5 settembre 2018
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Biografia di Virginia Raggi
Virginia Raggi, nata a Roma il 18 luglio 1978 (40 anni). Politico. Sindaco di Roma (dal 22 giugno 2016). Già consigliere comunale di Roma (2013-2016) • «Nata nel quartiere Appio Latino, che guarda verso San Giovanni in Laterano, liceo scientifico al Newton, poi Giurisprudenza a Roma Tre con laurea sul diritto d’autore. Descritta dalle amiche (poche e poco cordiali) come “pignola, secchiona, con alta opinione di sé” tale da sfiorare, talvolta, “punte estreme di vanità”» (Elena G. Polidori). «Figlia di genitori “illuminati” per averla iscritta a un’organizzazione internazionale che organizza viaggi per bambini finalizzati “a promuovere la pace nel mondo”, […] è stata in passato anche una baby sitter, cameriera e volontaria in alcuni canili» (Claudia Daconto). «In comune con molti coetanei diventati grandi tra gli anni Novanta e i Duemila la Raggi ha il disinteresse per la politica. Un individuo casuale, l’avrebbe definita il sociologo Achille Ardigò, senza appartenenze ideologiche, concentrata su di sé e sul lavoro, flessibile come tanti della sua età. “Da studente non ho mai partecipato alle manifestazioni”, racconta. “Ho votato nel corso degli anni l’Ulivo, quelle cose lì, forse il Pd è più recente, non ricordo bene. Ero di sinistra, in famiglia sono cresciuta con un ideale che non ho visto rispettato, sono stata delusa”. L’impegno va in altre direzioni: le associazioni ambientaliste di quartiere, come “Il Pineto”, e i Gas, sigla che sta per Gruppi di acquisto solidali, le associazioni che comprano generi alimentari direttamente dal produttore e li vendono a prezzo pieno al consumatore: cibo biologico, le arance di Rosarno. […] Gli incontri che le cambiano la vita sono due. Il primo è l’avvocato Pieremilio Sammarco, titolare dello studio in cui lavora la Raggi, in via Muzio Clementi, quartiere Prati. Una famiglia importante: il padre Carlo, presidente della Corte d’appello di Roma, era il candidato di Giulio Andreotti alla presidenza della Consob. Il fratello Alessandro è stato a lungo avvocato di Cesare Previti. Nello studio di via Cicerone in cui si sfornavano le leggi ad personam per il Cavaliere, lo stesso in cui la Raggi ha fatto pratica legale nel 2003. “All’inizio volevo seguire la carriera accademica, poi ho fatto due colloqui, dopo essermi rotta una gamba. Pieremilio, che avevo conosciuto all’università, mi chiese se volevo lavorare con lui; all’epoca si appoggiava lì, da Previti. C’erano quindici avvocati e due o tre praticanti, facevamo le file e le copie degli atti. Previti lo incontravo in corridoio. Sapevo dei suoi processi, ne parlavo con gli amici, ma facevo il mio lavoro”. L’imbarazzante vicinanza con l’avvocato berlusconiano condannato per corruzione in atti giudiziari è stata omessa nel curriculum della Raggi, lei sfodera gli artigli: “Per accusare me hanno attaccato un’intera categoria, gli avvocati, e poi i ragazzi normali che dopo la laurea cercano uno studio in cui fare pratica”. Il secondo incontro, decisivo, è con il marito Andrea Severini, responsabile dei tecnici di Radio dimensione suono, patito della bicicletta. Con lui ha un bambino e vive nella borgata Ottavia, sulla Trionfale. La fiammata per la politica nasce per caso, quando il comitato di quartiere di cui Virginia fa parte incontra il presidente del municipio per parlare di un bus navetta da collegare con la stazione più vicina della metro. “Chi vi manda? Chi rappresentate politicamente?”, chiede il presidente Alfredo Milioni. […] In quell’anno con Andrea e un amico Virginia si avvicina al Movimento. Il primo tavolino lo compra lei in un supermercato, ora lo tiene in casa tutto rattoppato, come un cimelio. Nel 2013 la coppia si candida alle Comunali: Severini, il più militante, raccoglie appena 132 voti. La Raggi, invece, conquista 1.525 preferenze, seconda degli eletti» (Marco Damilano). «Apparentemente calma, gentile, brillante. Di fatto la più rigorosa, inflessibile, ortodossa. Tre anni in Campidoglio non l’hanno cambiata di una virgola. Attivista era. Attivista è rimasta. Pura e dura. Studi legali, avvocato, mamma, ma soprattutto grillina al cento per cento. Mai una osservazione fuori linea, un post fuori luogo. Dei quattro consiglieri Cinque stelle che siedono in alto a destra nell’aula Giulio Cesare, appena sopra la testa di Alfio Marchini, lei