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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Burt Bacharach

Burt Bacharach (Burt Freeman B.), nato a Kansas City (Missouri, Stati Uniti) il 12 maggio 1928 (90 anni). Pianista. Compositore. Cantante. Produttore discografico. Annoverato tra i più grandi compositori del Novecento, ha vinto 3 premi Oscar e 6 Grammy Award; 73 dei suoi brani hanno scalato le classifiche statunitensi, 52 quelle britanniche. «Se non convinci una donna a venire a letto con te dopo aver ascoltato un pezzo di Burt, vuol dire che non ne valeva la pena» (Noel Gallagher) • «Nato […] da Irma e Bert Bacharach, discendente da una famiglia di ebrei tedeschi, il giovane Burt (chiamato “Happy” in famiglia per non fare confusione con il padre) è un ragazzino insicuro, quasi disadattato. […] È la madre, pittrice e cantante mancata, a spingerlo a prendere lezioni di piano dalla zelante Miss Rose Raymond, fin dall’età di 8 anni. Ma lui non ne vuole sapere: “Volevo solo andare in strada a giocare a palla come tutti quelli che conoscevo – racconterà –. Vivevo a Forest Hills, ero ebreo ma non volevo che nessuno lo sapesse. Ero troppo basso perché una ragazza notasse anche solo che ero vivo. Leggevo Fiesta e mi portavo dietro un nome come Happy. E, mentre avrei potuto trovare me stesso imparando davvero a suonare il pianoforte, non c’era niente al mondo che odiassi più di quello strumento”. […] Burt studia musica – pianoforte e violoncello – alla McGill University e alla Mannes School of Music. Ma la vera infatuazione è il jazz. A 15 anni si infila, carta d’identità falsa alla mano, nei club della 52ª a Manhattan: è qui che Dizzy Gillespie lo folgora sulla via del pentagramma. […] I suoi primi passi, negli anni Cinquanta, lo vedono in veste di pianista, arrangiatore e direttore del gruppo che accompagnava Marlene Dietrich nei suoi spettacoli. […] Il sodalizio durerà fino al 1965. […] La sua avventura musicale inizia nel corporativismo produttivo di stampo fordiano del Brill Building, al 1619 di Broadway. […] Se da un lato il Brill era davvero una industria produttiva di canzonette da vendere come saponette, dall’altro l’esplosione di nuovi sistemi tecnologici di registrazione permise ai suoi "operai" di portare il linguaggio pop su livelli di ambizione mai prima esplorati. […] In quel periodo inizia a scrivere numerose canzoni tra cui Baby It’s You (Shirelles), Please Stay (Drifters), Tower of Strength (Gene McDaniels). E riesce a piazzare un paio di colpi ad effetto, come The Story of My Life – prima grande hit del duo David & Bacharach –, incisa da Marty Robbins e destinata a issarsi al n. 15 in classica, grazie al suo hook fischiettante, seguita da quella Magic Moments che, affidata all’ugola da crooner di Perry Como, si aggiudica il primo disco d’oro certificato dalla Riaa (istituito proprio in quell’anno, il 1958). […] Nel Brill Building […] Bacharach incontrerà Hal David, colui che diventerà il suo storico paroliere. Un sodalizio fortunato che si reggerà su una complementarietà perfetta: mentre Bacharach realizza armonizzazioni e accordi complessi per le sue musiche, David riesce abilmente a catturare subito il suono delle parole con liriche duttili e immediate. […] La canzone I Just Don’t Know What to Do With Myself […] diventerà il primo vero manifesto della poetica ed estetica musicale del duo. […] La Warwick si ritrova la voce perfetta per le canzoni del duo. […] Sarà soprattutto nel 1964, con Walk on By, […] che Dionne si consacrerà stella mondiale e musa suprema dell’uomo di Kansas City. […] A reclamare un posto alla destra della divina Dionne è quantomeno Dusty Springfield, la regina bianca del soul. […] La Springfield cantò per prima la celeberrima The Look of Love. […] E, se nell’empireo delle interpreti bacharachiane non può ovviamente mancare Aretha Franklin, che portò al successo I Say a Little Prayer, una menzione d’obbligo spetta anche a Jackie DeShannon. […] Sarà proprio la bionda Jackie a cantare per prima What the World Needs Now Is Love, la commovente ballata del 1965 che resterà tra le più amate in assoluto della premiata ditta Bacharach & David. Ma Bacharach ha voglia anche di mettersi in gioco da solo. Sedendosi al piano e suonando i suoi successi. L’album d’esordio, Hit Maker! Burt Bacharach Plays His Hits, esce nel 1965 e vede la partecipazione come session men dei futuri Led Zeppelin Jimmy Page e John Paul Jones. […] Nell’ottobre 1967, […] con Reach Out, a quasi quarant’anni, dopo un percorso lungo e faticoso, Bacharach trova la sua maturità artistica. […] Nello stesso 1967 […] Bacharach compare anche nella colonna sonora del film di 