5 settembre 2018
Tags : Oliviero Toscani
Biografia di Oliviero Toscani
Oliviero Toscani, nato a Milano il 28 febbraio 1942 (76 anni). Fotografo • Ultimo dei tre figli di una sarta e del fotografo Fedele Toscani (1909-1983), fondatore di Publifoto e fotoreporter del Corriere della Sera (il primo a documentare un incontro sulle rive del Lago di Como tra il principe Edoardo d’Inghilterra e Wallis Simpson, nonché l’autore della celebre fotografia di Montanelli chino sulla Lettera 22 e delle immagini dello scempio di piazzale Loreto). «Mia sorella Marirosa a 19 anni s’era trovata a doverlo sostituire perché s’era ammalato – una pleurite presa al Giro d’Italia andando dietro a Coppi – e io ho maneggiato obiettivi fin da piccolo. Nessuna vocazione, era normale che diventassi fotografo: i figli che ereditano il mestiere del padre, come nelle botteghe artigiane» (a Maria Giulia Minetti). «Oliviero […] va dicendo che sono stata io a “obbligarlo”. Ed è vero: rivivo come fosse ieri il suo primo scatto. Eravamo ad una gara automobilistica, ritrasse una Ascari fiammeggiante» (la sorella Marirosa a Elisabetta Andreis) • A scuola, «decisamente un somaro. Alle elementari il maestro aveva consigliato a mia mamma d’iscrivermi all’avviamento al lavoro. Il liceo invece l’ho trovato inutile e di una noia mortale. Infatti al mattino invece d’andare a scuola spesso mi catapultavo in uno di quei cinema che davano spettacoli per gente che bigiava» (a Gian Luigi Paracchini). «Fui messo in collegio, a Paderno del Grappa. Nel collegio degli asini d’Italia. Stavo diventando matto in quel posto di preti. Tutti i giorni a pregare e non capire. Volevo iscrivermi a qualche scuola d’arte. Scelsi su suggerimento di alcuni amici quella di Zurigo [la Kunstgewerbeschule – ndr]. Non conoscevo il tedesco e dovevo sostenere un esame di ammissione. Era un esame attitudinale. Lo sostenni. Tornai a casa convinto che non mi avrebbero mai preso. Un mese dopo giunse una lettera in tedesco. Papà la fece tradurre da uno del Corriere. C’era scritto che ero stato ammesso. Fu così che mi liberai della scuola italiana. […] A Zurigo rimasi cinque anni, una scuola magnifica. Dove la manualità, anche mentale, risultò importante. Ho imparato a vedere, ho imparato il senso del colore e delle forme. Gli ultimi esponenti della Bauhaus vennero lì, a spiaggiarsi dopo Berlino e Vienna» (ad Antonio Gnoli). «All’inizio facevo di tutto, come tutti: i Beatles al Vigorelli ecc. Poi qualcuno, ad Annabella, mi chiede un servizio di moda. E lì ho capito delle cose. Voglio dire: in guerra uno non dev’essere il regista di niente, riprende quello che la sorte fa succedere. Ma se vuoi mettere insieme un servizio di moda decoroso, devi creare. Un conto è fare il documentarista, un conto fare Fellini. Io sono un immaginatore». Iniziarono allora le collaborazioni con le riviste di moda, tra cui Elle, Vogue, Harper’s Bazaar, Esquire. Tra le prime immagini eclatanti, nei primi anni Settanta, quella del sedere femminile fasciato in un paio di micro-jeans di marca Jesus (nome ideato dallo stesso Toscani che s’ispirò al coevo musical Jesus Christ Superstar) e sormontato dallo slogan «Chi mi ama mi segua». Storico il sodalizio con la Benetton, iniziato nel 1982 e interrotto nel 2000. «Di anno in anno, scomparso il prodotto dalla pubblicità, solo in un angolo un tassello verde con la scritta “United Colors of Benetton”, la dispettosa genialità di Toscani e la partecipazione ideologica e mercantile di Luciano continuarono a provocare con la brutalità del