è sempre stata la più identitaria. Punto di riferimento da quando è in politica è Alessandro Di Battista, il romano del Direttorio, il più ascoltato dai guru. Il suo mentore, dicono» (Claudio Marincola). Altro suo grande sostenitore divenne poi Gianroberto Casaleggio, dopo essere rimasto favorevolmente impressionato dalle sue apparizioni televisive. «Il plebiscito mediatico arriva dopo l’intervista dei quattro consiglieri comunali pentastellati a In mezz’ora, il talk di Lucia Annunziata su Rai Tre. Marcello De Vito, Daniele Frongia, Enrico Stefano e Virginia Raggi se la sono cavata bene. Rappresentano l’avanguardia scelta dai vertici del Movimento per la conquista di Roma alle prossime elezioni. […] Il percorso tracciato è quello delle primarie online aperte agli iscritti certificati. Con i quattro consiglieri comunali già in vantaggio, dopo due anni e mezzo di battaglie in Campidoglio. Virginia Raggi però, spicca un po’ di più. […] Al Campidoglio è sbarcata nel 2013 col vento del grillismo per occuparsi di stanziamenti per il verde pubblico, manutenzione degli immobili scolastici, unioni civili e ripristino dell’equità nelle rette per gli asili nido. […] Dai banchetti per strada agli studi televisivi. Raggi continua a ripetere che “non servono belle facce per governare, servono serietà e soluzioni”, ma il suo volto buca lo schermo. TgCom, SkyTg24, La7. Il look è sobrio: orecchini e collane discrete, al massimo un giubbotto di pelle. Risponde disinvolta alle domande di Lucia Annunziata, tiene testa al confronto tv con Alfonso Sabella. Chi lavora con lei la descrive, prima di tutto, “determinata”. Con i tre colleghi consiglieri ha fatto opposizione serrata a Ignazio Marino. Nel Movimento c’è chi li chiama i “Fab Four”, qualcuno li ha soprannominati “i magnifici quattro”. Sempre insieme nelle foto e alle iniziative pubbliche dei Cinque Stelle, ultima la richiesta di accesso agli atti per le spese di rappresentanza di Ignazio Marino. Poi la lotta agli sprechi con la commissione per la spending review, le battaglie per la metro C e le municipalizzate Ama e Atac. […] Tutti e quattro sono candidabili, ma Virginia un po’ di più» (Marco Fattorini). Il 23 febbraio 2016, infatti, «la Raggi ha vinto le “comunarie” online organizzate dal Movimento a Roma con 1.764 voti, quasi 400 in più del secondo arrivato Marcello De Vito, suo collega in consiglio comunale negli ultimi due anni. A votare – su 9 mila iscritti – sono stati in 3.862. Non dovevano esserci cordate o colpi bassi: questo chiedeva – oltre a minacciare multe per chi lo viola – il severo regolamento sottoscritto. Ci sono stati entrambi. La strada per Virginia si è fatta più semplice con il ritiro della ventisettenne Annalisa Bernabei, attivista del quartiere di Paola Taverna. Marcello De Vito si è fermato al 35 per cento nonostante l’appoggio di colei che è considerata il sindaco ombra dei 5 stelle nella capitale, Roberta Lombardi. E la simpatia del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio» (Annalisa Cuzzocrea). Quasi altrettanto facile, nonostante l’inconsistenza del programma (uniche parole d’ordine: onestà e trasparenza) e grazie all’autolesionismo di un centrodestra spaccato dai ripensamenti della Meloni e di Berlusconi e all’impopolarità del centrosinistra, fu per la Raggi la vittoria alle elezioni comunali del 2016, conquistata il 19 giugno sconfiggendo al ballottaggio Roberto Giachetti (Pd) con il 67,15% dei consensi, sebbene a fronte di una partecipazione al voto pari ad appena il 50,14% degli aventi diritto. Dopo i grandi festeggiamenti iniziali per il più importante traguardo fino ad allora raggiunto dal Movimento 5 stelle, quelli che seguirono furono mesi di passione, tra l’evidente incapacità di formare una solida giunta comunale (una ventina, finora, gli assessori dimissionari), una serie di indagini giudiziarie e scandali abbattutisi su esponenti capitolini di primo piano e spesso sullo stesso sindaco (talora con risvolti pruriginosi) e, soprattutto, il sostanziale immobilismo indotto dall’esitazione a tradurre nella complessa realtà della capitale gli adamantini princìpi del movimento. «Virginia Raggi […] è il perfetto simbolo del grillismo che si fa governo: un’amministrazione non competente che accetta per contratto di essere teleguidata dal capo di un’azienda privata, che riconosce la legittimità di essere sottoposta a un’estorsione potenziale che