Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Paul Volcker

Paul Volcker, nato a Cape May (New Jersey) il 5 settembre 1927 (91 anni). Economista. Presidente della Federal Reserve tra il 1979 e il 1987 • Ancora bambino si trasferì con la famiglia nella ridente cittadina di Teaneck (New Jersey), al seguito del padre, un ingegnere civile che vi aveva assunto il ruolo di amministratore municipale, e che con grande perizia riuscì poi a risanare le finanze locali. Concluso qui il ciclo scolastico e completata la formazione accademica presso le università di Princeton e Harvard e la London School of Economics, Volcker trovò il suo primo impiego nel 1952 come economista alla Federal Reserve Bank di New York. Negli anni successivi si alternò tra ambito governativo e settore privato (alla Chase Manhattan Bank, di cui giunse a diventare vicepresidente nel 1965), fino a ricoprire, dal 1969 al 1974, la carica di sottosegretario per gli Affari monetari al Dipartimento del Tesoro: in tale veste ebbe un ruolo importante nella decisione del presidente Nixon di sospendere unilateralmente la convertibilità in oro del dollaro (15 agosto 1971) sulla quale si basava il sistema di cambi valutari fissi istituito nel 1944 dagli accordi di Bretton Woods, che furono quindi a propria volta abbandonati, con conseguente svalutazione del dollaro e avvio della fluttuazione dei cambi. In seguito Volcker divenne docente universitario a Princeton e presidente della Federal Reserve di New York (1975-1979), prima di essere chiamato al timone della banca centrale statunitense. «Fu nominato al vertice della Federal Reserve dal presidente democratico Jimmy Carter il 6 agosto 1979, in una fase drammatica: lo choc energetico aveva scatenato l’inflazione a due cifre. A Volcker riuscì il miracolo. Da un massimo del 13,5% nel 1981, riportò l’indice dei prezzi al consumo al 3,2% in soli due anni. Un capolavoro che gli valse la fama del falco, perché ottenuto al prezzo di una riduzione della base monetaria che probabilmente contribuì a innescare una recessione. In seguito però l’approvazione per Volcker è stata unanime. È ricordato come un uomo dai nervi saldi quanto i suoi princìpi. Non si lasciò incantare dalla "economia-vudù", la teoria dell’offerta usata da Ronald Reagan per giustificare sgravi fiscali che avrebbero dovuto auto-finanziarsi col rilancio della crescita (e sprofondarono il bilancio pubblico nel deficit)» (Federico Rampini). «Nel 1987 Ronald Reagan non gli rinnovò il mandato al vertice della banca centrale americana. La decisione fu spiegata così dal premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz: “L’amministrazione Reagan pensava che non fosse disposto a deregolamentare a sufficienza”» (Claudio Gatti). «In tempi non sospetti Volcker prese le distanze dal suo spregiudicato successore al timone della Fed, Alan Greenspan, la cui politica monetaria lassista ha contribuito a creare almeno due bolle speculative: quella della New Economy alla fine degli anni Novanta (scoppiata nel marzo 2000) e quella ancor più micidiale dei mutui subprime. Vicino al Partito democratico ma non particolarmente entusiasta dell’èra clintoniana (si è schierato con Obama fin dal gennaio 2008, quando ancora Hillary era superfavorita), Volcker ha sempre nutrito scetticismo nei confronti dell’idea che i mercati possano autoregolarsi. Ha unito la sua voce a quella di Warren Buffett per denunciare la piaga dei derivati e le falle pericolose negli strumenti di vigilanza» (Rampini). Nel febbraio 2009, all’indomani della sua elezione, Obama lo nominò presidente di un organo secondario appositamente creato, il Comitato consultivo per la ripresa economica, carica che mantenne fino al 2011. «Paul Volcker sembrava destinato a ruoli più incisivi, durante la campagna elettorale del 2008. Aveva gettato il peso del proprio prestigio a favore di Obama, che amava photo