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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Luigi de Magistris

Luigi de Magistris, nato a Napoli il 20 giugno 1967 (51 anni). Politico. Sindaco di Napoli (dal 1° giugno 2011). Ex magistrato. «Amm’a scassà!» • «Figlio e nipote d’arte, dal lato paterno. Uditore giudiziario il bisnonno nel 1868; pubblico ministero d’azione il nonno, vittima di un tentato omicidio; giudice dei grandi processi di camorra il papà, Giuseppe. […] Suo nonno materno era Luigi Russo, tra i più grandi critici letterari del Novecento. Docente e poi direttore della Scuola Normale di Pisa, fondatore della rivista Belfagor e candidato indipendente nelle liste del Pci siciliano alle politiche del 1948. […] Ci sarebbe pure una presunta, discussa mezza parentela con Paolo Cirino Pomicino, prima confermata e poi smentita. E di nuovo confermata, dall’ex pupillo di Andreotti» (Gian Marco Chiocci e Simone Di Meo) • «A quattordici anni, quando non parte con gli scout, legge “il manifesto”. Qualche anno dopo passerà a I rivoluzionari di Hobsbawm, facendo non poco preoccupare il papà giudice. […] Da bimbo taciturno col volto coperto dai ricci che sembra un putto diventa il giovanotto barricadero che poi approderà a Catanzaro e Napoli. È una testa calda. Sia in famiglia che fuori. […] Al ginnasio, s’imbeve della quintessenza della cultura comunista. Si avvicina agli scritti di Gramsci. Segue Berlinguer. Dice (oggi) di aver letto Il capitale di Karl Marx. Simpatizza per il movimento sessantottino di Mario Capanna. […] “L’ultimo anno del liceo ebbi anche un sette in condotta. Contestazione al preside, con atteggiamenti e parole molto forti. Questo condizionò anche il voto finale. Poteva essere sessanta, e invece fu cinquantuno”. La lotta ai poteri forti di Luigi de Magistris è iniziata così, prendendosela con il dirigente scolastico del Pansini, il liceo classico della buona borghesi napoletana, storica roccaforte dell’estrema sinistra. “Il preside era, penso non a torto, un po’ troppo reazionario”» (Chiocci e Di Meo). «Sono stato indeciso fino all’ultimo se iscrivermi a Legge o a Filosofia. Amo la filosofia, ho letto molto Schopenhauer, Kierkegaard, Marx… Alla fine però ho scelto Giurisprudenza, e ho capito subito che avrei voluto fare il pm. Ho fatto l’esame nel 1992. Consegnai il compito del concorso nelle mani di Francesca Morvillo. Il giorno dopo, lei, Falcone e la loro scorta sono saltati in aria per mano della mafia» (a Vittorio Zincone). «Fu nominato magistrato di tribunale l’8 luglio 1996 e giunse a Catanzaro quell’anno stesso, 29enne; si presentò ai colleghi incitando sin da subito alla “moralizzazione della cosa pubblica”, e quest’ultima espressione comparirà nell’ordine d’arresto della sua prima inchiesta importante, la 1471/96, un’indagine grazie alla quale ventuno incensurati di una clinica privata, Villa Nuccia, finirono in galera con le accuse più turpi: violenza contro un centinaio di malati mentali, omicidio dei medesimi, favoreggiamento di latitanti, falsi certificati per esonerare dei figli di mafiosi dal militare, cose così. […] Il clamore mediatico fu enorme, e la stampa prese finalmente conoscenza del personaggio: su Raidue, La vita in diretta si soffermò sul caso per settimane. Tutto era fondato sulle confidenze rese a De Magistris da Mario Ammirato, un ex infermiere; oltre alle sue parole, il nulla. Le richieste d’arresto iniziavano così: “Nell’ambito dell’attività di indagine rivolta alla moralizzazione della cosa pubblica…”. […] La vicenda, complicatissima, si inerpicherà in un totale di undici processi in dieci anni, e alla fine saranno assolti tutti gli imputati tranne uno: Mario Ammirato, proprio lui, il confidente di De Magistris. […] Era un De Magistris ancora acerbo. Certe sue fisse apparenti, come quella d’inquisire soprattutto politici e magistrati, sembravano tuttavia già ben delineate: ma ecco che ogni volta andavano a sbattere contro i controlli di legittimità dei suoi colleghi. Giudici, gip, gup, tribunale del riesame, Appello, Cassazione, e annullamenti, assoluzioni, proscioglimenti: tutto sembrava complottare contro di lui. Il De