la costringe a non prendere decisioni autonome pena una multa da 150 mila euro, che pretende di guidare la macchina di una città a colpi non di efficienza ma di moralismo, che non riesce ad ammettere che una città che produce più immondizia di quella che può smaltire è una città che rischia di esplodere, che considera il suo più importante successo quello di non (non) aver accettato la candidatura di Roma per le Olimpiadi, che è riuscita a farsi bocciare preliminarmente i bilanci del Comune dagli organismi di revisione economica e finanziaria, che è riuscita a trasformare una piccola crisi idrica in un caso internazionale che ha permesso di descrivere Roma come una capitale a rischio acqua e che nel giro di due anni è riuscita a far perdere ben undici posizioni alla capitale d’Italia nella classifica delle città più vivibili del Paese (dal tredicesimo posto al ventiquattresimo posto)» (Claudio Cerasa). «Il bilancio che si può tracciare è alquanto deludente, non solo alla luce degli arresti legati all’inchiesta dello stadio della Roma [la cui realizzazione, dopo lunghe e tormentate riflessioni, era stata approvata nel 2017 dalla giunta Raggi, a furor di tifoseria giallorossa – ndr]. Il rimpallo di responsabilità tra la sindaca e il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, su chi ha proposto la nomina dell’avvocato Luca Lanzalone a presidente di Acea lascia l’amaro in bocca, o meglio uno strano sapore da Prima Repubblica. Ormai, la Raggi, sebbene alla fine abbia ammesso di aver scelto Lanzalone da sola, ama fare “lo scarica barile” su tutte le grandi emergenze della Capitale: i disservizi dell’Atac, i rifiuti, le buche. Dall’inizio del 2018 sono andati in fumo 12 autobus della municipalizzata del trasporto pubblico, tra Comune e Regione c’è un continuo ping-pong sulla gestione dei rifiuti mentre, per quanto riguarda le buche, i romani si sono ingegnati a coprirle piantandovi sopra dei fiori. […] Le divisioni, fin dall’inizio, hanno lacerato il Movimento cinque stelle capitolino, che, in questo biennio, si è trovato spesso alle prese con dimissioni di massa di assessori e dirigenti delle municipalizzate. L’ultimo è stato l’assessore al Commercio, Adriano Meloni, mentre il primo addio illustre è stato quello dell’ex assessore all’Ambiente, Paola Muraro, che aveva tenuto nascosto di essere indagata dalla Procura di Roma. […] Nell’arco di due anni sono cambiati tre assessori al Bilancio. Il secondo, Raffaele De Dominicis, è durato meno di 24 ore perché indagato, mentre Andrea Mazzillo, responsabile di un bilancio di previsione bocciato dai revisori dei conti del Comune, se n’è andato via sbattendo la porta, tra mille polemiche. Poi, non si può dimenticare l’ex assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, che si è dimesso quando ha capito che i grillini stavano per approvare il progetto dello stadio della Roma a Tor Di Valle. Ben più clamore ha fatto l’arresto per corruzione di Raffaele Marra [ex capo del personale del Campidoglio – ndr], che ha determinato le dimissioni di Salvatore Romeo da capo della segreteria politica del sindaco Raggi, a favore della quale aveva intestato due polizze vita. Ora, il futuro della Raggi dipenderà dall’esito del processo per falso nell’ambito dell’inchiesta sulla nomina alla direzione del Turismo in Campidoglio di Raffaele Marra. Ma non è escluso che le ripercussioni della “vicenda Lanzalone” possano portare persino alla caduta della giunta Raggi» (Francesco Curridori) • A lungo in crisi con il marito (padre di suo figlio, Matteo), ha però sempre negato tutte le relazioni extraconiugali che le sono state attribuite. Di recente i due sono tornati a vivere insieme • «Il chiodo fisso sono le due ruote: la bicicletta, un giro dell’Austria nel 2008, e la moto. Prima una Honda VF 400, poi una SV 650. “Vivo di passioni”, s’illumina la centaura quando ne parla» (Damilano) • Laziale reticente. «Non ho mai seguito molto il calcio. Mio marito è un grande tifoso. Sono andata all’Olimpico un paio di volte, e lo spettacolo più bello erano le curve. Di quello che succedeva in campo, confesso, non capivo molto» (a Stefano Cappellini) • «Noi abbiamo la regola dei due mandati: uno l’ho fatto da consigliere, il secondo […] da sindaco. Dopo, potrei tornare a fare l’avvocato, aprire un agriturismo o fare un po’ la mamma». «Arrivare viva alla fine di questo mandato sarebbe già un grande successo».