007 Casino Royale. […] Ma il nuovo, enorme successo per il duo Bacharach-David giunge nel 1969 con un’altra colonna sonora, quella da Oscar per il western Butch Cassidy and the Sundance Kid con Paul Newman e Robert Redford, diretto da George Roy Hill. In appena 26 minuti di musica, il duo d’oro del pop a stelle e strisce sforna una sequenza di prodezze, a cominciare dall’evergreen Raindrops Keep Falling On My Head, […] l’epitome della levità bacharachiana, sposata alla raffinatezza degli arrangiamenti […] e a una melodia che definire “a presa rapida” è riduttivo. È la pop song per antonomasia, da canticchiare in eterno. Volenti o nolenti. […] Altro album-capolavoro, l’omonimo Burt Bacharach del 1971, pieno di grandi canzoni e arrangiamenti spericolati.  […] L’annus horribilis è il 1973. Bacharach e David vengono incaricati di scrivere le musiche per Lost Horizon, remake dell’omonimo film del 1937. Sarà la loro Waterloo. […] La fine del sodalizio con David (che si ricomporrà fugacemente solo nel 1975, per il secondo disco di Stephanie Mills, For the First Time) apre il periodo più buio, quantomeno a livello commerciale, per il compositore americano. […] Sarà il film Arturo (1981) a riportare alla ribalta il nome di Burt Bacharach nelle classifiche. […] Classica ballata da mattonella senza tempo, con i suoi archi ariosi e la sua melodia romantica, Arthur’s Theme si aggiudicherà nel 1982 sia il Premio Oscar che il Golden Globe come miglior canzone da film. […] Parole e voce di Elvis Costello, arrangiamenti e orchestrazioni di Burt Bacharach: Painted From Memory (1998) è l’inusuale, affascinante incontro al vertice che punta dritto a rinverdire la stagione d’oro del Brill Building e del più nobile artigianato pop. […] Spiazzante, nel 2005, At This Time. Dopo sessant’anni di canzoni d’amore, il compositore americano sposta la sua attenzione verso l’indignazione per la condizione del mondo affrontando per la prima volta temi sociali e politici, figli anche del disorientamento e dell’inquietudine dell’America ancora stordita dal bagno di sangue dell’11 Settembre. […] Bacharach non ha mai rinunciato a mettersi in gioco, confrontandosi con le nuove generazioni. Nel 2011 incide When Ronan Met Burt, insieme a Ronan Keating (leader dei Boyzone), conquistando il terzo posto nelle classifiche inglesi. Nel 2015, con il suo “A House Is Not a Home Tour”, irrompe addirittura, alla veneranda età di 87 anni, sul palco del Glastonbury Festival, uno dei santuari del rock mondiale, davanti a una folla di giovani in delirio» (Claudio Fabretti e Fabio Pierangeli). Da ultimo, nel 2016 ha composto, insieme a Joseph Bauer, una nuova colonna sonora, per il film A Boy Called Po di John Asher • «Il pezzo cui sono più legato è A House Is Not a Home, che scrissi per Dionne Warwick nell’omonimo film con Shelley Winters. Questo è il brano che fra tutti mi rappresenta meglio» (ad Antonio Lodetti). Altra canzone particolarmente importante è Alfie, composta insieme ad Hal David (1921-2012) per l’omonimo film con Michael Caine (1966), «una canzone indimenticabile, sensuale, malinconica, piena di qualcosa che assomiglia alla rabbia, alla rassegnazione e poi alla voglia di tornare a vivere. Alfie è la vita di Bacharach» (Nicoletta Tiliacos) • Celebre tombeur de femmes, ha avuto quattro mogli: l’attrice Paula Stewart; l’attrice Angie Dickinson, da cui ebbe la figlia Nikki, morta suicida a quarant’anni nel 2007 dopo una vita travagliata; la compositrice e cantante Carole Bayer Sager, insieme alla quale adottò un figlio, Christopher; l’atleta Jane Hansen, di 32 anni più giovane, da cui ha avuto il figlio Oliver e la figlia Raleigh • «Nessuno come lui negli Stati Uniti ha saputo sfidare l’esplosione del rock con una musica squisitamente melodica, capace di far swingare gli archi, cantare le trombe, costruendo ballate di pura seduzione» (Giacomo Pellicciotti). «Burt Bacharach è il pathos all’interno del frastuono americano» (Albert Goldman) • «La musica deve essere semplice e fresca, deve colpire al primo impatto. Inutile cercare arrangiamenti complicati e intellettuali: l’importante è valorizzare la melodia. Questo è l’insegnamento che mi ha dato Darius Milhaud, che mi diceva: “Non avere mai paura di giocare con la melodia”». «In giro c’è tanta infelicità, il terrorismo dovunque, le ingiustizie sociali: quando salgo sul palco penso di cercare di dare quello che posso per alleviare tutto questo. La vita è stata molto buona con me. In un certo senso mi fa piacere restituire qualcosa di quello che ho ricevuto. Sulla mia tomba vorrei fosse scritta una semplice frase: "Ha cercato di essere una brava persona"» (a Gino Castaldo).