Magistris che tornerà a Catanzaro nel 2002 – dopo un interregno poco significativo nella natia Napoli – risolverà questo problema adottando con frequenza un genere di provvedimenti che per essere spiccati non abbisognano neppure della fastidiosa convalida di un giudice: cioè perquisizioni, sequestri probatori, interdizioni e fermi di polizia. Anche la sua propensione a intercettare mezzo mondo, alleandosi con le fantasie spionistiche dei vari Gioacchino Genchi, sino ad allora era rimasta in sonno: ma di lì in poi comincerà a scatenarsi. […] A partire dai tardi anni Duemila, […] il rumore delle sue inchieste ebbe a prescindere completamente dalle effettive correità penali che (non) riguardavano i nomi altisonanti che lui menzionava nelle sue inchieste, e a partire da allora, perciò, il semplice nominare dei personaggi prese ad accluderli d’ufficio in presunte cosmogonie e complotti contro di lui. Nessuno ne sarà risparmiato, neppure l’intera fisiologia giudiziaria, neppure i gip che respinsero le sue richieste, neppure i giudici che giudicavano, i superiori che avocavano, la Cassazione che rigettava, e neppure gli ispettori del Ministero, e il Ministero, tutti. Farà giocoforza parte del complotto anche il Capo dello Stato (quando inviterà De Magistris esplicitamente al silenzio) e ne farà parte il vicepresidente del Csm che lo richiamerà al codice deontologico, e ovviamente l’intero Csm, e anche l’Associazione magistrati più qualche corrente togata, in sostanza tutti coloro che oltretutto avevano ascoltato De Magistris respingendo regolarmente tutti i suoi ricorsi. Il magistrato prese addirittura a prospettare una “nuova P2” guidata da Giancarlo Elia Valori, dunque una “strategia della tensione”, una “massoneria”, “poteri occulti coadiuvati da pezzi della magistratura” e ovviamente “settori deviati di apparati dello Stato”. […] L’indagine più rumorosa rimane (rimaneva) “Why Not”, che prendeva il nome da una società di Lamezia Terme che forniva alla Regione dei tecnici informatici. Una dei soci ed amministratore della Why Not, Caterina Merante, diede il via a indagini che ipotizzavano un gruppo di potere trasversale tenuto insieme da una loggia massonica coperta: la “Loggia di San Marino”. […] Il 18 giugno 2007 il pm fece eseguire dai carabinieri 26 perquisizioni nei confronti, tra altri, di Pietro Scarpellini, consulente non pagato della Presidenza del Consiglio; nell’inchiesta risultarono indagati anche il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, il consulente Luigi Bisignani e il senatore Giancarlo Pittelli di Forza Italia, anche se il ruolo centrale doveva appartenere all’imprenditore Antonio Saladino, allora presidente della Compagnia delle Opere della Calabria. […] È l’inchiesta nota per il famigerato “scontro tra procure”, coi togati di Catanzaro e Salerno a litigare meritandosi i primi interventi del Csm. Morale: l’avviso di conclusione indagini fu notificato a 106 persone tra le quali l’ex presidente della Regione Calabria Agazio Loiero e il suo predecessore Giuseppe Chiaravalloti. L’indagine ruotava anche attorno a dei presunti contatti tra l’imprenditore ciellino Antonio Saladino e l’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi: ma poi risultò che c’era stato soltanto un rapporto amichevole tra Prodi e questo Saladino, e la cosa finì in nulla. Poi c’è il caso di Clemente Mastella: negli atti dell’inchiesta figurano alcune intercettazioni riguardanti il ministro della Giustizia, che in precedenza aveva chiesto il trasferimento di De Magistris: da immaginarsi il bailamme sui giornali. Anche la posizione di Mastella alla fine sarà archiviata, mentre a scomparire dai capi di imputazione fu anche la violazione della legge Anselmi sulle organizzazioni segrete: in pratica non rimase in piedi quasi nulla, anche perché la Procura di Roma avocò l’indagine e si accorse che non stava in piedi. […] La Merante finì imputata per diffamazione. E la famigerata “Loggia di San Marino”? Ben due questure appurarono che in pratica non era mai esistita. […] L’inchiesta “Toghe lucane”. De Magistris si mise in testa che un altro “comitato d’affari” della Basilicata contemplava a