5 settembre 2018
Tags : Jean Raspail
Biografia di Jean Raspail
Jean Raspail, nato a Chemillé-sur-Dême (Francia) il 5 luglio 1925 (93 anni). Scrittore. Esploratore. «Entrare in contatto con altre civiltà è interessante. Ma preferirei che gli stranieri non europei, tranne eccezioni, restassero a casa loro» • «Suo padre […] era nel 1914 uno dei più giovani ufficiali della prestigiosa scuola militare di Saint-Cyr, il West Point di Francia. Quando la Prima guerra mondiale ha avuto avvio, si è ammalato, gli hanno rimosso un rene, è stato dichiarato inabile a combattere e non poteva andare in guerra. È stato nominato consigliere militare presso l’ambasciata francese a Berna, […] e, dopo il 1918, supervisore nella regione del fiume Saar per il controllo delle miniere. La famiglia ha vissuto a Sarrebruck fino al 1937, e nel 1935 è stato testimone dell’entrata degli “hitleriani” a Sarrebruck: gli squadroni di SA marciavano per le strade con in mano le torce. “Mio padre ha chiuso immediatamente le finestre, ed è così che ho capito che non era dalla loro parte”, si è ricordato. “Ma nemmeno dalla parte di De Gaulle. Egli era un soldato, e Pétain era il Maresciallo”. […] “Ero troppo giovane durante la guerra. Non me ne fregava niente. […] Non ho avuto simpatie per nessuno dei belligeranti. Così ho preso la mia bicicletta e ho percorso la Francia. Era una straordinaria sensazione di libertà”. […] Nella mente di Raspail, quelli che lui chiama belligeranti in Francia durante la Seconda guerra mondiale non sono i nazisti e l’amministrazione di Vichy da una parte e i résistants dall’altra, come lo sono per me. No: una volta che la Francia ha firmato l’armistizio, secondo lui, la Seconda guerra mondiale era una contesa tra tedeschi e americani. Ecco perché non aveva simpatie né per gli uni, né per gli altri. Ecco perché non ha mai nemmeno pensato di entrare nella Resistenza. Non aveva amici nella disputa. […] “Ho avuto un’istruzione molto solida nei Boy scout” […] – di cui è rimasto capo fino al suo ventiquattresimo compleanno. Il suo primo viaggio di esplorazione nel 1949, organizzato con gli scout, ha determinato la scelta delle sue due carriere, esploratore e scrittore: “Quando sono tornato, Le Figaro mi ha chiesto un reportage, e mi sono reso conto di essere in grado di scriverlo”. […] Ancora oggi è orgoglioso di avere come mentore per la letteratura Marcel Jouhandeau, un uomo che ha tentato di suicidarsi per il suo essere omosessuale e perché cercava di sedurre i suoi allievi, e che durante gli anni dell’Occupazione ha scritto una serie di articoli antisemiti per la stampa collaborazionista – che portano il titolo Péril juif (“Il pericolo ebraico”)» (Marc Weitzmann). «"Non si viaggia in tutto il mondo come ho fatto io, e non si scrive una buona dozzina di libri sulle più svariate popolazioni, portandosi addosso il marchio del pregiudizio razziale. Sarebbe una cosa idiota". […] Jean Raspail […] ci tiene, a ricordare che ha incominciato la sua carriera come esploratore. E di quelli tosti, visto che ha viaggiato in canoa da Québec a New Orleans e in automobile dalla Terra del Fuoco all’Alaska. E che ha guidato una spedizione francese alla scoperta delle terre degli Incas. Dunque, ha descritto quello che ha visto di persona. Ha documentato obbiettivamente, dati alla mano. Ma di questo non lo accusa nessuno. Tanto di cappello, anzi, al "testimone". E allo scrittore di rango che nel 1981 è stato insignito del prestigioso Grand Prix du Roman de l’Académie Française per il suo Moi, Antoine de Tounens, roi de Patagonie. Quello che non va giù agli sbandieratori del "politicamente corretto" è il profeta, il visionario, l’autore di un libro tradotto in decine di lingue e che ha venduto un milione di copie. […] Come è noto, il "libro maledetto" è intitolato Le camp des saints ed è stato pubblicato dall’editore Laffont nel 1973. […] Raspail ricorda di averlo cominciato a scrivere nel 1971. Si trovava sulla Costa Azzurra, a Boulouris, ospite della villa di un amico. Erano i giorni in cui i mass-media si occupavano della guerra indo-pakistana, dei massacri in Bangladesh, dei milioni di rifugiati in India. Ebbene, Raspail, come ha ricordato in più occasioni, volgendo gli occhi verso