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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Bill Cosby

Bill Cosby (William Henry Cosby Jr.), nato a Filadelfia (Pennsylvania, Stati Uniti) il 12 luglio 1937 (81 anni). Attore. Comico. Cantante • «Le sue biografie non piangono sulle origini. Eppure Bill è figlio del ghetto nero di Filadelfia, e […] ha vissuto sulla pelle tutto il dramma degli uomini della sua razza, in più la miseria ed un padre alcolista che un bel giorno si rifugiò in marina per sottrarsi alle sue responsabilità» (Vittorio Franchini). «L’estro da contafiabe gliel’ha istillato sua madre Anna. Che ogni sera, in un povero caseggiato popolare a Filadelfia, legge la Bibbia e Mark Twain ai suoi tre figli. Il padre, cuoco su una nave, non c’è quasi mai. “Mamma lavorava 12 ore come domestica, a 7 dollari al giorno”. Per aiutarla il piccolo Bill fa il lustrascarpe e il garzone. Intanto si tuffa nello studio e viene assegnato a una classe per bambini “superdotati”. Ma alle superiori diventa leader delle squadre di basket e football e abbandona i libri per lo sport. In seconda liceo lo bocciano; lui lascia gli studi e si arruola nella marina» (Alessandra Farkas). «Aveva diciotto anni quando decise di andare a cercare fortuna a New York. Trovò un ingaggio in un locale del Village, dove, probabilmente, lo avevano preso più per la sua prestanza fisica che per le sue doti di attore. In qualche occasione lo usarono, infatti, anche come buttafuori. “Del resto – racconta Cosby – sono sempre stato un buon atleta. Ho potuto studiare proprio per le mie buone gambe, e durante una occasione sportiva ho capito la mia vocazione di comico”» (Franchini). «Stavamo correndo la staffetta quattro per quattrocento: ero l’ultimo dei quattro e potevamo vincere»: ma il terzo corridore della sua squadra, esausto, nel consegnargli il testimone finì accidentalmente per scagliarlo in aria, e dovette quindi andare a recuperarlo, mentre gli avversari si avvantaggiavano del loro ritardo. Quando finalmente Cosby ricevette il testimone dal suo compagno di squadra, glielo batté scherzosamente in testa: «Il pubblico scoppiò in una risata. La mia carriera era cominciata». «Ma i primi ingaggi non bastavano a mettere insieme due pasti al giorno. Così si unì a un gruppo di jazz per raggranellare qualche altro dollaro. Era un buon batterista» (Franchini). Diplomatosi frattanto per corrispondenza, «nel 1961 riesce a vincere una borsa di studio presso la Temple University. Mentre studia all’università si mantiene facendo il barista in un bar di Philadelphia, dove con le sue battute e il suo pungente senso dell’umorismo continua a far ridere i clienti come gli succede sempre con i compagni di università. Incoraggiato, Bill decide di provare a guadagnare qualche soldo come comico. I suoi numeri di stand up comedy hanno un grande successo e lo portano dalla piazza di Philadelphia fino a New York, Chicago e Las Vegas. Nel 1963 appare per la prima volta in tv nel Tonight Show sulla rete nazionale Nbc. Da questo momento il successo del giovane attore non fa che crescere, e il produttore Carl Reiner, che ne apprezza le doti tecniche, decide di prenderlo come co-protagonista per la serie thriller Le spie, che viene trasmessa fra il 1965 e il 1968. Cosby è così il primo afroamericano ad apparire in una serie importante come protagonista, e vince tre Emmy consecutivi per le sue performance televisive. […] Negli anni Settanta, oltre a moltiplicare le sue apparizioni nei teatri come stand up, Bill Cosby si impegna molto in televisione, dove scrive e produce il cartone animato educativo Albert il grassone, una serie considerata di culto negli Usa che durerà fino al 1979. Insieme ad alcuni attori afroamericani come Sidney Poitier, si impegna a recitare in commedie che diano un’immagine positiva dei neri americani come Uptown Saturday Night (1974) e Let’s Do It Again (1975). Nel 1976 gira Codice 3: emergenza assoluta al fianco di Harvey Keitel e Raquel Welch. Nonostante tutte