5 settembre 2018
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Biografia di Donato Bilancia
Donato Bilancia, nato a Potenza il 10 luglio 1951 (67 anni). Criminale. Assassino seriale, condannato in via definitiva a 13 ergastoli e 16 anni di reclusione in quanto colpevole di 17 omicidi e un tentato omicidio, tutti compiuti tra il 16 ottobre 1997 e il 21 aprile 1998, tra la Liguria e il basso Piemonte. «Uscivo di casa e decidevo di ammazzare, come avrei potuto decidere d’andare al ristorante» • Secondo figlio di un impiegato dell’Inam e di una casalinga. «Bilancia nasce a Potenza e cresce a Genova in una famiglia che lui stesso giudica disgraziata. Ai litigi violenti fra il padre e la madre, risponde con l’enuresi. Ogni notte se la fa addosso e ogni mattina guarda sua madre esporre sul davanzale il materasso macchiato, forse per punirlo. D’estate torna al Sud dai parenti, dove il padre mostra il suo corpo ignudo agli sguardi delle tre cugine, “le mummie”, così le chiama lui, per mostrare il suo difetto: un pene piccolo piccolo. “In quel momento mi attorcigliavo su me stesso, cadendo in ginocchio morto per la vergogna”. È allora che, adolescente, inizia un dialogo tormentato con il suo organo sessuale. Si mette del cotone nella patta dei pantaloni e assilla tutte le sue fidanzatine per verificare la capacità delle sue prestazioni. Cerca il padre, prova a interrogarlo sui suoi dubbi genitali, ma trova solo pregiudizi, botte e silenzi. Ha quattordici anni quando decide di cambiare il suo nome per evitare che i suoi compagni di classe continuino a deriderlo. Così per tutti diventa Walter. Ripete tre volte la terza media e inizia a lavorare. Meccanico, barista, fornaio e ladro. Le Alfa Romeo Giulia Super sono la sua passione. Le ruba per il piacere di far slittare le gomme sull’asfalto e poi rivendersi le autoradio. Viene arrestato, rilasciato, picchiato dal padre, arrestato nuovamente. […] Dopo il militare scopre il suo amore per il gioco d’azzardo. In una bisca clandestina nei vicoli di Genova impara a giocare a dadi. Gioca, perde e ruba. Ruba, gioca e perde. […] Alla fine degli anni ’70 […] è ancora un maldestro topo d’appartamento. Entra ed esce dal carcere finché impara ad affinare la sua arte e si mette in proprio. Negli anni ’80, Walter conosce il suo maestro. Al Casinò di Venezia incontra un altro giocatore sconfitto. Vanno a cena. Diventano amici. Scoprono di essere entrambi ladri. Bilancia gli chiede consigli tecnici. Parlano di serrature tedesche, le più difficili da aprire. Due volte alla settimana Walter si reca in pellegrinaggio dal suo maestro, che vive in una villa maestosa nel Veneto. Lì impara come ottenere passaporto, patente e carta d’identità falsi, ma d’autore. Dove trovare i migliori arnesi tecnologici e come scoprire le combinazioni più complicate. Inizia a viaggiare. Francia, Germania, Polonia, ex Jugoslavia, Santo Domingo. Non ha mai letto un libro, ma diventa poliglotta. Le serrature scivolano nelle sue mani come gioielli preziosi. […] Pianifica i suoi interventi con la minuziosità di un ingegnere. È zelante e preciso. Non sbaglia un colpo. […] Entra nelle ville in pieno giorno, vestito elegantemente, ne esce un’ora dopo, trascinandosi dietro diverse valigie con la massima disinvoltura. Torna a casa, e a ogni colpo riuscito lancia un urlo. Un rito che compie in solitudine, come tutto, del resto. Conduce una vita da benestante. Compra casa in un quartiere residenziale con piscina, campo da tennis e terrazza vista mare. Si costruisce un parterre di donne avventuriere, che però si dileguano dopo il primo rapporto, spesso deludente, e a conti milionari pagati. […] Walter sopporta tutto, tranne la solitudine: la considera atroce. […] Nelle bische clandestine e nei casinò è sempre benvenuto perché lascia grosse somme: milioni alla volta, punta alto e perde moltissimo. […] Nel 1987 suo fratello si butta sotto un treno con il figlio piccolo in braccio. Il nipote prediletto, l’unica persona al mondo capace di dargli un po’ di sollievo. […] Il suo equilibrio si spezza nel 1997. È ancora un uomo affascinante, che vive alla grande. […] Una sera il suo amico Maurizio lo porta nella bisca dove lavora come buttafuori, e lo accompagna al tavolo dei dadi. È una trappola. Quattro giorni dopo ha già perso 500 milioni di lire» (Cristina Giudici). «Il raggiro emerge poche sere dopo, quando, in bagno, sente Maurizio dire a Giorgio Centenaro, il proprietario della casa da gioco: “Hai visto in che modo sono riuscito ad agganciarlo e a portarlo qui da noi?”