5 settembre 2018
Tags : Chiara Appendino
Biografia di Chiara Appendino
Chiara Appendino, nata a Moncalieri (Torino) il 12 giugno 1984 (34 anni). Politico. Del Movimento 5 stelle. Sindaco di Torino (dal 30 giugno 2016). «Pesa il cliché del cinquestelle, ma io non mi presento mica con il bazooka. Credo che il senso sabaudo delle istituzioni vada al di là dell’appartenenza partitica» (a Massimo Gramellini) • «Madre prof d’inglese, padre ingegnere e manager della fabbrica guidata da Gianfranco Carbonato, capo degli industriali piemontesi e compagno di scopone di Chiamparino. Maturità classica al Gioberti, dove studiarono Gobetti e Terracini, Almirante e Vattimo. Un semestre in Germania a 18 anni, laurea bocconiana con lode, tesi di marketing sulla Cina, specializzazione in pianificazione e controllo di gestione, due anni alla Juventus lavorando sulla valutazione dei giocatori, matrimonio con Marco conosciuto su un campo da tennis. Nello stesso anno, il 2010, entra nella sua azienda che produce oggetti per la casa e nel Movimento 5 stelle. Primo contatto a un banchetto nel mercato multietnico di Porta Palazzo. L’anno dopo è in Consiglio comunale, prima con 600 preferenze» (Giuseppe Salvaggiulo). «“Spaesata all’inizio, mi sono rimboccata le maniche”. Secchiona quanto basta e puntigliosa per mestiere, si mette a spulciare atti e liste: dalla questione degli affidamenti diretti di incarichi sotto i 20 mila euro da parte del Comune […] fino alle dotazioni e ai contributi elargiti per la cultura e le associazioni. […] Finisce nel mirino per i 23 mila euro di “permesso retribuito” che l’azienda del marito dove continua a lavorare incassa ogni anno dal Comune; ma rinuncia al gettone di presenza, 2 mila euro al mese lordi» (Roberto Di Caro). «Ha marcato il malcapitato Fassino per cinque anni dall’ultimo banco della Sala Rossa, mordendogli le caviglie e meritandosi appellativi come “consigliera insopportabile” e “Giovanna d’Arco della pubblica moralità”, fino all’infausta profezia: “Mi sono seccato dei suoi giudizi presuntuosi. Mi auguro che un giorno lei si segga su questa sedia: vediamo se sarà capace di fare tutte le cose che dice… E comunque lo decideranno gli elettori”. In quell’istante Fassino ha cominciato a perdere» (Salvaggiulo). «Stavo chiedendo conto di come venivano spese le risorse di una fondazione culturale. Ma a diventare sindaca non ci pensavo ancora. Diciamo che quella frase ha velocizzato i processi di scelta della candidatura». L’8 novembre 2015, «dopo il voto unanime dei 250 grandi elettori del movimento, ha annunciato la sua candidatura a sindaco di Torino per i pentastellati in un quartiere periferico della città, dando vita a otto mesi di intensa campagna elettorale a continuo contatto con il territorio, che l’ha vista giorno dopo giorno frequentare assiduamente soprattutto le periferie e i mercati puntando, all’insegna della democrazia partecipativa tanto cara ai cinquestelle, su ascolto e dialogo con i cittadini, a cui ha raccontato le proposte del suo programma di governo della città» (Luca Romano). Alla prova del voto, in occasione delle elezioni comunali del giugno 2016, riuscì dapprima (5 giugno) a portare inaspettatamente al ballottaggio il sindaco uscente (ottenendo il 30,92% dei voti, contro il 41,83% di Fassino) e poi (19 giugno) a ribaltare il risultato del primo turno, vincendo con il 54,56% dei voti. «È caduto il muro di Torino: la città più strutturata d’Italia ha votato per gli antagonisti; ha scelto Grillo l’unica metropoli, insieme con Genova, sempre amministrata dal centrosinistra da quando esiste l’elezione diretta dei sindaci. È caduto Piero Fassino: due volte ministro dell’Ulivo, segretario dei Ds, cofondatore del Pd, presidente dei sindaci italiani. È la rivoluzione della crocetta: non solo i leghisti, anche i moderati hanno appoggiato i 5 Stelle; che con il loro volto borghese espugnano la città un tempo simbolo della classe operaia, da oltre un ventennio governata da un’alleanza tra quel che resta delle due grandi forze che si sono combattute per tutto il ’900: la Fiat e il Partito comunista. […] Il sindaco uscente ha perso contro una giovane che ha meno della metà dei suoi anni e nessuna esperienza amministrativa, ma ha saputo intercettare un inevitabile desiderio di cambiamento. […] Chiara Appendino […] ha raccolto i voti dei ragazzi che dal sistema si sentono esclusi, e della Torino piccoloborghese da sempre diffidente della Fiat: calamita per i piemontesi del contado e gli immigrati del Sud, incubatrice di scioperi e violenze. I 5 Stelle non hanno scelto una personalità carismatica e quindi divisiva, da amare o da odiare; ma un sorriso fresco e un nome nuovo, apparsi come uno specchio in cui l’elettore intravedeva se stesso, e la propria domanda di novità» (Aldo Cazzullo). Proclamata sindaco più amato d’Italia a metà gennaio 2017 grazie all’apprezzamento del 62% dei torinesi, nei mesi successivi ha visto gradualmente scemare il proprio consenso, soprattutto in