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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Lindsay Kemp

Lindsay Kemp, nato a Irby (Inghilterra) il 3 maggio 1938 (80 anni). Ballerino. Attore. Mimo. Coreografo. «La danza è la via più rapida per raggiungere la felicità» • «Sono un ragazzo cresciuto a Liverpool, abituato al porto, ai marinai, alla luce del mare. Mio padre era un marinaio. Ricordo che il primo regalo che mi fece tornando dal Giappone furono un kimono e alcuni bellissimi ventagli. E ogni volta che tornava da quei mari erano altri kimono e altri ventagli. Decisi di indossarne uno per il primo giorno di scuola. Era un kimono rosso. Non piacque al preside, che appena mi vide andò su tutte le furie, mi intimò di levarmelo e scrisse ai miei genitori che non potevo andare a scuola con un kimono rosso. Così il giorno dopo ne misi uno blu. Credo nasca da allora la mia passione per il teatro kabuki» (a Gabriele Rizza). «Mia madre non mi incoraggiò, ma neanche mi dissuase. Certo, avrebbe preferito che diventassi un marinaio, come molti componenti della mia famiglia, compreso mio padre. Ma quando avevo 4 anni, devo dire dopo un po’ di insistenza, mi mandò al mio primo corso di danza. Allora i miei spettacoli erano per mia madre, i miei vicini di casa e i miei piccoli amici. Mi piaceva danzare, ma soprattutto mi piaceva la gioia che davo agli altri quando mi guardavano. Durante i bombardamenti intrattenevo la gente nei rifugi e poi facevo spettacoli anche per i soldati convalescenti nell’ospedale del mio piccolo paese, nel nord dell’Inghilterra. Avevo 5 anni e una delle mie interpretazioni preferite era quella di Carmen Miranda, la cantante portoghese che portava sempre quei cappelloni e cantava Chica Chica Boom. Al momento della boarding school, mia mamma mi iscrisse alla scuola navale perché, appunto, sperava che seguissi le orme di mio padre, ma non appena fui adolescente cominciai a fare audizioni in molte scuole di danza, compreso il Royal Ballet, dove, dopo il provino, sentenziarono che ero inadatto "fisicamente e caratterialmente" a danzare. […] Fui invece accettato dal Ballet Rambert, una delle istituzioni più antiche in Inghilterra, che era anche una delle mie compagnie preferite. Così potei finalmente cominciare la mia formazione. Formazione che però fu interrotta dal servizio militare... Io fui arruolato nella Air Force, e per la verità la cosa mi piacque moltissimo perché mi venne data la possibilità di fare spettacoli per le truppe. In questo modo il mio pubblico aumentò. Però me ne volevo andare, volevo continuare la mia scuola di danza e dunque mi presentai al Servizio medico e dissi che ero gay. Era il 1956 e avevo 17 anni. Allora essere gay in Inghilterra era considerato un’offesa criminale, oltre che una malattia mentale. Tanto è vero che nel giro di mezz’ora fui mandato in una clinica militare psichiatrica come "matto". Ci restai alcuni mesi e fu un’avventura: io non ero matto, ma gli altri sì… Però ottenni quello che volevo, e dopo un po’ mi ritrovai fuori, libero, congedato. Così tornai subito al Ballet Rambert per continuare la mia formazione. Ovviamente quando avevo detto all’ufficiale medico che ero gay non avevo mai avuto alcuna esperienza sentimentale. Il mio primo amore vero fu dopo, quando avevo 18 anni. Successe con un ragazzo che avevo incontrato proprio nella clinica psichiatrica» (a Valeria Caldelli). «“Ho fatto la mia prima apparizione su di un palcoscenico professionale nel corpo di ballo del Liverpool Empire Theatre nell’annuale Christmas pantomime, pantomima di Natale, che è una particolare e tradizionale forma inglese di intrattenimento stagionale. Più tardi in una pantomima ho danzato nel ruolo di clown, seguendo le orme del grande performer della fine del diciottesimo secolo Joseph Grimaldi. Durante queste rappresentazioni, ho imparato molto; per esempio, come creare magici effetti teatrali, soprattutto grazie all’uso delle luci, di tulle ed effetti di volo. […] Leggere il romanzo di Genet Notre-Dame-des-Fleurs è stato uno dei punti di svolta nella mia carriera. All’inizio del libro Jean Genet spiega che la storia di Divine, il protagonista, dovrebbe essere