5 settembre 2018
Tags : Abu Bakr Al Baghdadi
Biografia di Abu Bakr Al Baghdadi
Abu Bakr Al Baghdadi (Ibrahim Awad Ibrahim Al Badri), nato a Samarra (Iraq) il 28 luglio 1971 (47 anni). Terrorista. Leader e autoproclamato califfo dello Stato islamico (Is, dal 29 giugno 2014). Già emiro dello Stato islamico d’Iraq (Isi, 2010-2013) e dello Stato islamico d’Iraq e di Siria o Stato islamico d’Iraq e del Levante (Isis o Isil, 2013-2014). Uomo più ricercato del mondo, alla stessa stregua del leader di Al Qaeda Ayman Al Zawahiri (25 milioni di dollari la taglia posta su ciascuno dei due dagli Stati Uniti) • Nacque «a Samarra, un’antica città a nord di Baghdad, nel Medioevo sede per qualche decennio del califfato abbaside, da una famiglia modesta e profondamente religiosa. Il padre teneva lezioni di Corano in una moschea locale, e il figlio, fin da bambino, era solito trascorrere molto tempo in preghiera» (Chiara Pellegrino). Secondo un’inchiesta giornalistica tedesca condotta da Süddeutsche Zeitung e Ard, da studente «era bravo in matematica e anche in geografia, ma scarso in inglese. […] È stato bocciato e ha dovuto ripetere la classe proprio per le sue difficoltà in inglese. In seguito l’esercito di Saddam Hussein l’ha riformato perché era troppo miope. Al Baghdadi avrebbe voluto poi iscriversi a Giurisprudenza a Baghdad, ma i suoi voti troppo bassi glielo impedirono. Così […] decise l’iscrizione a Teologia islamica» (Emma Farnè). «Ibrahim Al Badri è cresciuto nel clima controverso dell’Iraq degli anni ’80 e ’90. […] La guerra contro l’Iran negli anni ’80 segnò un’inversione di rotta nella politica e nella sensibilità religiosa di Saddam. Il rais, in cerca del sostegno della minoranza sunnita, liberò i salafiti che aveva fatto arrestare nel decennio precedente, e cercò di dare un’impronta islamica alle sue politiche per guadagnarsi il loro consenso. […] Il nuovo clima di propaganda religiosa non poteva che suscitare l’entusiasmo del giovane Al Baghdadi, che, dopo essersi laureato in Studi coranici all’Università di Baghdad nel 1996, si iscrisse a un master in Recitazione del Corano all’Università di Studi islamici di Saddam Hussein, concluso nel 1999. Ma la carriera universitaria di Al Baghdadi non finì lì, perché nel 2007, tra un arresto e le attività militanti, riuscì a conseguire anche il dottorato. […] Nel febbraio 2004, Al Baghdadi fu arrestato a Falluja mentre era in visita da un amico, uno dei “most wanted men” sulla lista dei ricercati dell’intelligence statunitense. Restò nel centro di detenzione di Camp Bucca, nel sud dell’Iraq, per dieci mesi (diversamente dalla versione dei fatti più diffusa, secondo la quale sarebbe stato rilasciato soltanto nel 2009), dove fu schedato come “detenuto civile”, segno che le sue tendenze salafite-jihadiste non erano ancora note. Nel periodo di detenzione Al Baghdadi si dedicò allo studio, alle public relation, e al calcio – sport per il quale era particolarmente dotato, tanto da essere soprannominato “Maradona”. […] Una volta fuori da Camp Bucca fu facile riprendere i contatti con gli ex compagni di prigione: i detenuti si erano scritti i rispettivi numeri di telefono sugli elastici della biancheria. Mentre Al Baghdadi era a Camp Bucca, Al Zarqawi dava vita al ramo iracheno di Al Qaida, chiamandolo Al Qaida in Iraq (Aqi). Il salafita giordano voleva scatenare una guerra civile su base settaria e trarre vantaggio dai disordini per creare uno Stato islamico. Una volta rilasciato, Al Baghdadi prese contatto con i capi della filiale locale di Al Qaida, che lo convinsero ad andare a Damasco, in Siria. Un militante con laurea, master e dottorato in scienze coraniche era una rarità nella galassia salafita e non poteva rischiare di essere ucciso. All’epoca la Siria era tranquilla e il presidente Bashar Al Assad favoriva il passaggio da e per