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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Franca Leosini

Franca Leosini (Franca Lando coniugata Leosini), nata a Napoli il 16 marzo 1934 (84 anni). Giornalista. Conduttrice televisiva • «Ho avuto un’adolescenza felicissima e molto viziata. Mio padre era un grosso banchiere [in base a una nostra ricerca, era Arturo Lando (1903-1973), illustre banchiere che negli ultimi anni fu prima amministratore delegato e poi presidente della Banca privata finanziaria di Michele Sindona, e morì in circostanze che all’epoca vennero giudicate misteriose pochi giorni dopo aver rassegnato le dimissioni – ndr]. Un uomo meraviglioso, un mecenate dai mille talenti e dalle mille presidenze. Dopo la laurea in Lettere moderne, quando ero ancora alle prime esperienze, ebbi la fortuna di incontrare Sciascia. […] Dopo il primo incontro, tra un mercatino dei libri e un tè, trascorsi con lui cinque indimenticabili pomeriggi. Gli feci tenerezza, si fidò. Un giorno, mentre eravamo insieme, incontrammo Valerio Riva de L’Espresso. Mi vide prendere appunti in compagnia di Sciascia e si fece lasciare il mio numero di telefono. Mi chiamò: “Salta sul primo taxi e vieni in redazione, vorrei leggere la tua intervista a Leonardo”. Mi precipitai in via Po. Riva fu secco: “Domani mattina alle 5 ti mando il corriere per la consegna”. Feci la spiritosa e chiesi se avessi almeno diritto a un penna, e Valerio, sabaudo, sibilò: “Qui i diritti non sono in offerta, si conquistano”. Corsi a scrivere e consegnai nei tempi. La collaborazione nacque così. Il pezzo uscito su L’Espresso si intitolava Le zie di Sicilia. Leonardo attribuiva alla donna siciliana, vestale silente e cuore pulsante dell’omertà casalinga, la responsabilità morale della cultura mafiosa e, a grandi linee, la genesi della mafia stessa. A risultato raggiunto, Riva fu generoso» (a Malcom Pagani). In seguito ottenne la direzione di Cosmopolitan. «Dirigere Cosmopolitan, un colosso, fu dura. Arrivai in un difficile momento di passaggio e mi resi conto che la linea dell’edizione italiana era totalmente dettata dagli americani. Mi dimisi quando, dopo aver considerato un articolo impubblicabile, venni richiamata all’ordine: “L’editore ha detto che deve essere stampato”. Allora risposi a tono: “Se lo diriga lui, il giornale”. Il cervello, non lo prostituisco: se devo prostituirmi faccio qualcosa di più divertente. […] Il passaggio dalla carta stampata alla tv avvenne per caso». «Scrivevo per la pagina culturale del Tempo quando fui mandata a occuparmi del delitto di Anna Parlato Grimaldi, una nobile napoletana uccisa da Elena Massa. Dovevo solo ricostruire un ambiente aristocratico napoletano che conosco bene nel quale si consumò l’omicidio, mischiato a quello del giornalismo, perché al Mattino di Napoli lavoravano i protagonisti della vicenda. Un caso che fece scalpore. All’epoca c’era Telefono giallo condotto da Augias. Lessero i miei pezzi, li apprezzarono e fui chiamata. Andai in video e ottenni ottimi riscontri. Angelo Guglielmi, allora direttore di rete, volle che io restassi. Così è nato Storie maledette, che va avanti dal 1994» (a Michela Tamburrino). A partire dal 2004 conduce anche (più discontinuamente), sempre su Rai Tre, Ombre sul giallo, incentrato su casi particolarmente complessi, che vengono analizzati in studio mettendo in discussione i punti deboli della ricostruzione processuale e talvolta vagliando nuovi elementi (proprio in seguito alle nuove rivelazioni fornite da Pino Pelosi in una puntata furono per breve tempo riaperte le indagini sul delitto Pasolini). Nel marzo 2018 è