. Per Bilancia è un colpo durissimo. Torna a casa e passa la notte a piangere, si sente “il più scemo del mondo”. […] Maurizio Parenti è stato l’amico più fidato, quello su cui non ha mai avuto dubbi, quello da cui non si sarebbe mai aspettato di essere pugnalato alle spalle. Almeno fino alla sera in cui capisce d’essere stato usato di nuovo. […] Per la prima volta nella sua vita, Bilancia sente il bisogno di reagire» (Giuseppe Pastore). «Il primo a cadere è proprio Giorgio Centenaro, il 16 ottobre di quell’anno. Bilancia lo aspetta sotto casa sua alle prime luci dell’alba e lo invita a “fare una partitina”. […] Trascinato nell’appartamento e legato con del nastro adesivo, l’uomo viene soffocato lentamente e ucciso senza pietà né rimorso. Passa solo qualche giorno, e il 24 ottobre è la volta del finto amico Maurizio Parenti, freddato a colpi di pistola nel suo appartamento assieme alla moglie Carla Scotto; Bilancia si impossessa anche di una decina di milioni di lire e di alcuni oggetti di valore trovati nella cassaforte di casa. Esaurita la vendetta “diretta”, Bilancia riprende la sua attività di balordo e rapinatore. […] Passano così solo altri tre giorni, ed è il turno, sempre a Genova, dell’orefice Bruno Armando Solari e di sua moglie, Maria Luigia Pitto, uccisi in casa e rapinati probabilmente (ma non è mai stato chiarito) perché la coppia si era rifiutata di acquistare i gioielli rubati durante l’omicidio di Parenti. Quindici giorni ancora, e a cadere sotto i colpi della pistola di Bilancia (una calibro 38 con proiettili scamiciati) è il cambiavalute Luciano Marro, rapinato di 45 milioni in contanti; il teatro dell’omicidio stavolta è Ventimiglia. […] Il movente non è più solo la vendetta e il bisogno di soldi: è l’omicidio stesso a diventare un fine. […] La prima vittima del nuovo anno, il 25 gennaio, è il metronotte Giangiorgio Canu, “giustiziato” e rapinato del portafogli nell’ascensore del caseggiato genovese dove sta compiendo il giro di ronda. Tempo dopo, confessando quel delitto, Bilancia dirà che si trovava a casa quando venne assalito da una voglia omicida irrefrenabile: uscendo, aveva incontrato Canu, lo aveva seguito e ammazzato su due piedi. Il movente sessuale comparirà il 9 marzo: […] a Cogoleto, di ritorno da una visita al padre, Bilancia carica in macchina una prostituta albanese, Stela Truya: la porta in riva al mare per un rapporto sessuale, poi le spara alla testa. Quasi la stessa modalità solo una settimana più tardi, il 18 marzo 1998, con la giovane ucraina Ljudmila Zuskova, anch’essa prostituta, ad Albenga: dopo un rapporto orale la fa scendere dall’auto e la uccide con un colpo alla nuca. Qualche giorno dopo è di nuovo a Ventimiglia, da un altro cambiavalute, Enzo Gorni, ucciso anch’egli a colpi di pistola; qui non manca un bottino arraffato in lire e franchi francesi, subito messi in circolo nel vicino casinò di Sanremo. Il teatro dell’orrore il 24 dello stesso mese si sposta a Novi Ligure: forzato il cancello di una villa, Bilancia entra in macchina nel giardino interno e qui si apparta con un transessuale, Jorge “Lorena” Castro, ma la manovra viene notata da due metronotte, Candido Randò e Massimiliano Gualillo, che affiancano l’auto e chiedono spiegazioni. Dopo una breve discussione Bilancia spara a entrambi, finendoli poi freddamente con un colpo di grazia. Il viado scappa, viene raggiunto, ingaggia una colluttazione e viene colpito tre volte, ma non muore: dalla sua testimonianza scaturirà il primo identikit del killer. […] Cinque giorni dopo, ancora a Cogoleto, a cadere sotto i colpi dell’assassino è una prostituta nigeriana, Evelyn Tessy Edoghave. Bisogna aspettare fino al 12 aprile, quando un ulteriore salto di qualità nelle modalità omicide del killer getta nel panico tutto il Paese. Accade sulla linea ferroviaria La Spezia-Venezia: individuata una donna sola, la milanese Elisabetta Zoppetti, l’assassino attende che la giovane infermiera si rechi in bagno, poi apre la porta con un passepartout, la immobilizza, le mette la giacca sulla testa e la uccide con un colpo secco in fronte, poi scende