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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Joanne Woodward

Joanne Woodward (Joanne Gignilliat Trimmier Woodward), nata a Thomasville, in Georgia (Stati Uniti), il 27 febbraio 1930 (88 anni). Attrice • Particolarmente importante, sin dall’infanzia, l’influenza della madre, grande appassionata di cinema: fu lei a darle il nome Joanne in onore di Joan Crawford, e fu ancora lei a portarla, a nove anni, alla prima di Via col vento ad Atlanta, dove la bambina poté assistere alla sfilata degli attori e saltare in grembo a Laurence Olivier (presente per accompagnare Vivien Leigh). «Ho cominciato ad aver a che fare con il pubblico per la prima volta a tre anni. Mi toccò di dover sostituire qualcuno: mio fratello, che era caduto ammalato. Frequentavo la scuola elementare, e a nove anni mi capitò di interpretare il ruolo di una monaca ne La commedia degli errori di Shakespeare, una parte che mi piaceva, così dolce e triste. Da Thomasville, in Georgia, dove ero nata, ci trasferimmo a Marietta, e qui scoprii una cosa meravigliosa: il Junior Little Theatre. Vi interpretai Piccole donne, I pirati, tutte commedie per bambini. A quattordici anni andai a Greenville, nella Carolina del Sud, e lì incontrai Robert McLane, un uomo al quale dovrò essere perennemente grata. Fu lui a farmi prendere realmente contatto con l’arte drammatica, a convincermi che per diventare attrice occorreva un vero impegno e non soltanto una certa disposizione, e soprattutto a non scambiare questa attività per un divertimento. Ma, poco dopo, nella mia vita capitarono spiacevoli avvenimenti. I miei genitori divorziarono, e, se non fosse stato per l’interesse che Mr McLane aveva saputo svegliare in me per la scena, non so cosa mi sarebbe accaduto. McLane divenne direttore del Greenville Little Theatre. Io mi diplomai a diciassette anni, progettai di iniziare la carriera andando a New York, ma mio padre non me lo permise. Perciò m’iscrissi all’Università della Louisiana, mi trovai a contatto con una poco divertente collezione di ragazze snob. […] Il mio disagio in quell’ambiente era enorme. Finalmente mio padre, insegnante di inglese, fu trasferito a New York in una casa editrice, e potei seguirlo e frequentare una scuola drammatica per altri due anni. Quando feci un tentativo per rendermi indipendente, mio padre mi comunicò che non avrebbe potuto darmi più di 60 dollari al mese. Con 20 dollari affittai una stanzetta e cercai di vivere con il resto, misurando i pasti e contando i centesimi. Un giorno appresi che Robert Montgomery cercava una ragazza da scritturare in Penny [un episodio della serie televisiva antologica Robert Montgomery Presents – ndr]. Io scrissi, insieme a centinaia d’altre, e pochi giorni dopo seppi che la scelta era caduta su una certa Chris White e su di me. Quando venne il mio turno, sebbene fossi stanca per la lunga anticamera, ebbi la felice ispirazione di togliermi le scarpe e di recitare tutta la parte a memoria. Ebbi la parte». Di poco successivo l’incontro con il regista Joshua Logan, che la fece debuttare a Broadway, nel 1953, in un ruolo secondario della commedia musicale Picnic. Nel 1955 fu posta sotto contratto dalla 20th Century Fox, ed esordì al cinema nel western di George Sherman Conta fino a 3 e prega!, cui seguì, l’anno successivo, Giovani senza domani di Gerd Oswald. La complessa interpretazione della protagonista de La donna dai tre volti di Nunnally Johnson, una donna affetta da disturbo della personalità multipla, le valse nel 1958 il premio Oscar alla miglior attrice. Due mesi prima aveva sposato il collega Paul Newman (1925-2008), conosciuto già ai tempi di Picnic, quando l’attore era ancora sposato con Jackie Witte, e ritrovato poi sul set de La lunga estate calda, quando stava concludendo le pratiche del divorzio. Iniziò allora un sodalizio sentimentale e professionale indissolubile, capace di resistere cinquant’anni, fino alla morte di Newman (26 settembre 2008). Da quel momento, con poche eccezioni (tra cui Pelle di serpente di Sidney Lumet, Donna d’estate di Franklin Schaffner e Posta grossa a Dodge City di Fielder Cook), recitò quasi sempre o al fianco del marito (per esempio, in Dalla terrazza di Mark Robinson, in Detective Harper: acqua alla gola di Stuart Rosenberg e in Mr & Mrs Bridge di James Ivory) o diretta da lui (da La prima volta di Jennifer a Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilda, per cui vinse il premio come migliore attrice al Festival di Cannes nel 1973, fino a Lo zoo di vetro). La sua ultima apparizione sul grande schermo è del 1993, nel drammatico Philadelphia di Jonathan Demme. Da alcuni anni è affetta dal morbo di Alzheimer • Tre figlie nate dal matrimonio con Paul Newman (che dalla prima moglie aveva avuto due figlie e un figlio, morto suicida a 28 anni nel 1978). Molto attiva, insieme al marito, in beneficenza e battaglie sociali e politiche di orientamento democratico • «Con la sua recitazione ricca di calore e di profondità emotiva, l’istintiva capacità di delineare caratteri diversi con ampiezza di sfumature, ha costruito nel corso della sua carriera convincenti immagini di una femminilità complessa, spesso venata di insicurezze e ferita, ma per lo più colta in una fase di importante evoluzione» (Monica Trecca) • «Ricordo una cena a Hollywood con Shirley MacLaine. Shirley era reduce dal suo primo, grande successo, e io ero molto depressa. “Joanne – mi disse – devi trovarti un’immagine. Non hai un’immagine”. Andando a casa mi dicevo: “Dio mio, ha ragione, è proprio così. Non ho un’immagine”. E per molto tempo ho provato e riprovato disperatamente: ho provato diversi atteggiamenti, diversi aspetti. E poi mi sono resa conto del fatto che la mia immagine stava proprio nel fatto di non averla. Ecco perché ero una caratterista».