danzata e mimata con sottili indicazioni registiche. Come ho girato pagina, l’ho potuto immediatamente visualizzare sul palcoscenico e mi sono identificato con l’eroina di Genet. Lo spettacolo è nato in un piccolo teatro in uno scantinato a Edimburgo. Il cast era in gran parte messo insieme con ragazzi che ricordavano i personaggi di Genet, belli, mascolini, ma dilettanti… mi aiutavano anche a convertire gli spazi abbandonati in luoghi in cui fare le rappresentazioni. Dopo i primi spettacoli molto controversi in Edimburgo, ho riformato il cast con attori professionisti. È stato rimesso in scena con molto successo a Londra nel West End prima di trasferirsi a Broadway e poi girare il mondo per più di venti anni”. […] Negli anni Settanta, la sintesi di una vita d’esperienze teatrali diverse sbocciò in uno stile di teatro-danza totale, unico nel suo genere. L’intensità emotiva e spettacolare delle sue produzioni ebbe un impatto clamoroso dappertutto: fu una delle influenze più importanti sul teatro degli anni Settanta e Ottanta in tutta Europa, in America del Nord e del Sud, in Israele, Giappone, Australia. Durante questo periodo il repertorio della Lindsay Kemp Company cresceva: da Flowers a Salomé, Mr. Punch’s Pantomime, Sogno di una notte di mezza estate, Duende, Nijinsky, The Big Parade, Alice, Onnagata, Cenerentola e altri. Oggi continua a danzare nel suo ultimo spettacolo, Kemp Dances» (Michele Olivieri) • Allievo del grande mimo Marcel Marceau («Mi ha dato le mie mani. Con infinita pazienza, dopo molte ore, ha trasformato le mie dita, che una volta venivano definite dai miei insegnanti “salsicce”, in tutto ciò che ho bisogno che diventino: ali di farfalla, onde del mare, uccelli nel cielo o foglie che cadono»), ha avuto a propria volta numerosi allievi illustri: anzitutto David Bowie («All’inizio della sua carriera venne a vedere un mio spettacolo e rimase molto impressionato: mi disse che avrebbe voluto diventare mio studente, e così è stato. Aveva diciannove anni quando abbiamo fatto uno spettacolo insieme, Pierrot in Turquoise, per il quale David scrisse la musica. Qualche anno dopo ci siamo ritrovati – su richiesta di David – per mettere in scena Ziggy Stardust»), cui fu a lungo legato anche sentimentalmente e per il quale avrebbe persino tentato il suicidio, ma anche Kate Bush, Peter Gabriel e molti altri. «Sono un vampiro, ho bisogno dell’energia e dell’entusiasmo dei giovani. Li aiuto a volare. Le mie sono lezioni di volo» • Qualche apparizione cinematografica, soprattutto, negli anni Settanta, nelle controverse pellicole di Ken Russell (Messia selvaggio, Valentino) e di Derek Jarman (Sebastiane, Jubilee); da ultimo, in Velvet Goldmine di Todd Haynes (1998) • Da molti anni vive, danza e insegna in Italia (prima a Roma, poi a Todi, ora a Livorno). «Il mio arrivo in Italia si deve a una storia d’amore con il cinema italiano, che mi ha sempre ispirato e stimolato dando molto anche al mio teatro, a partire da film come La primavera romana della signora Stone (1961) e Vacanze romane (1953), oltre a tanti film italiani. Inoltre, William Kemp, famoso attore della compagnia di Shakespeare, era probabilmente un mio diretto antenato. Era molto noto per i suoi numeri di danza, ma, a causa di una lite con Shakespeare, lasciò la compagnia dicendo che solo gli attori italiani lo avrebbero capito, e volle venire in Italia per ricongiungersi con il suo grande amore di sempre, la commedia dell’arte. Sono quindi venuto qui alla ricerca del mio antenato, e l’ho trovato: eccomi, sono proprio io» • «Tutte le mie lezioni iniziano con un momento di pace e silenzio, una forma di meditazione. E poi la musica. Mi abbandono alla musica, come un albero s’abbandona alla brezza, consentendo alla musica di trasportarmi in un altro mondo. E così, improvvisamente… siamo in Giappone! O in Spagna! Spero sempre che in questo stato di trance si liberi quello che García Lorca chiamava il “duende”, l’altra faccia della luna che è in noi. Io non recito, vivo effettivamente l’esperienza. Come i bambini quando giocano: per loro quella è la realtà. Non recitare: sii te stesso. Se riesci a seguire questo principio, non sei mai ripetitivo. Sei reale».