5 settembre 2018
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Biografia di Lawrence Ferlinghetti
Lawrence Ferlinghetti (Lawrence Monsanto F.), nato a Yonkers (New York) il 24 marzo 1919 (99 anni). Poeta. Editore • «Nasce a New York nel 1919 da un padre bresciano che non conoscerà mai (morto sei mesi prima della sua nascita) e una madre che mescola origini francesi e portoghesi-ebreo sefardite. La mamma impazzisce quasi subito dopo la morte del marito e finisce in un manicomio. Lawrence viene allevato da una zia a Strasburgo, perciò il francese è la sua prima lingua. La zia viene poi assunta come governante da una famiglia newyorchese, i Bislands, che lo adottano e gli consentono di studiare giornalismo. La guerra lo vede mobilitato come ufficiale di marina sulle navi caccia-sommergibili: prima lo sbarco in Normandia, poi in Giappone, dove visita Nagasaki subito dopo la deflagrazione atomica, un’esperienza che lo segna profondamente e ne fa un pacifista convinto. Poi di nuovo Manhattan, dove lavora come fattorino all’ufficio postale del magazine Time» (Federico Rampini). «Intanto continuava a scrivere poesie sotto l’influenza di Thomas Stearns Eliot; si laureò nel 1947 [alla Columbia University – ndr] e l’anno dopo, con una borsa di studio da ex militare, andò a studiare alla Sorbonne di Parigi, dove subito cominciò a elaborare un romanzo. Il romanzo diventò Her, che sarebbe stato pubblicato dodici anni dopo dalla New Directions di James Laughlin: un romanzo di stampo surrealista basato su un monologo interiore. Poi conobbe Kirby Smith, una splendida ragazza del Sud anche lei laureata alla Columbia University, e la sposò in Florida nel 1952. Intanto si era spostato a San Francisco, traduceva Prévert e scriveva critica d’arte sulla rivista Art Digest di New York, venendo così in contatto con i pittori dell’espressionismo astratto che lavoravano in quegli anni a San Francisco. […] Cominciò a mandare poesie alla rivista City Lights diretta da Peter Martin, un radicale che voleva raccogliere i protagonisti della scena culturale di San Francisco e aveva in mente di aprire una libreria specializzata in libri tascabili: Ferlinghetti diventò suo socio, e nel giugno 1953 la City Lights Bookstore iniziò la sua mitica storia non soltanto di libreria economica ma di luogo di ritrovo dei poeti di San Francisco. Subito Ferlinghetti pensò di pubblicare libri di poesia in edizioni tascabili col nome City Lights, dopo aver chiesto i diritti a Charlie Chaplin, creatore del film che recava questo titolo; ma Peter Martin non fu d’accordo, e nel 1955 si separò dal poeta lasciando in libreria come assistente o commesso o comunque lo si voglia chiamare Shigeyoshi (detto Shig) Murao, che più tardi diventò socio di Ferlinghetti. […] Appena partito Martin, Ferlinghetti pubblicò il primo volume della sua Pocket Poets Series, che uscì il 10 agosto 1955 con le pagine non numerate e cucite nel mezzo del volume con due punti, la copertina gialla bordata di nero e le ventisette poesie di Pictures of the Gone World: fu il primo volume stampato delle liriche di Ferlinghetti e rivelò la sua idea di sistemare i versi come un disegno che ne sottolineasse i significati. Sono considerate poesie giovanili ma già avevano uno stile inconfondibile e un inconfondibile modo di scegliere come tema la vita quotidiana individuandola nella sua realtà più spicciola: Allen Ginsberg disse più tardi che era come se il poeta stesse seduto davanti alla vetrina del suo negozio e descrivesse tutto quello che vedeva avvenire nella strada. […] Howl (Urlo) di Allen Ginsberg […] uscì nell’ottobre 1956 come quarto volume della Pocket Series di Ferlinghetti. Ferlinghetti aveva sentito leggere la poesia dall’autore alla Gallery Six durante il reading ormai famoso del 5 ottobre 1955, organizzato da Ginsberg in favore del pittore Wally Hedrick e presentato da Rexroth, nel quale lessero Gary Snyder, Philip