5 settembre 2018
Tags : Bret Easton Ellis
Biografia di Bret Easton Ellis
Bret Easton Ellis, nato a Los Angeles il 7 marzo 1964 (54 anni). Scrittore. Sceneggiatore • «Il padre di mio padre aveva tanti soldi sul serio, aveva casinò nel Nevada. Mio padre era medio, diciamo upper middle class, e poi cominciò a fare molti soldi con l’immobiliare, vendeva immobili commerciali. […] Ho sempre sentito una grande distanza con lui. […] Era molto intelligente: solo, come molte persone, non era in grado di gestire le delusioni della vita, i sentimenti, e poi finì a bere. […] Sono finito nelle scuole private, ho incontrato tutti i ragazzini ricchi di Hollywood: fu una scintilla. Sì, i soldi di mio padre mi hanno fatto conoscere tutto questo. Poi il college, un posto molto interessante dove la metà erano poveri molto intelligenti con borse di studio e l’altra metà erano miliardari» (a Michele Masneri). «Era il 1983, e Bret Easton Ellis, allora, era poco più che un ragazzo. Era al primo o al secondo anno di università. A tempo perso seguiva un corso di scrittura creativa. Un giorno consegnò al suo insegnante un manoscritto. Era Meno di zero. Nell’autunno del 1985 diventò un romanzo. Ellis aveva solo 21 anni e un destino che aveva preso l’incrocio giusto. Finì sulle copertine patinate, nei salotti televisivi, ovunque. Fu definito il simbolo della “generazione Mtv”. Poi qualcuno disse che le sue storie ricordavano quelle di Raymond Carver e gli appiccicò addosso l’etichetta di neo-minimalista. Jay McInerney, che aveva appena pubblicato Le mille luci di New York, era il suo gemello letterario. Tama Janowitz […] era la loro sorellina intellettuale, la ragazza della band. Meno di zero è un romanzo corto e di facile lettura (“una pasticca nera – scrisse il New York Magazine – da consumare in un paio d’ore”) e racconta le vacanze di Natale a Los Angeles di uno studente ricco, alienato, con gusti sessuali ambigui, sesso, feste, coca, ragazzine di 12 anni violentate in gruppo, adolescenti strafatti di Nembutal, bionde su cabriolet che ricordano le scene di Lichtenstein, tossicodipendenza, prostituzione e smisurata apatia. Bret Easton Ellis era al centro dell’impero, sballottato qua e là da una forza centrifuga» (Vittorio Macioce). «Meno di zero è stato capito da pochi: io non volevo scrivere degli anni ’80, ma di me stesso negli anni ’80» (a Emanuela Meucci). Seguì, nel 1987, Le regole dell’attrazione, romanzo corale e polifonico, scritto – come tutti i libri di Ellis – in prima persona, ma narrato da più personaggi (e da ciascuno secondo il proprio punto di vista). Poi, nel 1991, il libro della svolta: American Psycho, incentrato sulla figura di Patrick Bateman (nome ispirato a quello del protagonista del romanzo e del film Psycho, Norman Bates), di giorno intermediario finanziario di Wall Street (con il mito di Donald Trump), di notte sadico seviziatore e assassino. Il romanzo, dapprima ostracizzato da editori e giornali a causa di alcune descrizioni particolarmente cruente e della presunta misoginia, divenne poi – anche grazie al film omonimo, del 2000 – il maggior successo dell’autore, e fu tardivamente acclamato da molti come un capolavoro. «American Psycho in realtà sono io, ha ammesso in un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit. […] “Per anni ho rilasciato una dichiarazione che era facile da credere: Bret ha scritto il libro perché voleva riflettere su Wall Street e sugli yuppie. La verità è che ho riflettuto su me stesso. American Psycho è un romanzo molto personale e autobiografico”, ha rivelato. “Concordavo e concordo ancora oggi con molte delle opinioni e dei sentimenti” di Patrick Bateman. Insomma, “mi identifico con lui, e adesso che l’ho ammesso mi sento bene”» (Alessandro Alviani). Nel 1994 uscì una raccolta di racconti, Acqua dal sole, e nel 1998 il terzo romanzo, Glamorama, il suo libro più lungo, e l’ultimo grande successo. Sette anni dopo vide la luce Lunar Park, sorta di pseudo-autobiografia allucinata, e nel 2010 l’ultimo romanzo, Imperial Bedrooms, il cui protagonista è ancora Clay, lo stesso di Meno di zero. «Prima di scrivere Lunar Park avevo riletto Meno di zero, e un giorno, mentre ero in macchina da solo, mi sono reso conto che avevo iniziato a chiedermi che fine avesse fatto Clay. […] Rispetto a venticinque anni fa, Clay è molto