vario titolo politici, magistrati, avvocati, imprenditori e funzionari vari. La guardia di Finanza, perciò, nei primi mesi del 2007 fu spedita a perquisire le abitazioni e gli uffici, tra altri, del sottosegretario allo Sviluppo economico Filippo Bubbico (Ds) e del procuratore generale di Potenza Vincenzo Tufano e dell’avvocato Giuseppe Labriola e della dirigente della Polizia Luisa Fasano. Altro bailamme: si ipotizzavano anche corruzione in atti giudiziari e associazione per delinquere aggravata. […] Morale: nel marzo 2011 tutta l’inchiesta è stata archiviata dal gup di Catanzaro Maria Rosaria di Girolamo, che ha definito l’impianto accusatorio “lacunoso” e tale da non presentare elementi “di per sé idonei” a esercitare l’azione penale. Tutti prosciolti» (Filippo Facci). Nel 2008 il Csm lo trasferì per «insufficienti diligenza, correttezza e rispetto della dignità delle persone» da Catanzaro a Napoli, assegnandogli il ruolo di giudice anziché di pubblico ministero. Dopo aver scatenato la già citata «guerra tra procure», decise di entrare in politica, nelle file dell’Italia dei valori, per poi dimettersi – qualche mese dopo – dalla magistratura. «A un certo punto ho capito che non mi avrebbero più fatto fare bene il pm. Ho colto l’occasione con le Europee del 2009. La politica è l’unico modo con cui si può trasformare la società» (a Claudio Sabelli Fioretti). Eletto nel giugno 2009 al Parlamento europeo con oltre 415 mila preferenze (secondo candidato più votato d’Italia dopo Silvio Berlusconi), abbandonò l’incarico già nella primavera del 2011, per candidarsi con l’Idv a sindaco di Napoli, vincendo al ballottaggio contro il candidato del centrodestra Gianni Lettieri, e venendo poi confermato nel 2016, ancora al ballottaggio contro Lettieri, questa volta alla testa della sua lista Democrazia Autonomia (Dema). Tra i suoi maggiori vanti da sindaco, la conversione della società idrica cittadina da privata a pubblica, la pedonalizzazione del lungomare e il notevole incremento turistico; tra i punti più critici, l’incremento degli omicidi e della delinquenza giovanile, la mancata soluzione strutturale del problema dei rifiuti (dal 2011 smaltiti a pagamento in Olanda), l’esplicito appoggio alle occupazioni di edifici pubblici da parte di militanti di centri sociali e il dissesto finanziario del Comune, il cui debito risulta passato in sette anni da 850 milioni a 2,5 miliardi di euro. Recentemente ha dichiarato di voler costruire, a partire da Dema, una formazione politica di sinistra «rivoluzionaria» con ambizioni nazionali e internazionali • Grande estimatore di Fidel Castro e Che Guevara, Hugo Chávez e Nicolás Maduro, considera i loro regimi un modello «sul piano della democrazia partecipativa, dello sviluppo di un’economia dal basso, sociale, del recupero dei territori, del potere diffuso e non verticistico» • Sposato, due figli • Si proclama grande tifoso del Napoli, ma molte fonti lo dicono interista • I suoi principali soprannomi, elencati da Aldo Grasso: «“Giggino ’a manetta” (da magistrato incarcerava), “Giggino ’o skipper” (omaggio all’America’s Cup), “Giggino ’o scassatore” (rottamatore), “Giggino ’o floppe” (sta per “flop”), “Giggino ’a promessa” (alla bulimia verbale non sempre sono corrisposti i fatti), “Giggino ’ncoppa a gaffe” (“Napoli è più sicura di Bruxelles”, per dirne una)» • «De Magistris è un prodotto televisivo di Santoro che ne intuì e ne valorizzò la natura di Masaniello: “sparami ’n pietto” è un uno dei suoi soprannomi, il petto in fuori e il coraggio virile del guappo, ma di buona famiglia. E infatti “guappo ’e mammete” è l’ennesimo nomignolo divertito, e forse perché quelle frasi narcise – “sono bello, piaccio alle donne, è un fatto che sta lì, oggettivamente lo constato” – solo le mamme del Vomero riescono a imprimerle nella psicologia di un figlio» (Francesco Merlo). «La storia non sembra passare da Napoli, poiché, come sotto Lauro e Bassolino, ancora oggi l’unico orizzonte possibile pare essere quello di un masaniellismo, se possibile ancora più straccione» (Roberto Saviano) • «Il diritto ha una funzione rivoluzionaria. Con il diritto si può cambiare una società».