5 settembre 2018
Tags : Giovanni Malagò
Biografia di Giovanni Malagò
Giovanni Malagò, nato a Roma il 13 marzo 1959 (59 anni). Imprenditore. Dirigente sportivo. Attualmente presidente del Coni (dal 19 febbraio 2013) e commissario straordinario della Lega Serie A (dal 2 febbraio 2018) • «Sono nato alla Collina Fleming, ai Parioli ci abito e basta. Mi considero per metà cubano e per metà romano». Cubana è la madre, Livia Campilli, nipote sia di Domenico Menichella, governatore della Banca d’Italia dal 1948 al 1960, sia di Pietro Campilli, politico democristiano più volte ministro della Repubblica tra il 1946 e il 1958; romano invece il padre, Vincenzo, fondatore della Samocar, concessionaria di automobili di lusso (Bmw, Ferrari, Maserati), e dirigente della Roma. I due si sposarono all’Avana, ma dovettero poi abbandonare l’isola a causa dei moti rivoluzionari: vi sono tornati, con tutta la famiglia, solo nel 2007, per festeggiare le nozze d’oro. «La casa dei nonni all’Avana ora è una scuola per i figli dei dirigenti russi. Siamo rimasti fuori dai cancelli. Le mie figlie, Ludovica e Vittoria, volevano scavalcare per cercare un tesoretto che mia nonna pare abbia seppellito da qualche parte» (a Vittorio Zincone) • Grande passione per lo sport sin da bambino. «“Già allora non concepivo un giorno senza lo sport. Tornato da scuola, scappavo subito dopo mangiato. Dove c’era un pallone, c’ero io”. Poi ci sono state tutte le scuole, fino allo scientifico, al Collegio San Giuseppe – Istituto De Merode, “da non confondere col Villa Flaminia, che era sempre dei Padri Lasalliani, ma era una scuola mista, mentre la nostra era solo maschile”. […] “Io stavo bene al De Merode, che aveva la scuola di basket per eccellenza, la mitica Stella Azzurra. La mia gioia era l’ora di ginnastica, coi ragazzi della pallacanestro”. Quindi, lo sci, con le settimane bianche a Cortina, in una camera in affitto sul corso, in quattro o cinque amici. […] A livello agonistico o amatoriale, si è appassionato a tutto, dal tennis alla pesca con la canna, ma il calcetto è stato la costante. Ha vinto tre campionati italiani e, con la Nazionale, ha giocato ai Mondiali di Brasile 1986. Il sogno del calcio vero, della Serie A, c’era. “Quando cominciai l’università, ero combattuto, ma il calcio a cinque mi consentì di continuare a studiare” [si laureò poi effettivamente in Economia e commercio – ndr]. […] “Ho studiato, ma per quasi dieci anni ho trascorso sabati e domeniche giocando. Ho avuto soddisfazioni che mi hanno marchiato la vita. Giocavamo sulla terra rossa con le Superga, ho disputato finali davanti a 12 mila tifosi”. […] Ha capito che la sua fortuna stava nella carriera da dirigente sportivo un giorno del 1996. “Mi chiama Luca di Montezemolo. Me l’ero ritrovato presidente della Ferrari, una botta di fortuna, dato che la mia famiglia rappresentava la Ferrari con la concessionaria Samocar. Mi chiama e mi dice: ‘Ti vorrei presidente del comitato organizzatore dei 50 anni del marchio’. In un anno, misi su un evento enorme. A Roma arrivarono mille Ferrari. Le portammo in corteo, con 500 mila persone assiepate lungo il vecchio circuito di Caracalla. Facemmo correre Schumacher al Circo Massimo. La mia carriera da dirigente sportivo nasce lì”» (Candida Morvillo). Tappa fondamentale fu, nel 1997, la sua nomina a presidente dell’esclusivo Circolo canottieri Aniene, di cui nel corso degli anni Malagò ha fatto «la più formidabile concentrazione di upper class della capitale. Una sorta di stanza di compensazione dei poteri borghesi dei ruoli e della ricchezza, il melting-pot perfetto di commercianti e professionisti, costruttori e alti burocrati, personaggi dello sport, dello spettacolo e imprenditori» (Alberto Statera). Proprio questa posizione, nella quale è stato sempre confermato fino al 2017 (quando ha chiesto di non essere rieletto, divenendo così presidente onorario), ha costituito il trampolino perfetto per il grande salto: l’elezione a presidente del Coni, nel 2013, avvenuta a sorpresa per 40 voti a 35 (con un astenuto), a scapito del favorito Raffaele Pagnozzi, segretario generale dell’ente dal 1993 e sostenuto dal presidente uscente Gianni Petrucci (gran patrono di Malagò era invece Gianni Letta). «Ho costruito consenso, confrontandomi, incontrando vari elettori. In sette mesi, ho fatto l’Italia 150 volte su e giù. Tra gli elettori ci sono i rappresentanti di comitati regionali, provinciali, degli enti di promozione. Quando mi sono candidato, nessuno sapeva chi fossero: se avessi aspettato i nomi, ero fregato. Per cui, ho costruito le loro candidature per farli eleggere. In qualche