seguito agli incidenti occorsi in piazza San Carlo la sera del 3 giugno 2017, quando, a causa di un falso allarme, la folla riunitasi a seguire in diretta la finale di Coppa dei Campioni in corso a Cardiff tra Juventus e Real Madrid fu improvvisamente presa dal panico, e nella fuga di massa circa millecinquecento persone rimasero ferite e una donna trovò la morte. «Eletta insieme a Virginia Raggi, la prima cittadina di Torino è stata per mesi il "positivo" del negativo romano. Chiara veleggiava a gonfie vele, godeva di buona stampa, non disdegnava di intessere relazioni nei complicati salotti della spigolosa città sabauda, parlava con gli altri partiti, con i potentati locali, con la Regione (“Chiappendino”, remember?). Sembrava persino possibilista sul Tav, uno dei grandi babau dell’universo stellato. […] All’apice, la lucentezza della stella appendiniana brillava di una luce talmente abbagliante che più d’uno si sospingeva a dire che, quale Dibba, quale Fico, quale papa straniero: l’unico vero competitor di Luigi Di Maio per la premiership era questa ragazza dal volto gentile. […] È stata proprio la notte […] in cui il Real Madrid ha schiantato la Juventus nella finale di Champions League a segnare un prima e un dopo nella parabola della stella Appendino. Piazza San Carlo e la disastrosa gestione dell’assembramento dei tifosi bianconeri, il parapiglia, il morto, hanno segnato la fine della prima – breve – èra Appendino. Da quel giorno è cambiato tutto. […] Perché i fatti di piazza San Carlo non attengono alla sfera delle scelte politiche, della direzione in cui convogliare i soldi in un sistema di scarsità di risorse. È fallita la gestione concretissima di uno spazio pubblico, l’amministrazione di un pezzo di territorio, si è rivelata inadeguata la catena di comando preposta a organizzazione e controllo il cui vertice apicale è individuato proprio nella poltrona del sindaco. Passano mesi, uno spesso strato di polvere si sedimenta sull’amministrazione stellata. […] Fino all’altra tegola. Quella dell’avviso di garanzia per aver fatto pressioni per "alleggerire" il bilancio comunale di un debito di 5 milioni di euro. Un atto preciso, di indirizzo politico, che attiene alla limpidezza dell’amministrazione, che coinvolge la presunzione di diversità sulla quale si fonda la grancassa movimentista. Sarà la magistratura ad appurare le responsabilità. Se condannata, la prima cittadina rischia fino a sei anni» (Pietro Salvatori). «La rivoluzione gentile pentastellata da mesi ha perso l’allure degli inizi. Gli avvisi di garanzia per i fatti di San Carlo [in relazione ai quali risulta indagata per omicidio colposo, lesioni colpose e disastro colposo – ndr] e per il concorso in falso in atto pubblico […] non hanno aiutato, anzi. […] E così c’è chi spera che prima o poi sia lei, già arrivata al secondo mandato come Raggi, a fare un passo indietro. E molto dipenderà dal corso che prenderanno le sue vicende giudiziarie» (Francesca Buonfiglioli). Da ultimo, nell’aprile 2018 ha destato clamore la sua iniziativa di registrare all’anagrafe un bambino nato in Italia da una donna lesbica convivente con un’altra donna come figlio di entrambe. «Si tratta di una svolta epocale per l’Italia, perché mai un primo cittadino aveva fatto questa scelta senza la disposizione di un tribunale» (Jacopo Ricca). «Alla fine del mandato da sindaca, nel 2021, lascerò l’impegno politico nelle istituzioni. I dieci anni previsti dal nostro regolamento interno sono scaduti. Tornerò al mio lavoro. E magari metterò in cantiere altri figli» • Contraria alla linea ferroviaria ad alta velocità in Val di Susa («I costi sono troppo superiori ai benefici»), ha invece avviato la procedura per candidare Torino quale sede delle Olimpiadi invernali del 2026 • «È nata il giorno dopo la morte di Enrico Berlinguer. Borghese senza paillettes, bocconiana e scarmigliata, affilata e dolce, di collina e di periferia, di lotta e […] di governo» (Salvaggiulo). «Il volto antisistema del sistema. […] Una versione 2.0 dell’azionismo di sempre. […] Gli ingredienti ci sono tutti: il giusto tasso di odio anti-cattolico, il legalismo applicato soprattutto ai nemici, il politicamente corretto come linguaggio e – non certo per ultima – la giusta trama di rapporti con i salotti più influenti» (Marco Margrita) • Una figlia, Sara, avuta nel gennaio 2016 dal marito, l’imprenditore Marco Lavatelli. «Marco mi aiuta. A casa cucina lui. Io riesco a fare ogni tanto la spesa il sabato» • Appassionata di calcio, sia da giocatrice («Giocavo coi maschi. Ala sinistra») sia da tifosa. «Sono diventata tifosa juventina perché ero innamorata di Baggio. Ho iniziato a seguire il calcio quando lui giocava nella Juve» (a Matteo Pandini) • Si dichiara cattolica («credente ma non praticante») • Prima di iscriversi al M5s ha detto di aver votato per i Verdi e per l’Italia dei valori • «Adriano Olivetti divideva il mondo tra progressisti e conservatori. Io mi sento progressista» (ad Antonello Caporale).