicembre 2016), si è distinto per aver realizzato una serie di importanti riforme, relative alla giustizia civile e alla giustizia penale, alle intercettazioni e alla corruzione. Nel 2017 ha concorso, con la benedizione di Napolitano e di Prodi, alle elezioni primarie per la segreteria del Pd, attestandosi secondo dopo Matteo Renzi, con il 19,96% dei voti. Alle elezioni politiche del 2018 risulta candidato come capolista nel collegio plurinominale di Parma, Piacenza e Reggio Emilia Celibe e senza figli, un paio di convivenze alle spalle («Io faccio una vita complicata dal punto di vista dei ritmi, e questo non aiuta») • Grande appassionato di Iva Zanicchi («è la più grande cantante italiana, la sua è una voce inarrivabile») e di Claudio Villa («mi piace moltissimo la sua interpretazione di Granada»), «ma mi piacciono anche cose più contemporanee, come i Coldplay e Springsteen». Tifoso di Spezia e Fiorentina, da ragazzo «ero una mezza punta, un numero dieci o un’ala sinistra. Ho giocato fino a 17 anni. Volevo essere Platini ma mi sa che somigliavo di più a Beccalossi, perché tenevo troppo la palla…» • Quando, rimarcandone la mitezza, Renzi lo definì «doroteo», «non furioso ma pacifico», Orlando replicò: «Se doroteismo è sinonimo di immobilismo, ovviamente non mi riconosco in questa espressione. Se invece doroteo è sinonimo di moderazione, confesso che i temi e la fase in alcuni momenti la consigliano. Da ragazzino ero nella destra del Pci, quindi non sono mai stato un rivoluzionario. Ho cercato l’interlocuzione con tutti, andando dai magistrati e dagli avvocati… Sono convinto che il gradualismo sia una componente importante del riformismo e che, se hai idee forti, non devi sottrarti al confronto».