queste attività, l’attore trova anche il tempo di riprendere gli studi e laurearsi in Pedagogia presso l’Università del Massachusetts, discutendo una tesi sul valore educativo del cartone animato da lui prodotto. La svolta nella carriera di Bill Cosby risale però al 1984, quando comincia a recitare nella sit-com I Robinson [negli Stati Uniti la serie s’intitolava The Cosby Show, e il cognome della famiglia protagonista era Huxtable, ritenuto cacofonico in Italia e quindi mutato in “Robinson” – ndr]» (Massimiliano Ponzi). «Il 20 settembre 1984 debuttano gli Huxtable: papà Cliff, ginecologo di successo e capofamiglia paternalista e didattico, mamma Clair, avvocato, e i loro cinque figli, d’età compresa tra gli 8 e i 19 anni. Un cast tutto di colore di eroi ricchi e istruiti che parlano l’inglese scolastico e vanno fieri della loro identità culturale afro-americana. Le “guest star” dello show si chiamano Dizzy Gillespie, Stevie Wonder, Lena Horne, Quincy Jones. Quando crescono, i ragazzi s’iscrivono alle università “nere”: le loro stanze da letto sono tappezzate di eroi di colore, e nel battezzare i loro eredi scelgono nomi come Nelson e Winnie, in onore dei Mandela. È a dir poco una rivoluzione. Ma fa centro. L’America, bianca e nera, se ne innamora all’istante perché il vero collante dello show, oltre alla comicità, sono i più tradizionali valori della famiglia: unità, armonia e orgoglio del focolare domestico. A contribuire al tracollo del Cosby Show (e al suo slittamento dal primo al 17° posto nelle classifiche) è, non a caso, il cartone animato Simpsons, che ha fatto fortuna distruggendo proprio i valori della famiglia tradizionale» (Farkas). «La serie, come è chiaro fin dalla sigla, era concepita per valorizzare le doti comiche di Bill Cosby, il quale godeva di un potere decisionale davvero insolito. Nel ’76 aveva conseguito una laurea in Pedagogia e conservava alcune velleità didattiche: nelle sue intenzioni lo show doveva essere divertente e contemporaneamente istruttivo, “una risposta all’aumento di violenza e volgarità nei programmi televisivi”. Di qui le battaglie ideologiche portate avanti nel programma, come la parità di genere, di cui si fa portavoce soprattutto la madre Clair, e l’alta dose di perbenismo conservatore, che emerge con particolare perspicuità nei drammi familiari scatenati da un taglio di capelli stravagante, da un buco all’orecchio, o da una precoce passione per il make-up. […] Esattamente come in tanti show coevi, quello descritto era un mondo ovattato, refrattario ai problemi complessi (nonostante gli scopi pedagogici), sostanzialmente circoscritto al salotto, entro le cui mura i problemi sono a misura di casa, e quelli troppo grandi, ad esempio una gravidanza precoce, non hanno diritto di cittadinanza, ma sono al più riferiti a personaggi occasionali, legati solo di sfuggita alla famiglia. […] Lo show registra in tutto otto stagioni e termina nel 1992 con un totale di 201 episodi» (Laura Antonella Carli). Al culmine del successo, tra fine anni Ottanta e inizio anni Novanta, Bill Cosby risultò a lungo il personaggio più pagato del mondo dello spettacolo statunitense, con introiti annui superiori ai cento milioni di dollari: tra il 1992 e il 1993 provò persino ad acquistare la Nbc, il cui valore era stimato in circa 4 miliardi di dollari, senza tuttavia riuscirci. «Rispolverata la laurea in Pedagogia, Bill si è messo a fare altre cose. Ha insegnato, ha proposto battaglie a favore dei fratelli di colore, ha raccolto capitali per i Black Colleges, ovvero le università per le minoranze americane. E per i ragazzi ha realizzato il Children’s Theatre, e contro il razzismo Prejudice, programmi che hanno avuto un sacco di premi. Contemporaneamente si è scoperto scrittore: Fatherhood (“Paternità”) e Time Flies (“Il tempo vola”), i suoi due primi libri, sono diventati subito dei bestseller da milioni di copie» (Franchini). «È sempre uno dei primi a darsi da fare nelle azioni filantropiche (nel 1989 ha donato 20 milioni di