l’Iraq di foreign fighters e le loro attività. Nel giugno 2006, Zarqawi era ucciso in un raid dell’aviazione statunitense. Il suo progetto di costruire uno Stato islamico fu continuato dal successore Abu Ayyub Al Masri, che il 15 ottobre dello stesso anno dissolse Aqi e proclamò lo Stato Islamico d’Iraq. Al Masri assunse la carica di ministro della Guerra e Abu ‘Umar, un iracheno, fu nominato emiro. A questo punto, entra in scena anche Al Baghdadi: a lui furono affidati gli Affari religiosi dello Stato Islamico. Poco tempo dopo fu nominato supervisore del Comitato della sharî‘a e membro del Comitato consultivo, incaricato di assistere l’emiro Abu ‘Umar. La scalata al potere continua, rapida. […] Era il 15 maggio 2010 quando il majlis al-shura (il consiglio consultivo) dello Stato Islamico nominava Abu Bakr Al Baghdadi nuovo “comandante dei credenti”. […] Ad aprile 2010, i precedenti leader dell’organizzazione, l’emiro Abu ‘Umar Al Baghdadi e il ministro della Guerra Abu Ayyub Al Masri, erano stati uccisi in un raid americano a Tikrit, e lo Stato Islamico d’Iraq affrontava per la prima volta il problema della successione. […] Il comunicato, diffuso online dal Markaz Al Fajr li-l-I‘lam, rendeva nota la nomina del “combattente Abu Bakr Al Baghdadi Al Husseini Al Qurashi a comandante dei credenti dello Stato Islamico d’Iraq, e del combattente Abu ‘Abdallah Al Hasani Al Qurayshi a primo ministro e suo vice”. Poco tempo dopo la bay‘a, la dichiarazione di fedeltà al nuovo leader, il portavoce dello Stato Islamico Muhammad Al ‘Adnani, che secondo l’intelligence statunitense sarebbe il regista degli attentati di Parigi del 13 novembre, spiegava chi era quell’uomo misterioso. Al Baghdadi “è un Husayni della tribù dei Quraysh, discendente dalla stirpe pura degli Ahl Al Bayt [la famiglia del Profeta], sapiente, servitore di Dio e combattente. In lui ho visto la dottrina, la tenacia, l’audacia e l’ambizione di Abu Mus‘ab [Al Zarqawi], la mitezza, la giustizia, il giudizio e la modestia di Abû ‘Umar [Al Baghdadi], l’intelligenza, la perspicacia, la perseveranza e la pazienza di Abu Hamza [Al Masri]”. Queste poche parole erano sufficienti ad accreditare l’uomo misterioso agli occhi dei mujahidin e ne legittimavano la successione in virtù delle sue nobili origini. […] Nel mondo musulmano gli uomini di religione confutano le loro tesi e gridano all’impostore» (Chiara Pellegrino). «Una volta al vertice, Abu Bakr prende un gruppo terrorista che è quasi al punto del dissolvimento e in quattro anni lo trasforma in una giunta militare ultraislamista che governa milioni di persone e un’area grande come l’Inghilterra. […] La resurrezione e la strada del califfato procedono per tappe, nel completo disinteresse dei media, e cominciano da una prima fase che potremmo definire “del mimetismo”. Il capo impartisce agli uomini l’ordine di agire in Iraq come se fossero infiltrati in incognito in territorio nemico. Niente più barbe e capelli incolti, va bene il taglio più detestato dagli islamisti, che è quello con i capelli rasati sui lati e un po’ più lunghi sopra, con gel abbondante: è un look da sedicenni che va contro i precetti del profeta Maometto, ma è tempo di crisi e tocca adattarsi per sopravvivere. Al posto dei vestiti larghi che celano le forme, indossano jeans attillati e magliette con scritte occidentali. […] Nel 2010 Baghdadi sa di non avere le stesse possibilità dei suoi predecessori in materia di grandi attentati. Arrivare a piazzare grandi camion bomba sotto le finestre dei ministeri è diventata una faccenda troppo complicata: le misure di sicurezza sono più alte, e il fatto che nel resto del Paese in pratica non si combatte più aiuta le forze di sicurezza a proteggere in un bozzolo di soldati gli obbiettivi più appetitosi. A quel punto la strategia d’attacco cambia: invece che pochi attentati