il mare, lasciò correre la fantasia. Gli si formarono nella mente le immagini di turbe di "boat-people", di centinaia di migliaia di paria tanto affamati quanto determinati, che dal cuore dell’India muovono all’assalto dell’Occidente. Senza che questo si riveli capace di contrastare l’invasione e il Nuovo Ordine. Ne vien fuori uno scenario allucinato, alla Orwell. […] Anche Raspail fa la sua proiezione nel futuro: […] la storia è ambientata nel 1997. Questa, in breve, la trama. A Calcutta, una folla di miserabili, guidata da un personaggio tanto carismatico quando sordido, detto il "coprofago", si impadronisce di una flotta fatiscente. Mèta l’Europa tutta, dopo un primo sbarco sulle coste meridionali della Francia. E il Vecchio Continente che fa? Non sa cosa decidere, appare perplesso, titubante, remissivo, minato da oscuri complessi di colpa e da una sorta di odio verso le proprie tradizioni civilizzatrici. E poi l’opinione pubblica è disorientata dalla martellante propaganda che celebra la società multirazziale, buona, bella, auspicabile o, comunque, inevitabile. Un’opera di condizionamento, che fa pensare a quella svolta dal Grande Fratello e che vede impegnati, nel nome dell’umanità e del progresso, non solo politici e intellettuali di sinistra, ma anche tanti uomini di Chiesa. Insomma, una corsa verso l’autodistruzione. E poco possono fare i gruppi dei "resistenti": la marcia trionfale del Nuovo Ordine Mondiale non può essere contrastata» (Mario Bernardi Guardi). «Il “campo dei santi” del titolo deriva da un versetto dell’Apocalisse: “Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d’assedio il campo dei santi e la città diletta”. Non un buon libro, in termini letterari; è ripetitivo e i personaggi sono stereotipati. Ma ha un grande pregio: aver per primo intuito l’arrivo in Europa di grandi masse di diseredati e il collasso della civiltà europea. Raspail viene prima di tutti gli altri pessimisti francesi: Alain Finkielkraut, Renaud Camus, Éric Zemmour, Michel Houellebecq… […] Perdere la propria anima innescando un massacro per salvare una civiltà o perdere questa stessa civiltà? La premessa del romanzo è l’invasione della Costa Azzurra da parte di un’orda proveniente dalle rive del Gange. […] Ma non è la massa rannicchiata di indiani al centro dell’attenzione di Raspail, quanto le varie risposte dei francesi e degli altri membri privilegiati del “campo dei santi”. Lo scrittore è particolarmente efficace nel catturare le banalità di annunci ufficiali, le voci della gente comune, il tono delle dichiarazioni dei vescovi. Lo schieramento immaginato da Raspail è chiaro: da una parte, l’umanitarismo trendy; dall’altra, un po’ meno credibili, i rappresentanti della civiltà bianca occidentale: ufficiali cinici e spietati, il professore di letteratura, un indiano “bianco” e così via. Gli europei da anni non fanno più figli, sono vecchi, stremati. La fiumana di gente scura di pelle e pigiata vince, prende il controllo della Francia e di fatto abolisce i bianchi, già declinante minoranza in tutto l’Occidente. […] Il libro è costellato di riferimenti a Carlo Martello, alla caduta di Costantinopoli, a Giovanni d’Austria, a Kitchener a Omdurman, per rafforzare l’idea che ciò che sta accadendo è parte di un Kulturkampf millenario. Chi accolse con maggiore nervosismo il libro di Raspail furono gli intellettuali della Sorbona. Ma ci sono tutti nel romanzo di Raspail: la collezione di ecclesiastici che perora per la tolleranza; gli intellettuali e le star dei media che pensano che questo sia un grande evento; gli hippie, i radicali della controcultura. Il Papa eletto è brasiliano, sul modello di Hélder Câmara. In uno degli eventi più drammatici, alla fine del libro, il leader dei radicali francesi è ritratto mentre corre per accogliere la folla di migranti per ritrovarsi “travolto a sua volta, portato via dall’orda”. […] Secondo Raspail, altre orde stanno affrettandosi verso di noi dal Terzo mondo e tutte le forze tradizionali dell’ordine e della razionalità, guidate da gente troppo buona, stanno commettendo un deliberato suicidio culturale. L’epilogo del libro, con la popolazione francese in fuga dalle regioni meridionali e unità dell’esercito che disertano