cambiato. Non è più il giovane diciannovenne insicuro e passivo di Meno di zero. Ora è un quarantenne di successo, narcisista e maniacale, che sa quello che desidera e cerca di controllare ciò che lo circonda. Come gli dice uno dei personaggi, “vuole solo ciò che non può avere”. In parte, poi, la sua figura è autobiografica, e rispecchia il modo in cui mi sentivo nei tre anni in cui ho scritto Imperial Bedrooms». Negli ultimi anni ha scritto soprattutto sceneggiature, sia cinematografiche, per i film The Informers (ispirato al suo Acqua dal sole, il cui titolo originale è appunto The Informers), The Canyons e The Curse of Downers Grove, sia televisive, da ultimo per la serie The Deleted. Nessuna delle sceneggiature di Ellis ha però finora raggiunto il successo dei suoi primi libri • Molto attivo, e molto seguito, su Twitter, «proprio perché, nonostante la dittatura del politically correct, mi ostino a dire quello che penso, senza autocensurarmi». «Se qualcuno mi avesse detto che la sinistra sarebbe stata più autoritaria rispetto alla destra… Ma è vero, hanno installato una sorta di polizia del pensiero, un’ideologia del “si deve pensare come noi”. L’ho sperimentato io stesso con la pubblicazione di American Psycho: non sono i conservatori a essersi espressi contro il romanzo, ma i liberal, le femministe, la sinistra, i media». «Non sono liberal, non sono conservatore, non sono democratico, non sono repubblicano. Non sono niente. Ecco, libertarian, sì, potrei essere quello». «Possono accusarmi di essere anti-intellettuale, misogino o razzista, tanto non mi interessa. L’unica cosa che non tollero è che qualcuno dica che sono grasso» • «Party? No, niente, basta, mi son stufato. Mi manca non essere più giovane. […] Con la droga ho smesso, ho smesso e basta. […] E poi, diciamoci la verità: cosa ci vai a fare ai party, se poi non puoi scopare?» • «In pubblico si è definito “bisessuale”, proprio come i suoi personaggi maschili, che nella scelta dei partner non si lasciano limitare dal sesso, e quando gli chiedo di dichiarare ufficialmente che è gay mi risponde: “Sa cosa le dico? No. Non nel contesto di questa cultura, dove […] i gay non possono fare battute sui gay, e devono essere come in Modern Family» (Vanessa Grigoriadis). «Attacca l’establishment gay americano, che punterebbe alla creazione del “Regno dell’Uomo Gay come se fosse un elfo magico, che ogni volta che esce fuori ci appare come se fosse un extraterrestre santo, il cui solo scopo è di ricordarci la tolleranza, i nostri pregiudizi e di sentirci bene con noi stessi e che è rappresentato come un simbolo invece di essere una semplice persona gay”. Sono le lobby Lgbt, promotrici del “nuovo fascismo gay”, continua Ellis, e che “dipinge sui media gli omosessuali in modo irrealistico”, che manca di “senso dell’umorismo” e che “ti dipinge come un uomo che odia se stesso se non agisci esattamente come vogliono loro”. “Ma dove sono […] quei gay che non vogliono essere un ‘esempio morale’? Quelli che non vogliono essere etichettati? Quelli che non fanno l’equazione ‘gay=dignità’? Quelli che non pensano sia obbligatorio sfilare per strada con il sorriso sulle labbra? La promozione di questo tipo di uomo gay da parte dei Guardiani dell’omosessualità politicamente corretta è qualcosa di devastante”» (Giulio Meotti). Nel 2004 il trauma della morte del compagno di allora, l’artista Michael Wade Kaplan, stroncato da un infarto a soli trent’anni. Da qualche anno convive con un musicista di oltre vent’anni più giovane, Todd Schulz, un «millennial socialista» caduto in depressione dopo l’elezione di Trump («È facile fare i socialisti quando io pago tutto») • «Sono uno scrittore. Lo sono da sempre. A cinque anni ho scritto una saga per bambini. A 15 avevo già finito due romanzi. Il mio destino è inventare vite, storie dietro i personaggi, tesso trame d’incontri e sentimenti. Quando vedo passare un cameriere o una ragazza mi chiedo che passato c’è dietro quel suo modo di camminare, chi incontrerà stasera e quali sono le sue parti oscure, quelle che non ha mai avuto il coraggio di dire a nessuno. Io sono questo. E lo faccio anche con me. M’invento ogni giorno». «C’è qualcosa di molto sinistro nella bellezza. Nel modo in cui ci disturba: se troviamo qualcosa di veramente bello diventa doloroso averlo, mantenerlo».