caso, mi è andata bene». Grande delusione, nell’ottobre 2016, per la decisione del neosindaco di Roma, Virginia Raggi, di non sostenere la candidatura di Roma come sede dei Giochi olimpici del 2024, per la quale Malagò stava lavorando da anni, fortemente supportato dal governo Renzi. «È una decisione che il nostro mondo non potrà mai accettare, una scelta scellerata che ha tolto fondi e posti di lavoro. C’era un dossier pronto, poteva essere modificato, invece non ci è mai stato detto nulla» (a Giulia Zonca). Confermato alla presidenza del Coni l’11 maggio 2017, in seguito alla mancata qualificazione dell’Italia per i Campionati mondiali del 2018 dichiarò che, «siccome la Lega viene da un lungo periodo di caos, la cosa più giusta sarebbe commissariare tutto e creare i presupposti di una nuova programmazione vincente». Il suo auspicio si realizzò dopo il fallimento dell’elezione del presidente della Figc (29 gennaio 2018): a diventare commissario straordinario della Lega Serie A fu lo stesso Malagò. Attualmente sta lavorando alla candidatura di Milano per i Giochi olimpici invernali del 2026. «Milano è una città in grandissima crescita, ma quanto a impianti sportivi non è all’altezza: avrebbe proprio bisogno di un’olimpiade che la rilanciasse anche a livello agonistico. Il Comune e la Regione la vogliono, noi del Coni siamo pronti, tocca al governo» (a Pietro Senaldi) • «Nella sua vita Malagò ha avuto soprattutto tre pigmalioni, tre grandi maestri. Il primo è Gianni Agnelli, dal quale, negli anni giovanili, ha voluto mutuare soprattutto l’aspetto glamour: l’amore per il lusso e le belle donne, dalle quali è sempre circondato. L’Avvocato lo aveva preso in simpatia, lo onorava con le sue telefonate mattiniere, gli chiedeva informazioni sul gossip romano sapendo che “Giovannino” non si perdeva una serata. L’altro faro è, ancora oggi, Luca di Montezemolo, da cui ha imparato che non esistono destra, sinistra o centro, esiste invece una lobby trasversale in cui i rapporti diventano subito amicizia, legame profondo. L’ultimo maestro è Gianni Letta, che gli ha insegnato come ci si muove e come si gestisce il potere, un’arte che l’ex sottosegretario conosce come nessun altro» (Goffredo De Marchis) • «Negli anni ha occupato poltrone in società molto eterogenee. È stato amministratore di Air One dell’anienista Carlo Toto, di Unicredit, a lungo azionista di riferimento dell’amata As Roma. Ha amministrato la fanzine snob giallorossa "Il Romanista" e la Virtus Roma Basket, di proprietà dei fratelli Toti, anienisti. […] L’attività di famiglia resta concentrata nel gruppo Samofin e nella controllata Samocar, che sfoggia Ferrari e altre auto di lusso dalle vetrine di via Pinciana, davanti a Villa Borghese. […] Oltre a Samocar, Malagò custodisce un portafoglio di partecipazioni molto ricco nella GL Investimenti, fifty fifty con l’amico Lupo Rattazzi. GL ha un patrimonio di circa 50 milioni di euro e utili aggregati nel triennio 2014-2016 per 30 milioni di euro. Infine, Malagò è tra i fondatori dell’associazione Amici del Bambino Gesù» (Gianfrancesco Turano) • «Si narra che fu Agnelli a battezzarlo “il Rubirosa dei Parioli”, in onore del celebre playboy. “Cazzate. Mi ha chiamato sempre ‘piccolo Malagò’. Ogni tanto, ‘piccolo piccolo’”. Si narra che fu Suni Agnelli a battezzarlo “Megalò”, per la megalomania. “Falso”» (Candida Morvillo) • Breve matrimonio (poi annullato dalla Sacra Rota) con Polissena di Bagno, discendente dai Malatesta citati da Dante (il Paolo amante di Francesca era un Malatesta), poi un’importante relazione con Lucrezia Lante della Rovere, da cui sono nate le due gemelle Vittoria e Ludovica (che Malagò allevò come «ragazzo padre» dopo la separazione dalla madre), e una quantità di conquiste elegantemente non confermate dall’interessato (da Monica Bellucci a Carla Bruni, da Valeria Marini a Martina Colombari); da alcuni anni è impegnato con l’imprenditrice Daniela Marzanati. Convive stabilmente, però, solo con i suoi labrador, amatissimi: nel 2015 si è fatto tatuare sull’avambraccio il muso di uno di loro, morto poco prima («Come un figlio. Un dolore che non hai idea») • «Ci sono tre sportivi che per me sono un modello, anche come uomini. […] Il primo è Alberto Juantorena, l’immenso mezzofondista cubano. Talento, orgoglio, coraggio. Il secondo è Pietro Mennea, un autentico idolo: ha dimostrato che con abnegazione, lavoro e forza di volontà si può arrivare ovunque. Il terzo è un amico, Francesco Totti: la generosità fatta persona» (a Marco Bonarrigo) • «La differenza tra me e il mio amico Luca di Montezemolo è che io lavoro» (a Salvatore Merlo).