iniziata la sedicesima serie di Storie maledette • «Storie maledette ha una sua tipologia precisa. Di un condannato, in scena, c’è tutto il percorso. La salita, la discesa, la consapevolezza. Non solo il lustrino del traguardo finale o della redenzione. […] I miei interlocutori non sono mai professionisti del crimine, ma persone come me che a un certo punto della loro vita cadono nel vuoto di una maledetta storia. Affronto sempre le mie storie con curiosità. Ho il desiderio di capire che tipo di guasto si sia verificato in precedenza. Cosa spinga un essere umano a compiere un gesto che in teoria non gli somiglierebbe. […] Ai miei interlocutori non rivelo mai in anticipo le domande che porrò né come andrò a impostare il colloquio. Rubo l’anima per poi restituirla. […] Le mie storie si concentrano su chi non ha mai aperto bocca prima e non parlerà più dopo. […] Cerco un’analisi verticale, profonda. Altri inseguono una lettura dei fatti orizzontale». Tra i tanti reclusi che ha incontrato, la «mantide di Cairo Montenotte» Gigliola Guerinoni («forse la persona meno autentica che abbia incontrato nel mio percorso»), il massacratore del Circeo Angelo Izzo («Non mi perdono di aver creduto al suo pentimento»), il «collezionista di anoressiche» Marco Mariolini, Vanna Marchi, Immacolata Cutolo, Rudy Guede, Luca Varani e, da ultimo, Sabrina Misseri e Cosima Serrano • Molto caratteristico il suo eloquio, «il “leosinese”, un linguaggio tutto suo, ricercato e ricco di metafore immaginifiche. La caccia alla citazione inonda i social. Dagli “approcci gioiosamente sporcaccioni” a “quando l’acqua arriva alla gola ci si può aggrappare anche alla pinna di uno squalo”, a “il Dna del dito birichino” o, ancora, “lei è nato povero perché, si sa, la cicogna è un animale sbadato”» (Silvia Locatelli). «Una delle responsabilità più gravi della televisione è aver abbassato il livello del linguaggio. La tv non deve diseducare. La gente parla come noi, siamo dei modelli. […] Amo saccheggiare la letteratura, e non accetto di rinunciare a umanità e ironia. Non voglio che il mio racconto somigli a un mattinale della questura». «Non sono una lettrice di gialli. Mi piace la scrittura, sono attenta alle parole. Purtroppo oggi noto un appiattimento. […] Il Nabokov di Lolita è imperdibile. E lì si legge una frase che adoro: “Puoi sempre contare su un assassino per una prosa ornata”» • Considerata un’«icona gay», ha un folto seguito di appassionati, che si definiscono «leosiners» • «Se esistesse un Oscar per la tv lo vincerebbe Franca, con questa motivazione: l’unica giornalista che, invece di raccontare la vita del Palazzo, racconta quella della gente esclusa dal consorzio civile» (Vittorio Feltri). Tra i suoi maggiori detrattori c’è invece Aldo Grasso, che ha definito i suoi programmi «tetra letteratura di appendice». «Non puoi e non devi piacere a tutti. Grasso non mi apprezza, ma non importa. Rimedio io. Lo ammiro e non me ne vergogno» • Sposata, due figlie • «Il delitto è trasversale sia sul piano geografico che culturale. Il delitto si può chiamare Patrizia Gucci, quindi Nord, quartieri alti e ambiente ricco, ma anche profondo Sud. In Italia sono ancora presenti culture diverse. Ecco perché il crimine ti racconta la storia di un Paese. È trasversale e tocca indistintamente dalla società ricca al mondo più derelitto. Per questo dico sempre che il crimine non è mai fine a se stesso, ma sempre espressione di assenza di valori, solitudine, di cui il comportamento criminoso rappresenta il gesto estremo, pur essendo rappresentativo di quella cultura. Attraverso il delitto io racconto l’Italia» (a Daniele Autieri).