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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Ian McEwan

Ian McEwan, nato ad Aldershot (Inghilterra) il 21 giugno 1948 (70 anni). Scrittore. Sceneggiatore. «Continuo a credere che tra un romanzo e l’altro sia necessario inserire un pezzo di vita: mi pare che ogni romanzo debba essere scritto da una persona leggermente diversa» • «Un’infanzia felice, trascorsa a Singapore e a Tripoli, al seguito del padre militare di carriera, di origine scozzese, come rivela il suo cognome; poi il college in Inghilterra e il distacco non indolore dai genitori. Gli anni del liceo, caratterizzati da intense letture (Il giovane Holden rimane un libro fondamentale per la sua formazione) e dalla passione per il rock’n’roll, coincidono con l’esplosione delle mitologie giovanili degli anni Sessanta, l’ansia di libertà e ribellione del movimento hippy, la musica dei Beatles e dei Rolling Stones, il consumo della droga. McEwan vive quel periodo euforico senza lasciarsi travolgere né coinvolgere più di tanto, mantenendo sempre un atteggiamento piuttosto distaccato e razionale» (Massimo Romano). «Il mio collegio era a duemila miglia da casa mia. Ero molto legato a mia madre; non averla più vicina è stato un trauma che ho vissuto in silenzio. Per sopravvivere mi sono ritirato completamente in me stesso. Ma non ho pianto, come facevano tanti altri ragazzi. […] Ero delicato, pallido e taciturno. Credo di essere rimasto muto e come irrigidito per tre o quattro anni. Solo a sedici anni ho finalmente rialzato la testa. A un tratto ho scoperto che il paesaggio intorno alla scuola era stupendo. E ho incominciato ad amare la musica. E per di più ho scoperto che l’amicizia era possibile» (a Peter Kümmel). «Dai 16 anni in su, quando ero al liceo, ho ricevuto un’educazione veramente solida, la tipica educazione degli anni ’50. Sono stato abbastanza fortunato ad avere un insegnante di letteratura inglese che […] mi ha instillato anche la passione: la passione per la letteratura e per la poesia, in particolare. Di conseguenza, la passione per tutte le forme espressive e artistiche. Questa formazione mi è servita non tanto, forse, per diventare uno scrittore – perché all’epoca non avevo ancora questa ambizione –, ma mi è servita sicuramente per diventare un buon lettore». «A diciannove anni, nel 1967, fa lo spazzino a Londra per conquistarsi l’indipendenza economica. Poi studia letteratura inglese alla Sussex University, ma i professori lo deludono. Ha un’idea fissa, un’unica ambizione: quella di diventare uno scrittore» (Romano). «McEwan decide di frequentare un corso di letteratura e scrittura creativa alla University of East Anglia. L’incontro con Malcolm Bradbury e Angus Wilson, scrittori e docenti, si rivela decisivo per l’autore» (Federica Bertini). «Comincia a scrivere racconti. Il primo che riesce a pubblicare su una rivista, la New American Review, è Fatto in casa. […] Il tema è arduo per uno scrittore all’esordio: le esercitazioni di un ragazzino che induce la sorellina di dieci anni a giocare a “papà e mamma” per scoprire il mistero del sesso. McEwan lo affronta con grande naturalezza e semplicità di scrittura, senza rinunciare ai risvolti divertenti della situazione» (Romano). «Iniziare a pubblicare […] è stato un momento meraviglioso: avevo inviato un racconto a una rivista letteraria americana e poi non avevo saputo più nulla, fino a che un giorno ho trovato nella posta del mio piccolo appartamento di Londra una copia della rivista. Sulla copertina c’era scritto “Günter Grass, Philip Roth, Susan Sontag e Ian McEwan”, e io ho pensato “Non ci posso credere, sono uno scrittore!”