5 settembre 2018
Tags : Giovanni Trapattoni
Biografia di Giovanni Trapattoni
Giovanni Trapattoni, nato a Cusano Milanino (Milano) il 17 marzo 1939 (79 anni). Allenatore. Ex calciatore. «7 campionati italiani, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa italiana, 1 Bundesliga, 1 Coppa di lega tedesca, 1 Coppa di Germania, 1 campionato portoghese, 1 campionato austriaco, 3 Coppe Uefa, 1 Coppa dei Campioni, 1 Supercoppa Uefa, 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Intercontinentale. […] In due parole: Giovanni Trapattoni; in una, il “Trap”, […] semplicemente l’allenatore più vincente della storia del calcio italiano» (Diego Cambiaso). «Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco» • «Quinto figlio – l’ultimo dopo Antonio, Maria, Elisabetta, Angela – di Francesco, operaio alla Gerli, e Romilde Bassani. Fu chiamato Giovanni Luciano Giuseppe. Giovanni era il nome del nonno paterno. I suoi genitori venivano da Barbata, un villaggio di contadini del Bergamasco, […] e si erano trasferiti a Cusano in cerca di lavoro. Erano tempi grami. Giovanni affrontò un’infanzia dura e povera, ma non senza affetti. […] Nelle cascine, d’inverno, quando cadeva la prima neve, si uccideva il maiale. […] La prima palla del Trap fu proprio la vescica del maiale piena di stracci» (Claudio Gregori). «A quattordici anni già lavorava, perché nel dopoguerra, finite le medie, in pochi potevano permettersi di continuare gli studi. Allora, ecco il compromesso: di giorno si lavora, di notte si gioca. Poco importa se il campo è in terra battuta e le partite si giocano con luce artificiale, “Giovannino” non sentiva fatica con la palla tra i piedi. Dalla squadra dell’oratorio di San Martino passa al Frassati, e quindi al Cusano: qui la svolta. Il Milan lo nota, e così ha inizio la sua leggendaria carriera. […] Ventinove giugno 1958, di fronte Milan e Como per la terza giornata di Coppa Italia. Finisce 4 a 1 per i rossoneri. […] Solo l’inizio. Con il Milan, "sanguisuga" (così lo chiamavano gli avversari) ha giocato 351 partite e segnato 6 gol, in Nazionale 17 volte e una rete. […] Due Coppe dei Campioni, due Scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Intercontinentale e una Coppa delle Coppe. Tanti i campioni affrontati in carriera, da Cruijff a Di Stefano, da Eusebio a Pelé, letteralmente annullato in un’Italia-Brasile del 1963. Una breve parentesi al Varese, e via alla seconda fase della sua carriera, da allenatore. Gavetta nelle giovanili del Milan e poi la prima squadra. L’esordio in panchina nel campionato 1973/1974, quando prende il posto di Cesare Maldini. Nel 1975/1976 la prima stagione da protagonista, con il terzo posto finale. In panchina diventa famoso come il “Trap”. Juventus, Inter, Bayern, Fiorentina, Benfica tra le altre… e, per non farsi mancare nulla, la Nazionale Italiana e quella d’Irlanda» (Francesco Caruso). «I giudizi su quella Italia sono stati probabilmente troppo duri. Oggi, rivedendo quella sconfitta con la Corea del Sud, la croce sulla testa del Trap l’hanno tolta in molti. Meno giustificazioni ebbe nel 2004 agli Europei portoghesi, in cui propose una squadra povera di idee, nervosa e spenta che fornì una delle peggiori prestazioni della sua storia. Ma la storia di Trapattoni non finisce qui, perché saprà tornare a vincere, ridimensionando le proprie aspettative con le vittorie dei campionati in Portogallo, dove vince il campionato con il Benfica dopo 11 anni, e in Austria (col Salisburgo). L’ultimo passo sarà insieme a Marco Tardelli e Liam Brady, suoi ex giocatori, con la nazionale irlandese. […] Da qui in poi sarà un graduale allontanamento dal campo, con il passaggio in tv prima come opinionista e poi ritirandosi (almeno per ora) a vita privata» (Cambiaso) • «La scelta che mi ha cambiato la vita? Continuare a fare il calciatore dopo che era morto mio padre [il 3 luglio 1958, pochi giorni dopo il suo esordio col Milan – ndr]. Volevo smettere per non lasciare sola mia madre. Intervenne il direttore generale del Milan, Gipo Viani. Andò da mamma e le disse: “Guardi, non so se suo figlio diventerà un campione, ma di sicuro può mantenere lei e la sua famiglia”. Mi diedero uno stipendio di centomila lire, e così decisi di continuare a giocare». Al Milan «fu una delle “cocorite” di Nereo Rocco, dal quale Trapattoni imparò moltissimo. […] Le “cocorite” erano lui e Giovanni Lodetti, ed erano i complici degli scherzi che lo schivo “paròn” faceva a quei giornalisti o personaggi che non voleva vedere. […] Rocco diventa, più che un padrone, un padre putativo per Trapattoni» (Cambiaso) • Nei lunghi anni alla guida della Juventus (1976-1986; 1991-1994), sviluppò ai massimi livelli la tattica della «zona mista», «chiamata così perché consisteva nel richiedere ai giocatori di applicare sistematicamente e simultaneamente la marcatura a zona assieme alla marcatura a uomo, che all’epoca era ancora tra le più utilizzate» (Massimo Notaro). «L’errore più grande che ho fatto? Probabilmente non portare Roberto Baggio al Mondiale in Giappone e Corea. Si era fatto male, e anche i medici dissero che era meglio non rischiare. Ma, insomma, se fosse stato efficiente avrebbe potuto fare la differenza». «La delusione più grande della mia carriera è legata proprio a non aver vinto qualcosa di importante con gli azzurri» • «Il trapattonese, quella strana lingua fatta di parole che vanno avanti svelte, scomposte, che vincono un rimpallo e alla fine rotolano in rete. […] Metafore e pugni sul tavolo che lo hanno reso un’icona ultra pop del calcio. Anche in Germania: quando allenava il Bayern Monaco, la furia di Ciofanni si abbatté sul centrocampista ribelle Thomas Strunz: “Was erlaubt sich ein Strunz?” (“Come si permette uno Strunz?”)» (Vittorio Zincone). «Sono un cattolico convinto, tant’è che in panchina mi porto l’acqua santa. Ma l’acqua santa mica può battere l’avversario per te, semmai quello è compito dei giocatori. Per me è sempre stata una forma di protezione» • «Nel 1960, alle Olimpiadi di Roma, Trapattoni conosce Paola, che quattro anni dopo diventerà sua moglie. “Il nostro è stato un matrimonio nel segno della famiglia, nonostante le tentazioni. […] Volendo, di occasioni ne avrei avute molte, ma sono sempre stato fedele a mia moglie. Il nostro motto, che ho anche fatto incidere nella fede nuziale, è: ‘Questo amore non si cancellerà mai’”» (a Laura Bellomi). Due figli, Alberto e Alessandra • «La mia è la storia di un ragazzo di campagna fortunato, che un giorno le ha prese perché giocando al pallone consumava le scarpe, sudate dieci ore al giorno da suo padre: un bambino partito da un sentiero e arrivato a un’autostrada» (a Elisa Chiari).