spettacolari all’interno della zona verde, Al Baghdadi inaugura una stagione di attentati a ondate, per esempio il 23 luglio 2012, quando trenta autobombe esplodono in cinque, sei città diverse in tutto il Paese, da nord a sud, nel giro di un’ora. Di queste ondate di autobombe, lo Stato islamico di Al Baghdadi ne lancia 24 soltanto tra il luglio 2012 e il luglio 2013. […] Un rapporto di esperti americani inoltre nota un cambiamento: per costruire le sue bombe il gruppo terrorista non usa più vecchi proiettili di artiglieria saccheggiati dai depositi di Saddam Hussein, ma è passato alla produzione propria di esplosivo. […] Ma il perno della rinascita dello Stato islamico sotto Al Baghdadi è una campagna di attacchi militari alle prigioni dell’Iraq che lui battezza “la rottura dei muri” nel suo primo discorso, messo su internet all’inizio del mese sacro di Ramadan nel 2012. L’Isis assalta otto carceri nel giro di un anno e libera centinaia di suoi uomini, e tra loro veterani della guerra contro gli americani, leader che erano in attività da molto prima di Al Baghdadi e che ora, riconoscenti, si mettono al suo servizio» (Daniele Raineri). «Nell’ottobre del 2011, gli attacchi terroristici da lui organizzati in Iraq gli valgono una taglia di 10 milioni di dollari da parte degli Usa, seconda solo a quella del leader di al Qaeda Ayman Al Zawahiri. Nel 2012 profetizza la nascita dello Stato Islamico nel suo primo audiomessaggio, e soprattutto ha una grande intuizione. Si introduce come una lama nel caos siriano, nel conflitto che oppone l’esercito del dittatore Bashar Al Assad e un’opposizione troppo variegata, in cui convivono i qaedisti di Jabhat Al Nusra e formazioni moderate che però non ricevono abbastanza sostegno dall’Occidente. Nel 2013 l’Isi occupa la città settentrionale di Raqqa, che diventa la sua “capitale”, e da lì scende verso Deir El Zor, dove si impadronisce dei campi di petrolio. È un’avanzata trionfale, che nel 2013 lo porta a cambiare il nome del gruppo in Isis (o Isil, dove l’ultima lettera sta per “Siria” o “Levante”), a segnalare un’ambizione nuova: fare piazza pulita degli Stati creati dagli occidentali con gli accordi di Sykes-Picot nel 1916 e dare origine a uno Stato islamico che vada dalla Siria all’Iraq, riportando in mani sunnite e fondamentaliste due Paesi governati da due sciiti: il dittatore alawita Assad e il premier Nouri Al Maliki. L’idea di espandersi in Siria, pestando i piedi ai qaedisti locali, non va per niente giù a Zawahiri, che infatti condanna la fusione tra Isis e la siriana Al Nusra, voluta da Baghdadi nel 2013 e poi tornata in discussione. Lo scontro con Zawahiri è da antologia, con l’anziano ex braccio destro di Bin Laden che lo accusa di non portare rispetto e lo invita all’obbedienza, e il rampante iracheno che gli ribatte che è lui che deve portargli rispetto. “Devo scegliere tra la legge di Dio e quella di Zawahiri, e scelgo la legge di Dio”, archivia la pratica Baghdadi. Forte dei successi e dei proventi del petrolio siriano, torna in Iraq, dove, dopo il ritiro americano del 2011, le violenze tra sunniti e sciiti sono ricominciate. Conquista il confine con la Siria, e poi Falluja e Ramadi. Nel giugno scorso [2014 – ndr] è il turno di Mosul, la seconda città del Paese, e di Tikrit, dove è nato Saddam. Sembrerebbe puntare alla capitale, e invece il suo esercito vira verso il Kurdistan, l’unica area dove in questi anni si sia creata in Iraq una società dignitosa. Al Baghdadi vuole Kirkuk e i suoi ricchi campi: “follow the oil”, segui il petrolio. Il 29 giugno l’Isis cambia nome in Is, Stato Islamico. Baghdadi annuncia la nascita del Califfato, che sarà lui stesso a comandare, con il nome di Califfo Ibrahim. È una mossa spericolata, con cui, incurante del parere dei giuristi ma forte della sua auto-proclamata discendenza dalla