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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Mark Rutte

Mark Rutte, nato a L’Aja il 14 febbraio 1967. Politico. Primo ministro dei Paesi Bassi (dal 14 ottobre 2010). Segretario del Partito popolare per la democrazia (Vvd) (dal 31 maggio 2006). Già segretario di Stato per l’Istruzione, la Cultura e la Scienza (2004-2006) e per gli Affari sociali e l’Occupazione (2002-2004) nei governi di Jan Peter Balkenende «Pur avendo una laurea in Storia, ottenuta all’Università di Leida dopo aver accantonato il desiderio di dedicarsi al pianoforte, Rutte ha lavorato per più di un decennio come manager di Unilever, colosso anglo-olandese che possiede un enorme portfolio di marchi nei campi alimentare, cosmetico e della pulizia della casa, impiegato come dirigente della divisione risorse umane e come capo del personale. […] Naturale quindi che il primo incarico governativo offerto a Rutte sia stato nel 2002 quello di sottosegretario agli Affari sociali e all’Occupazione. Quando poi nel 2004 è diventato sottosegretario all’Istruzione, alla Cultura e alla Scienza, sempre basandosi sul proprio background, si è prodigato per stringere i rapporti tra l’università olandese e il mondo della produzione. Manager prestato alla politica, Rutte è nel Vvd fin da ragazzo: già leader dell’organizzazione giovanile del partito a fine anni Ottanta, a ventisei anni è entrato nella direzione nazionale. […] Nel 2006 […] riuscì a battere nella corsa per la guida del Vvd la coriacea Rita Verdonk ("Iron Rita"), che era ministro dell’Immigrazione e che, non digerendo la sconfitta, si creò poi il suo partitino personale. Alla prova del voto, però, nelle elezioni politiche di quell’anno, Rutte ottenne un risultato deludente. Il Vvd arrivò, come al solito, quarto, perdendo sei dei ventotto seggi che aveva nella legislatura precedente. E anche nei primi passi della sua corsa pre-elettorale del 2010 sembrava che Rutte fosse rassegnato agli evidenti limiti del suo appeal: "In queste elezioni – diceva – non si deve decidere chi ha il maggiore X Factor per diventare primo ministro", ma si decide del futuro del Paese. In effetti, un po’ a sorpresa, i temi di discussione più succulenti per gli oratori in odore di X Factor come Wilders e Cohen, ad esempio i problemi legati all’immigrazione islamica, hanno man mano lasciato spazio a una più prosaica preoccupazione per gli effetti di una crisi che Rutte aveva annunciato per primo tra tutti i politici del suo Paese. Ed ecco che improvvisamente il pragmatico liberale occhialuto e perbene è riuscito a imporsi nelle simpatie dell’elettorato e a vincere i dibattiti tv con gli avversari, grazie al fatto che il suo partito è il più market-oriented e che la sua esperienza in Unilever lo rende il più affidabile nel condurre un ampio piano di necessari tagli alla spesa di uno Stato da sempre generoso quanto a welfare» (Guido De Franceschi). Primo liberale a capo del governo olandese dai tempi di Pieter Cort van der Linden (1913-1918), Rutte è stato poi confermato nelle successive consultazioni, sia nel 2012 (elezioni anticipate, in seguito alla defezione del Partito per la libertà di Geert Wilders) sia nel 2017, andando a presiedere esecutivi di coalizione di centrodestra (2010, 2017) o trasversali (2012). Nel 2017, Rutte ha vinto «prendendo di petto i temi agitati da Wilders, immigrazione e integrazione, scegliendo di impostare una campagna pro-europea, ma anche fortemente identitaria e patriottica. Valga per tutte la lettera, pubblicata a tutta pagina sui giornali olandesi, dove Rutte criticava quegli immigrati, ed era chiaro si trattasse dei musulmani, che rifiutano di integrarsi nella società: “Comportatevi normalmente o andatevene”. […] E sicuramente ha aiutato Rutte anche la scelta (condivisa da Wilders) di vietare ai visir del governo di Ankara di far propaganda fra le comunità turche in Olanda a favore del progetto di riforma costituzionale, che andrà a referendum in Turchia il 16 aprile prossimo. […] Rutte non ha avuto paura di provare a dare risposte alle ansie e alle preoccupazioni di molti olandesi, anche esponendosi all’accusa di blandire Wilders: “Gli elettori hanno detto ‘no’ al tipo sbagliato di populismo”, è stato il suo commento più significativo. Ma in nessun momento il premier liberale ha ceduto ai toni xenofobi, all’incitazione all’odio e soprattutto non ha mai rinunciato all’impegno e alla tradizione europeista dell’Olanda. […] La sua combinazione originale di populismo moderato e non estremo con un europeismo forte indica […] una strada nuova e possibile» (Paolo Valentino) Celibe («single felice»), senza figli «Sono olandese, e a noi piace rispettare le regole, rispettare i contratti e che i Paesi facciano quello che hanno promesso».