5 settembre 2018
Tags : JR
Biografia di JR
JR (Jean
René: il cognome è ignoto), nato a Parigi il 22 febbraio 1983 (35 anni).
Artista. Fotografo. Regista. Si definisce fotograffeur,
cioè «fotograffitaro» •
Spesso chiamato «il Banksy francese». «A differenza di Banksy, JR si mostra in
pubblico, anche se sempre protetto da occhiali da sole e un cappello modello
Fedora. Ormai la sua fama è globale, le sue opere valgono migliaia di dollari e
JR ha un piede (o forse anche due) dentro il sistema, ma mantiene ancora la
freschezza e la spinta creativa che l’hanno portato a conquistare l’attenzione
mondiale appena poco più che ventenne, quando era ancora braccato dalla polizia
e dalle gang di writers rivali. […]
Ha iniziato a scribacchiare sui muri, a seguire le “crew” di writers nella banlieue parigina dove è nato e cresciuto in un palazzone popolare,
in una casa troppo piccola per tutta la famiglia, per cui la madre tunisina e
il padre dell’Est europeo dormivano sul divano in salotto. A 17 anni JR è stato
espulso da scuola, e nelle sue scorribande è stato più volte fermato dalla
polizia. “Venga a riprenderselo”, telefonavano a casa. “Tenetevelo”, rispondeva
la madre. Poi, […] un giorno sul sedile di una metropolitana parigina JR trova
una vecchia macchina fotografica e capisce che quella è la sua strada. Non più
scalare i tetti dei palazzi per lasciare un marchio ribelle, ma catturare
immagini. La fotografia, ha capito JR, è un mezzo molto più potente e ti
permette di raggiungere molte più persone. Così inizia a scattare foto e ad
appiccicarle sui palazzi. Colla, carta, fotocopie in bianco e nero, che costano
poco e rendono l’opera distinguibile dai colori della realtà. Facce di persone,
palazzi, luoghi. Il tema costante della sua opera» (Caterina Soffici). Il 2004
è «l’anno della svolta, con Portrait of a
Generation: JR fissa sulla pellicola le vicende quotidiane dei ragazzi
della cité di Les Bosquets, a
Clichy-Montfermeil, il sobborgo della banlieue parigina che un anno dopo
diventerà l’epicentro della rivolta. Fotografa i giovani abitanti e incolla i
loro enormi ritratti sui muri: quando scoppiano i disordini, le immagini degli
edifici con i volti in primo piano, riprese da fotografi e operatori tv, fanno
il giro del mondo. […] La popolarità di JR aumenta in modo esponenziale dal
2011, quando l’artista riceve i 100mila dollari del premio TED, con cui lancia
il progetto Inside Out, tuttora in
corso. L’artista invita gli abitanti di ogni angolo del pianeta a fotografare
se stessi, le città e i paesi in cui vivono, e a caricare un’immagine sul sito.
Una volta stampata in grande formato viene rispedita al mittente, pronta per
essere incollata: finora sono quasi 200mila le foto che campeggiano sui muri in
140 nazioni. […] Un’altra idea di JR, […] il lavoro che lo ha consacrato nello star system: il cortometraggio Ellis, protagonista Robert De Niro,
girato nell’ospedale abbandonato in cui venivano curati gli emigrati malati,
un’occasione per riflettere sul tema dell’immigrazione. Invece di pubblicare il
filmato on line, JR lo spedisce gratis a chi organizza una proiezione per la
propria comunità, basta chiederlo attraverso il sito web. “È troppo facile oggi
guardare qualcosa sullo smartphone da soli, in treno. Voglio che le persone si
riuniscano per condividere un’esperienza che resterà nella loro memoria”, ha
spiegato l’artista. […] Dai tetti delle favelas di Rio de Janeiro al muro che
divide Israele dai territori occupati (accostando i volti di israeliani e
palestinesi), dalle pareti del museo Tate Modern, a Londra, alla cupola del
Pantheon, nella capitale francese. Un po’ artista giramondo, un po’ attivista
globale. […] Mentre le gallerie d’arte fanno a gara per ospitare le opere di
JR, […] i social network fanno da formidabile cassa di risonanza» (Emanuele
Coen). Tra le sue ultime installazioni, Kikito,
la gigantografia alta venti metri di un bambino messicano collocata nei pressi
di Tecate, lungo la barriera che separa Messico e Stati Uniti. «Il profilo
scontornato di Kikito giganteggia sulle sbarre d’acciaio che già serpeggiano
per mille chilometri e che Donald Trump vorrebbe far proseguire per tutti i
2.600 del confine. Quei 20 metri di bambino, aggrappati a un’impalcatura e a un
supporto di legno, rendono insignificante il muro. Come se fosse un lego da
superare in un passo. Le sue manone sono più grosse delle camionette delle
guardie di frontiera» (Michele Farina). Il film-documentario Visages, villages (anche noto col titolo
inglese Faces, Places), girato da JR
insieme all’anziana regista della Nouvelle
vague Agnès Varda (classe 1928),
già acclamato al Festival di Cannes, è uno dei cinque finalisti candidati al
premio Oscar 2018 per il miglior documentario. «Nella pellicola […] si vede
l’artista attraversare piccole e grandi città transalpine, ritraendo la gente
normale, quella che si incontra tutti i giorni dal panettiere o alla posta.
Ogni scatto si trasforma, come per magia, in giganteschi poster successivamente
affissi sulle facciate di palazzi, musei e grattacieli. […] Uno dei suoi
momenti clou è la citazione del grande classico del cinema transalpino, Bande
à part di Jean-Luc Godard, dove si vede JR correre lungo le sale del Louvre
spingendo la Varda su una sedia a rotelle» (Germano D’Acquisto) • Gode generalmente di ottima critica: Fabrice Bousteau l’ha definito «il Cartier-Bresson del XXI
secolo». Non pochi, però, lo giudicano demagogico • «L’arte non deve cambiare il mondo, cambiare
le cose pratiche, ma cambiare le percezioni. L’arte può cambiare il modo in cui
noi vediamo il mondo. L’arte può creare un’analogia».