in massa, è particolarmente drammatico. Come ha ben detto il mensile The Atlantic, quello di Raspail è “uno dei romanzi più scomodi di questo scorcio di secolo”. […] Alla fine del 1985 l’intellettuale francese offese di nuovo, unendo le forze con il demografo Gérard Dumont nello scrivere un articolo sul Figaro Magazine, in cui sosteneva che la componente immigrata non europea in rapida crescita […] avrebbe messo in pericolo la sopravvivenza della cultura francese, i suoi valori, la sua identità. L’articolo Raspail-Dumont fu imbarazzante per il governo socialista. Non meno di tre ministri di quell’esecutivo, compreso il primo ministro Laurent Fabius, attaccarono i due autori definendo il loro scritto “propaganda razzista”. Raspail torna a far discutere nel 2004 con un lungo articolo, scritto per il Figaro, che gli è costato una denuncia della Lega contro il razzismo e l’antisemitismo. Lo scrittore vi sosteneva che “l’Europa cammina verso la morte. […] Il silenzio quasi sepolcrale dei mezzi di comunicazione, dei governi e delle istituzioni comunitarie sul crollo demografico dell’Europa dei 15 è uno dei fenomeni più importanti della nostra epoca”. E ancora: “Quando c’è una nascita nella mia famiglia o fra i miei amici, non posso non guardare a questo senza pensare a quello che lo aspetta”» (Giulio Meotti) • «Il campo dei santi uscì nel 1973 ma sta riscuotendo in questi mesi nuova fortuna. Marine Le Pen lo ha addirittura consigliato in una trasmissione tv. In Italia le Edizioni di Ar lo hanno rieditato con grande successo. Bannon lo ha citato come manifesto identitario in un convegno della fondazione del cardinale Burke, ovviamente anti-bergogliana. Chissà se c’è nella libreria di Salvini» (Flavia Perina). Sarebbe stato proprio Il campo dei santi di Raspail a ispirare all’ex capo stratega della Casa Bianca dei primi mesi della presidenza Trump, Steve Bannon, «la sua visione del mondo, e quindi idee come il muro col Messico o il divieto di ingresso ai musulmani» (Stefano Montefiori). «Se fosse confermato, come sembra, che nell’entourage trumpista si legge Raspail, la cosa non sarebbe comunque del tutto inedita. Il conte Alexandre de Marenches regalò già il libro a Ronald Reagan, che ne fu impressionato. Anche François Mitterrand e il suo ex ministro Jean-Pierre Chevènement lo avrebbero letto. Il perché di tanto successo è chiaro, e risiede nella domanda che a suo tempo fu posta da Jean Cau: “E se Raspail, con Il campo dei santi, non fosse né un profeta né un romanziere visionario, ma semplicemente un implacabile storico del nostro futuro?”» (Adriano Scianca) • «“Don Chisciotte di una monarchia senza corona, paladino delle cause perse, cavaliere senza tempo dei popoli dimenticati o sacrificati, Jean Raspail è il nostro ultimo Chouan”. Così […] il settimanale Valeurs Actuelles definiva Jean Raspail, usando quella parola, i “chouan”, i baciapile, i nemici della Rivoluzione, i servi dei nobili, i cattolici, un grande pezzo di Francia che aveva osato levarsi contro la volonté générale. E infatti Raspail non esita a rendere omaggio in Place de la Concorde, il luogo simbolo della Rivoluzione, a Luigi XVI e a deporre un fiore sul luogo in cui, nello stesso giorno di duecento anni fa, il re lasciò la testa sul patibolo. “Solo contro tutti, Raspail è fedele alle virtù antiquate: la lealtà, l’onore, la tradizione, il sacrificio, l’altruismo, la fede nel miracolo…”. È questo Raspail per tanti francesi: il profeta. Per tanti altri, invece, è un intellettuale razzista e scomodo» (Meotti) • Monarchico, ha espresso apprezzamento per Charles De Gaulle e Nicolas Sarkozy • Sposato, due figli • «Nel mio romanzo descrivo un cataclisma epocale che si produce in 24 ore, ma penso che le ondate migratorie che conosciamo ormai da decenni raggiungeranno, lentamente, lo stesso effetto. Nel 2050 nelle città francesi gli europei saranno meno del 50% della popolazione. A quel punto la mia profezia si sarà avverata. È una questione di demografia». «Voi potete pensare che un mondo senza frontiere, dove i nuovi arrivati prendono il posto di chi abita quei luoghi da secoli, sia giusto e interessante. È il vostro parere: lo posso anche capire, e lo rispetto. Ma, sapete, a me non piace».