reale: nascita, sesso, dolore, morte, razzismo, pena di morte, antimilitarismo, pacifismo; il neonato attaccato al cordone ombelicale, i preservativi, le carrette del mare grondanti di clandestini, il delitto di mafia, i bambini lavoratori, il cimitero di guerra, la serie di sessi femminili e maschili (opera invitata in gigantografia alla Biennale d’arte veneziana nel 1993, rifiutata da tutti i giornali tranne Libération). Sempre più scomoda, beffarda e brutale, la pubblicità dell’azienda affronta tabù impensabili per la comunicazione commerciale: ecco la divisa insanguinata, vera, di un soldato bosniaco morto in guerra, donata dal padre (1994); ecco i ragazzini disabili di un istituto bavarese (1998); e l’ultima campagna, quella che suscita massimo scandalo e probabilmente incrina il rapporto tra Benetton e Toscani: i ritratti di 28 condannati nel raggio della morte di un carcere americano (2000)» (Natalia Aspesi). Negli anni successivi, nuove campagne pubblicitarie e nuove polemiche, come quella relativa al bacio omosessuale immortalato nel 2006 per la Ra-Re, o quella innescata nel 2007 dalle gigantografie Nolita ritraenti il corpo divorato dall’anoressia della modella Isabelle Caro (morta poi nel 2010). Alla fine del 2017 ha ripreso la collaborazione con la Benetton, con la campagna «Non fate i bravi!», i cui soggetti sono i bambini d’ogni colore e d’ogni provenienza presenti nelle scuole italiane. «Questi ragazzi della scuola meticcia […] sono l’Italia di oggi, ci dicono dove siamo, e dicono anche che avevamo ragione con quelle campagne di trent’anni fa a porre problemi che adesso sono fra noi» (a Maria Luisa Agnese) • Tra gli altri progetti realizzati, la fondazione di una rivista, Colors, e di una scuola d’arte e di comunicazione, Fabrica, e poi esposizioni fotografiche incentrate su temi d’attualità come il razzismo (Razza umana) e il degrado ambientale (Nuovo paesaggio italiano) • Storicamente vicino al Partito radicale, nel 2008 accettò di diventare assessore alla Creatività di Salemi (Trapani) nella giunta centrista guidata da Vittorio Sgarbi, per poi dimettersi polemicamente un anno dopo, stigmatizzando «la mala abitudine, il malcostume, il fatalismo, la rassegnazione, la mancanza di energia e di coraggio» dei siciliani. Tempo dopo, però, non ha mancato neanche di insultare i veneti, «un popolo di ubriaconi e alcolizzati atavici: i nonni, i padri, le madri». Per aver diffamato Matteo Salvini, nel luglio 2007 Toscani è stato condannato a versargli 8 mila euro come risarcimento danni • Sei figli avuti da tre donne diverse: due dalla prima, uno dalla seconda, tre dalla moglie attuale, l’ex modella norvegese Kirsti Moseng, al suo fianco da oltre quarant’anni. «Un padre onesto» e una bella famiglia allargata secondo lo stesso Toscani, «un estraneo con un grosso debito umano e morale» («in definitiva un non-padre») secondo la primogenita Olivia • «Sono un situazionista. Non ho idee. Chi cerca idee non ne ha. Nessun artista ha idee. Semmai, possiede una visione del mondo. Francis Bacon o Jackson Pollock non avevano idee: guardavano il mondo e lo traducevano nel loro stile. Lo stile è qualcosa che non si può fissare. Di talmente individuale che nel momento in cui provi a fermarlo scappa via. È il talento che hai dentro, e che una volta esternato prende una forma sorprendente. Lo stile è come l’arte, non ha nulla a che vedere con l’etica, né con la morale. Nel punto più smagliante, lo stile è una forma di crudeltà. Starei per dire: di morte annunciata» (ad Antonio Gnoli).