a Voghera e aspetta un treno per tornare tranquillamente a Genova. […] Due giorni dopo è a Pietra Ligure, pronto a “giustiziare” un’altra prostituta, stavolta albanese, Kristina Kwalla, perseguendo una sorta di “catalogo” multietnico di donne di vita da annientare: una sua precisa intenzione, confessata agli increduli inquirenti poco dopo la cattura. Siamo quasi alla fine, ma c’è ancora tempo per un paio di altri omicidi. Il primo sul treno della linea Genova-Ventimiglia: è il 18 aprile, vittima la trentaduenne cameriera Maria Angela Rubino, anche lei raggiunta in bagno e uccisa con l’ormai classico colpo di pistola alla testa, coperta dalla giacca. Nell’occasione, una novità assoluta: Donato Bilancia si masturba vicino al cadavere, traccia che si rivelerà utilissima per arrivare alla sua identità. […] L’ultima puntata di sangue, il 21 aprile 1998, ha come teatro l’area di servizio di Arma di Taggia lungo l’Autofiori, in direzione Genova. Al gestore, Giuseppe Mileto, Bilancia chiede di poter portare il giorno successivo i soldi del pieno, ma il benzinaio si mostra irremovibile. […] Diciassettesima esecuzione. […] La svolta arriva nella maniera più semplice e incredibile. Avviene che Pino Monello, il titolare della Mercedes scura venduta tempo prima a Walter senza che poi se ne formalizzasse il cambio di proprietà, a cui erano state contestate numerose multe dai posti più disparati della Liguria, nota la concomitanza fra le contravvenzioni stesse e i luoghi teatro degli omicidi seriali. Circostanze tanto coincidenti da meritare di essere raccontate agli inquirenti. Ai carabinieri così allertati basta uno sguardo per capire che l’identikit corrisponde, e coincide anche il Dna – prelevato in maniera rocambolesca da una cicca di sigaretta buttata a terra dall’assassino e da una tazzina di caffè recuperata dopo un pedinamento in un bar. Donato Bilancia viene arrestato alle 11 del 6 maggio 1998, e qualche giorno dopo confessa al pm Enrico Zucca 17 omicidi, […] sostenendo di aver agito da solo e di propria iniziativa. Racconta tutto con precisione e dovizia di particolari» (Tiziano Marelli). Ritenuto dai periti incaricati dalla Corte «pienamente capace di intendere e di volere» al momento dei delitti, Bilancia fu condannato in tutti e tre i gradi di giudizio a 13 ergastoli e 16 anni di reclusione, vedendosi poi respingere sia la richiesta di revisione del processo sia quella di riformulazione del giudizio secondo il rito abbreviato. Diplomatosi in carcere in ragioneria e quindi iscrittosi al corso di laurea in Progettazione e gestione del turismo culturale, nell’autunno del 2017 ha ottenuto per la prima volta il permesso di uscire per qualche ora dal carcere, scortato, per visitare la tomba dei genitori a Nizza Monferrato: l’evento destò grande clamore. «Potrà uscire dal carcere? “Non ritengo proprio – spiega Alessandro Vaccaro, presidente dell’ordine degli avvocati di Genova – che possa essere un evento imminente. Ha 13 ergastoli, manca il risarcimento, manca il perdono dei cari delle vittime, manca, da quel che si è sempre capito, un pentimento vero per quello che ha fatto”» (Marco Menduni) • Da ragazzo era vicino di casa di Beppe Grillo, nel quartiere genovese di San Fruttuoso. «La mia mamma mi diceva: “Beppe, se fai tardi, fatti accompagnare da Donatino, ché sto più tranquilla”» (Grillo) • In seguito a gravi incidenti automobilistici, finì per due volte in coma per alcuni giorni, nel 1972 e nel 1990 • I suoi delitti ispirarono la miniserie televisiva Ultima pallottola di Michele Soavi (Canale 5, 2003) • Celibe. «Dall’isolamento in una cella della prigione di Padova nell’aprile 2001 scrive una lettera al settimanale Cronaca Vera offrendo 500 mila lire al mese a qualsiasi donna che abbia voglia di andare a trovarlo una volta al mese: “Poi non si sa mai, potrei diventare anche molto più generoso”» (Edoardo Montolli) • «Donato Bilancia colpisce seguendo modus operandi diversi, con vittime e motivazioni del tutto differenti. Uccide spinto dall’odio, dal desiderio di vendetta, dalla perversione sessuale e dal desiderio onnipotente di dominare. Con lui i profiler dell’Fbi non sarebbero mai arrivati a niente» (Massimo Picozzi) • «Penso che se dovessi uscire rifarei quello che ho fatto. Non so come, non so perché, ma penso che lo rifarei» (a Ilaria Cavo).