tribù Quraysh, quella del Profeta Maometto, si pone come guida dei musulmani tutti. […] Il 5 luglio Baghdadi decide che è tempo di uscire allo scoperto. […] Fa registrare un suo sermone nella Grande Moschea di Al Nuri a Mosul. Il video viene subito caricato su YouTube, e così il suo volto fa il giro del mondo» (Daniele Castellani Perelli). «“Sono il ‘wali’ (leader, ndr) che vi governa, ma non sono meglio di voi, quindi, se vedete che sono nel giusto, assistetemi; ma, se vedete che sbaglio, consigliatemi e riportatemi sulla giusta via, e obbeditemi fino a che io obbedisco ad Allah”, ha detto al Baghdadi. Il wali, nella sua prima apparizione pubblica, ha voluto dimostrare che il tempo di rimanere nascosti è finito: il Ramadan del 2014 diventa così non soltanto il consueto viaggio spirituale, ma anche una celebrazione del jihad, alla quale tutti sono chiamati dal califfo in persona, cui è necessario sottomettersi. […] L’obiettivo territoriale […] è quello del Califfato della tradizione, che si estese dalla Libia all’attuale Iran, dall’Ottavo al Dodicesimo secolo» (Paola Peduzzi). «Non solo conquista un territorio enorme tra Iraq e Siria, ma manda i suoi uomini a combattere su uno scacchiere ben più ampio che va dalla Libia all’isola filippina di Mindanao, dove non è mai stata del tutto debellata la guerriglia islamica del Fronte di liberazione nazionale moro, nato negli anni ’70. All’interno dei territori conquistati vige la legge del terrore e della ferocia. […] Contemporaneamente l’Isis rivendica tutti i grandi attentati che hanno come teatro l’Europa, da Parigi nel novembre 2015 a Nizza nel luglio successivo a Manchester nel maggio 2017, ma anche Londra e Berlino» (Nicola Graziani). In seguito alla progressiva disgregazione dello Stato islamico sotto l’attacco – disgiunto e spesso confliggente – della coalizione statunitense filocurda e di quella russa filosiriana (emblematica, al riguardo, la distruzione da parte dei miliziani dell’Is, il 21 giugno 2017, della Grande Moschea di Al Nuri, dove tutto era cominciato), sembra che nell’autunno 2017 Al Baghdadi si sia dato alla fuga, e che, nonostante periodici annunci circa la sua morte, sia tuttora latitante. «In un articolo dedicato al califfo alla macchia, The Daily Beast riporta le parole, nella sua conferenza stampa finale, del generale Stephen Townsend, responsabile della coalizione anti-Isis in Siria e Iraq fino allo scorso agosto: “Al Baghdadi potrebbe trovarsi ovunque: se dovessi scegliere un posto, indicherei la valle dell’Eufrate”. […] Per il generale la storia ha un finale solo: “Se lo troveremo, proveremo a ucciderlo subito. Non vale la pena catturare il califfo vivo”» (Valerio Cattano) • «Distinzione fondamentale fra Al Qaeda e l’Isis: […] mentre la rete di Bin Laden e Ayman Al Zawahiri indicava il nemico nell’Occidente e nei regimi arabi suoi alleati, eretici e corrotti, l’organizzazione di Al Baghdadi segue l’ispirazione del fondatore, Abu Musab Al Zarqawi, e non ammette distinzioni. Tutti quelli che non seguono il messaggio radicale sono nemici, arabi e occidentali come sciiti e sunniti» (Giampaolo Cadalanu) • Secondo numerose fonti, avrebbe avuto quattro figli dalla prima moglie e uno dalla seconda. La prima moglie, Saja Al Dulaimi, che lo sposò quando era già vedova con due figli avuti dal primo marito e poi lo abbandonò, sarebbe stato «un normale uomo di famiglia», affettuoso con i bambini ma un po’ enigmatico e taciturno; arrestata in Libano insieme a una figlia e al terzo marito nel dicembre 2014, fu rilasciata un anno dopo grazie a uno scambio di prigionieri. Il 3 luglio 2018 l’Is ha annunciato la morte in una missione suicida a Homs di Huthaifa Al Badri, figlio adolescente di Al Baghdadi • «Ci vediamo a New York, ragazzi» (Al Baghdadi l’8 dicembre 2004, al suo rilascio dal campo di prigionia di Camp Bucca).