dollari allo Spelman College ad Atlanta), ed è generosissimo nei confronti dei giovani colleghi e colleghe che appaiono nel suo show o con i giovani registi in genere: nel 1991 aiutò Spike Lee a terminare le riprese di Malcolm X con un cospicuo intervento finanziario personale» (Silvia Bizio). «Negli anni Novanta, Cosby rallenta la sua attività, apparendo in qualche film senza molto successo. Fra questi bisogna citare almeno Jack (1996) di Francis Ford Coppola, dove duetta con uno scatenato Robin Williams. […] Dal 1996 al 2000 recita nella serie tv I Cosby, mentre nel 2004 è impegnato nel film Il mio grosso grasso amico Albert. […] Ha continuato fino ad oggi ad operare dietro le quinte come produttore televisivo, specialmente per serie di cartoni animati» (Ponzi). L’immagine pubblica di Cosby cominciò a offuscarsi nel 1997, quando una donna, tentando di ricattarlo, dichiarò di essere stata la sua amante negli anni Settanta (quando l’attore era da tempo sposato) e di aver avuto da lui una figlia: madre e figlia furono perseguite legalmente per tentata estorsione, ma Cosby, pur negando di essere il padre della ragazza, dovette ammettere pubblicamente la relazione adulterina, e anche di aver pagato a lungo la donna per il suo silenzio. La situazione cominciò però a farsi critica tra il 2004 e il 2006, quando cinque donne (tra cui l’ex amante che l’aveva ricattato), una dopo l’altra, lo accusarono di averle drogate e molestate o stuprate, alcune in tempi recenti altre nei decenni precedenti. Tali accuse, però, non corroborate da prove sufficienti, passarono sostanzialmente sotto silenzio per diversi anni, fino a quando, nell’autunno 2014, furono polemicamente rilanciate durante uno spettacolo dal comico e attivista Hannibal Buress, il quale, cogliendo l’incredulità con cui il pubblico aveva reagito alle sue parole, esortò tutti a cercare su internet maggiori informazioni al riguardo: s’innescò così un passaparola che diede rapidamente notorietà mondiale al caso Cosby, inducendo molte altre donne (complessivamente una sessantina) a denunciare di essere state drogate e abusate dall’attore in un arco di tempo compreso tra il 1965 e il 2008. Bandito da tutte le televisioni statunitensi e ostracizzato da quasi tutti i colleghi, nel dicembre 2015 Cosby fu rinviato a giudizio per tre casi di aggressione sessuale aggravata risalenti al 2004, e il 26 aprile 2018 è stato riconosciuto colpevole in relazione a tutti e tre i casi, per ciascuno dei quali rischia pertanto una condanna a dieci anni di reclusione. I legali dell’attore hanno espresso l’intenzione di ricorrere in appello • Sposato dal 1964 con Camille Hanks, rimastagli al fianco anche nelle traversie giudiziarie. Dal matrimonio sono nati cinque figli, due dei quali sono già morti: nel gennaio 1997, a soli 27 anni, l’unico maschio, Ennis, ucciso in un tentativo di rapina da un balordo ucraino di diciott’anni (poi condannato all’ergastolo); nel febbraio 2018, a 44 anni, la figlia Ensa, stroncata da una nefropatia • Numerosi dischi all’attivo, tra le registrazioni dei suoi storici pezzi di cabaret e le incisioni della sua produzione jazz, in qualità sia di percussionista sia di compositore • Da sempre strenuo sostenitore della scolarizzazione, nel 2004 pronunciò un discorso che destò grande sensazione nella comunità afroamericana: «È tempo che noi neri smettiamo di fare le vittime. Se i nostri figli preferiscono restare asini, bere, mettere incinte ragazzine di 12 anni, menare le mogli e rapinare, la colpa non è dell’uomo bianco: la colpa è nostra. Se preferiamo lasciare che i nostri figli abbandonino le scuole, che parlino lo slang del ghetto che neppure io riesco a capire, che spendano soldi per le scarpette anziché per libri, poi non possiamo rimproverare agli altri se finiscono in galera a 18 anni o passano la vita a friggere hamburger per il minimo di stipendio» • «Non conosco la chiave del successo, ma conosco la chiave dell’insuccesso, che consiste nel cercare di non scontentare mai nessuno».