Lamantia, Michael McClure, Philip Whalen e Lew Welch, mentre Kerouac si aggirava nella sala gremita di settantacinque persone offrendo vino al pubblico. […] Il libro uscì con una prefazione di William Carlos Williams e venne confiscato dal capo della dogana, provocando l’arresto di Shig Murao che lo vendeva e di Ferlinghetti che l’aveva pubblicato. […] Alla fine del processo [concluso con l’assoluzione dei due – ndr] circolavano diecimila copie di Howl e il libro e il suo editore erano diventati un caso nazionale: Ginsberg considerò sempre questo processo il suo più bel premio letterario. Anche maggior popolarità ottenne il secondo volume di versi di Ferlinghetti, A Coney Island of the Mind, che in pochi anni vendette un milione di copie diventando un celebre best seller di poesia. […] La popolarità procurata da A Coney Island of the Mind fu ulteriormente accresciuta nel 1958 dalla pubblicazione dell’antologia Paroles (Parole), dove Ferlinghetti raccolse le sue traduzioni di Prévert e dove incluse un’introduzione nella quale sottolineava che Prévert descriveva i fatti della vita quotidiana e scriveva “come si parla”. Presto il poeta venne definito il Prévert americano; ma la pubblicazione del romanzo giovanile Her nel 1960 gli attirò anche la definizione di scrittore surrealista. […] Ormai Ferlinghetti era un personaggio pubblico d’America» (Fernanda Pivano). Negli anni successivi, continuò a pubblicare le proprie poesie e quelle di tutti gli esponenti della «beat generation», intraprendendo anche una lunga serie di viaggi per far conoscere i versi e le idee di quel movimento in tutto il mondo, senza mai smettere di combattere contro guerre (da quella del Vietnam a quella d’Iraq) e presidenti ritenuti guerrafondai o antidemocratici (da Eisenhower a Trump). Oggi, ormai prossimo alla cecità, non riesce quasi più a leggere né a scrivere, e ha affidato ad altri la gestione della sua libreria, ma continua a dedicarsi alla pittura, passione che coltiva sin dai tempi parigini • Spesso etichettato come «l’ultimo dei beat», giudica impropria tale definizione: «Sono identificato per sempre con quel movimento letterario perché i poeti beat li pubblicai io, qui alla City Lights. In realtà io li precedevo, appartenevo a una generazione più antica: dovrebbero chiamarmi “l’ultimo bohémien”! Quando arrivai a San Francisco, direttamente da Parigi, avevo ancora in testa il basco francese…» • Solo al momento dell’arruolamento scoprì che il suo vero cognome era l’italiano «Ferlinghetti», e non l’anglicizzante «Ferling»: decise allora di recuperarlo, e quando si trasferì a San Francisco si stabilì nel quartiere italiano di North Beach. «Mio padre faceva parte di una generazione d’immigrati per i quali le origini italiane erano un peso. All’inizio il mio cognome venne abbreviato: Ferling, per suonare anglosassone. Negli anni Venti essere italiano in America voleva dire puzzare di aglio e peperoni, un’immagine da cui volevi liberarti. […] Ho sempre avuto voglia di riconnettermi, di rimettermi in contatto con le mie origini. […] Mia madre parlava francese, da bambino ero francofono, e anche francofilo, non a caso andai dopo la guerra a studiare alla Sorbona. La lingua italiana mi è arrivata in seguito, eppure fu facile e naturale, non una sovrapposizione. Il mio primo viaggio nel Paese di mio padre avvenne nel 1948, ci arrivai in autostop dalla Francia. E subito gli italiani mi piacquero più dei francesi. Perché voi vi godete la vita, mentre loro la criticano. Non ho mai capito come avete potuto coesistere per secoli, voi e loro, così vicini» • Da Selden Kirby-Smith (1924-2012) ebbe il figlio Lorenzo, un anno dopo aver adottato una bambina, Julie; in seguito la coppia divorziò • «Poeti, uscite dai vostri armadi. / Aprite le vostre finestre, aprite le vostre porte. / Siete stati intanati troppo a lungo / nei vostri mondi chiusi. / […] Svegliatevi e cantate all’aria aperta».