. Avevo 22 anni, ed è stata una delle cose più eccitanti della mia vita. Non ho mai più provato quella sensazione, leggendo il mio nome su una copertina» (a Marta Perego). «Il suo primo libro, Primo amore, ultimi riti, con cui ottiene il Somerset Maugham Award, esce nel 1975 e comprende otto storie che affrontano il rapporto ossessivo e allucinato dei personaggi con la sfera sessuale, le crudeltà fisiche e psicologiche dell’infanzia e dell’adolescenza» (Romano). «Scrivere faceva parte di un’esplosione geniale della mia esistenza, della percezione che ora, avendo più o meno terminato la mia educazione formale, potevo fare quello che volevo. E, per quanto mi riguardava, scrivere era sinonimo di libertà, […] scrivere narrativa voleva dire avere la compiacenza di condurre il lettore per mano fino all’orlo del precipizio… e saltare. Il mestiere consisteva nel trovare un confine, e poi varcarlo. […] Quando uscì in edizione cartonata, Primo amore, ultimi riti fu un successo di critica, anche se di certo non un successo commerciale. Ma anche le recensioni positive erano scandalizzate. Che razza di mostro era sceso in mezzo a noi? A volte si faceva fatica a distinguere le recensioni positive da quelle negative, perché sia le une che le altre elencavano con gusto tutte le oscenità e le perversioni barocche. Era difficile per me allora, e sarebbe ancora più difficile adesso, convincere i lettori che in realtà ero mosso da intenti morali. In particolare, i miei amorali narratori in prima persona agli occhi dei lettori si condannavano con le loro stesse parole. Io ritenevo più interessante che l’autore non intervenisse». «La seconda raccolta, Fra le lenzuola (1978), comprende sette racconti imperniati su visioni oniriche e allucinate della realtà, sulla violenza esplosa dagli oggetti. […] A trent’anni avviene il suo esordio come romanziere con Il giardino di cemento (1978), intensa storia di una famiglia composta da quattro bambini che, per timore di venire divisi o essere messi in un istituto, tentano di nascondere il fatto che la propria madre è morta. La seppelliscono in cantina e continuano a vivere come se non fosse successo nulla. […] Da questo libro è stato tratto l’omonimo film di Andrew Birkin. Il secondo romanzo, Cortesie per gli ospiti (1981), è uno splendido noir con una partenza lenta e tranquilla che culmina in un’esplosione di violenza. […] Da Cortesie per gli ospiti è stato tratto nel 1989 l’omonimo film di Paul Schrader, con la bella sceneggiatura di Harold Pinter. […] Nella seconda metà degli anni Ottanta, sulla soglia dei quarant’anni, si registra una svolta nella narrativa di McEwan, che abbandona il truce intimismo degli esordi per rivolgere lo sguardo ai problemi della società e della storia. Ne consegue anche un cambiamento sul piano delle forme e dei generi, in quanto egli sostituisce alla misura finora a lui più congeniale – la short story e il romanzo breve – quella del romanzo di più ampio respiro, con una struttura polifonica orchestrata sui temi attuali della scienza, della filosofia e della religione. Con il terzo romanzo, Bambini nel tempo (1987), McEwan costruisce un impianto narrativo complesso, articolato in una ricca tessitura di temi. Si tratta di una bellissima storia di amore e disamore, che è anche una moderna meditazione sul problema del tempo, sul rapporto tra genitori e figli, una satira feroce della letteratura per l’infanzia e un quadro impietoso dell’Inghilterra thatcheriana. […] Bambini nel tempo è il primo romanzo a lieto fine dello scrittore inglese, e anche questo è il segnale di una svolta nel suo itinerario narrativo. […] Con il romanzo successivo, Lettera a Berlino (1989), che è un’appassionante spy story e una devastante storia d’amore ambientata negli anni Cinquanta della guerra fredda, McEwan ottiene un successo internazionale, consolidato dal film The Innocent (1993, titolo originale del romanzo) di John Schlesinger, […] con Isabella Rossellini e Anthony Hopkins nel ruolo dei protagonisti e la sceneggiatura dello stesso McEwan. […] Il suo quinto romanzo, Cani neri (1992), è forse la sua opera meno felice. […] Il tema dell’amore esasperato e il conflitto tra scienza e religione, un problema già affrontato in Cani neri, è al centro del […] romanzo […] L’amore fatale (1997), una storia molto particolare in cui si scontrano razionalità, follia ed emozioni» (Romano). Il grande successo esplode però con i romanzi successivi – Amsterdam (1998) e soprattutto Espiazione (2001) e Sabato (2005) –, che segnano un ulteriore mutamento della sua poetica. «C’è stato un periodo, […] fra la fine degli anni Ottanta e i Novanta, in cui avevo un atteggiamento più moralistico, nel senso che cercavo di esercitare una certa persuasione sul lettore per guadagnarlo a quanto stavo scrivendo. È un atteggiamento che ho abbandonato all’incirca quando ho scritto Amsterdam ed Espiazione, e ora trovo che dentro i miei libri metto me stesso molto di più. Prima i miei romanzi si presentavano come sistemi chiusi, quasi sigillati rispetto all’esterno, mentre ora tendo a introdurvi i miei interessi, che sono la musica, la poesia, la storia, la scienza. Se i miei primi intrecci erano un po’ claustrofobici, adesso vanno verso un traguardo aperto» (Francesca Borrelli). «Negli ultimi vent’anni, mi sono sentito attirato dall’esigenza di raccontare il reale, una sorta di lealtà verso un certo tipo di verità, non la mia verità, bensì la verità condivisa. […] Ho cominciato a pensare che il mondo reale, fatto di queste cose, fosse più straordinario di qualsiasi cosa io potessi inventare» (a Enrico Franceschini). Con grande interesse di pubblico e critica sono stati accolti anche i romanzi più recenti – Chesil Beach (2007), Solar (2010), Miele (2012), La ballata di Adam Henry (2014) e Nel guscio (2016), in Italia tutti editi presso Einaudi –, dei quali sono state spesso realizzate trasposizioni cinematografiche, non di rado sceneggiate dallo stesso McEwan. «È l’opera che decide in che stile deve essere scritta. All’inizio ero meno legato alla realtà, seguivo scrittori come Italo Calvino o Franz Kafka. Poi ho seguito più la scienza. L’ultimo libro [Nel guscio – ndr] è di nuovo più fantastico… racconta una gravidanza vista dal feto». È attualmente in pubblicazione il racconto Il mio romanzo viola profumato • «Per me, il più grande scrittore vivente» (Gillo Dorfles) • Divorziato dall’ex compagna di università Penny Allen, dalla quale ebbe due figli, di cui, dopo un’aspra battaglia legale e il rapimento dei due da parte della madre, riuscì a ottenere l’affidamento esclusivo; attualmente sposato in seconde nozze con la giornalista e scrittrice Annalena McAfee. Nel 2002 scoprì di avere un fratello maggiore, David Sharp: «Entrambi figli di Rose e David McEwan, ufficiale scozzese, ma figlio illegittimo Dave (alla nascita Stuart), figlio legittimo Ian. Rose concepisce Dave con l’ufficiale quando è ancora sposata con un soldato inglese, da mesi sul fronte senza dare notizie, ma ha appena partorito quando il marito le scrive che è vivo e, avendo avuto una licenza, sta per rientrare. Rose mette l’annuncio sul giornale in cerca di una famiglia per il neonato, ma, ripartito per il fronte, il marito muore in Normandia nel D-Day, giugno 1944. Nel 1947 Rose sposa l’ufficiale scozzese, ma, avendo scritto nell’annuncio "complete surrender", "abbandono definitivo", non si cura di cercare il figlio, e un anno dopo ne concepisce un altro, Ian» (Guido Santevecchi) • «Coraggiose e controverse posizioni pubbliche: […] i suoi attacchi al fondamentalismo islamico – “creatore di una società che aborrisco” –, all’estremismo religioso in senso più ampio – “non mi piacciono le visioni medievali in cui Dio salva i suoi seguaci e condanna gli altri” – o alla Brexit – “dobbiamo aspettare che muoiano un milione e mezzo di anziani, poi torneremo a votare e vinceranno i ‘sì’ all’Europa”» (Franceschini). «L’identità non si può prendere come in un supermercato delle identità personali, come se fosse un numeretto da indossare. […] Chiamatemi all’antica, ma tendo a pensare che le persone in possesso di un pene siano uomini» • «Uso sempre un taccuino formato A4 di colore verde, le pagine devono essere rigate ma senza margini e scrivo soltanto con una penna nera. E lì lascio libertà alla mia mano. A me piacciono moltissimo i computer, però non c’è nulla di così libero come una mano e una penna: è come se il cervello pensasse direttamente sulla pagina, come se il cervello avesse una mano». «Io non credo nel blocco dello scrittore. Credo, invece, nell’esitazione dello scrittore. È molto importante prendere tempo: una buona idea deve sostenersi. Tante volte, qualcosa che ci sembra geniale di lunedì non suona più bene al mercoledì. Perciò, quando ti viene un’idea, alzati, passa la mano e stai fermo un turno». «Io penso che la forma suprema di letteratura sia il racconto. […] Se riuscissi a scrivere il racconto perfetto, potrei morire felice».