opportunities in atteggiamento di studente rispettoso intento ad ascoltare il maestro. Ma, vinte le elezioni, fu la squadra di Rubin-Summers a prendere il comando. Volcker, che probabilmente non avrebbe rifiutato, se sollecitato nel modo giusto, un biennio al Tesoro (nel novembre 2008 aveva da poco compiuto 81 anni), fu messo da parte, e Summers si fece carico di emarginarlo e impedirgli ogni accesso diretto al presidente. Volcker era il passato, Summers il presente e il futuro. L’anziano banchiere centrale confidava agli amici, nel 2009, di avere con la Casa Bianca i rapporti che poteva avere una “statua di cera”, come ricordava Jonathan Alter nel suo The Promise, la ricostruzione del primo anno di Obama. Wall Street voleva il salvataggio delle banche affidato a mani amiche, e lo ottenne. Volcker avrebbe preferito per le banche non aiuti a pioggia gestiti con molta discrezione […] da Fed e Tesoro, ma la riedizione di qualcosa di simile alla Reconstruction Finance Corporation degli anni Trenta, che inevitabilmente avrebbe portato vari panni sporchi in piazza. E fu emarginato. “È triste vedere uno dei grandi uomini pubblici della nostra èra onorato, ma messo da parte”, fu l’amaro commento dell’economista Paul Krugman» (Mario Margiocco). «Nel 2008 Volcker era uno dei consiglieri più ascoltati da Barack Obama. Poi il presidente dovette prendere le distanze dai suoi suggerimenti troppo radicali. Non sarebbero mai passati al Congresso, davanti allo sbarramento delle lobby bancarie. […] L’idea lanciata da un personaggio autorevole quale Paul Volcker era quella di tornare al regime invalso dagli anni Trenta agli anni Settanta, con una muraglia cinese a impedire che il risparmio dei cittadini venisse usato per speculazioni ad alto rischio. Il concetto è semplice, e non è un caso che si fosse affermato dopo l’altra crisi epocale, il crac di Wall Street del 1929. Vuoi fare il banchiere-pirata, specialista nel gioco d’azzardo? Affar tuo, ma sappi in tal caso che i rischi sono tutti a tuo carico e nessuno muoverà un dito per aiutarti il giorno in cui ti caccerai nei guai. Hai scelto invece di fare il banchiere prudente, il mestiere essenziale di chi gestisce i conti correnti e i libretti di risparmio delle famiglie, e fa credito alle imprese? In questo caso i depositi saranno protetti da un’assicurazione di Stato. Ma tu dovrai accettare regole precise e una vigilanza severa. O l’uno o l’altro: non deve esserci sovrapposizione, ambiguità, mescolanza tra i due mestieri. La muraglia cinese funzionò, guarda caso, in un periodo storico che coincise con una relativa stabilità dei mercati. Fu abolita […] all’apice dell’ubriacatura neoliberista. Volcker vorrebbe tornare alla situazione precedente. Era quasi riuscito a convincere Obama che quella fosse la via maestra. La regola di Volcker è stata parecchio annacquata, per consentire che la riforma Obama trovasse i voti in Parlamento» (Rampini). «La regola Volcker proibisce agli istituti di credito di investire capitali propri in attività di trading di natura speculativa. Questa definizione è ampia, include i derivati ma anche hedge fund, private equity e altre strutture d’investimento a rischio. Le banche potranno continuare a eseguire ordini di acquisto e vendita per conto dei clienti, perché in quel caso il rischio è interamente a carico del cliente. Potranno anche effettuare alcuni investimenti speculativi – derivati – a copertura del rischio, ma dovranno dimostrare che si limitino davvero a quello scopo» (Rampini). La cosiddetta regola Volcker (Volcker Rule) fu approvata negli Stati Uniti all’interno del Dodd-Frank Act il 21 luglio 2010, ma le modifiche introdotte rispetto al progetto originario indussero lo stesso Volcker a denunciare ambiguità e punti critici del provvedimento, giudicato non abbastanza chiaro e rigoroso; sotto l’amministrazione Trump, dietro impulso dei banchieri, si sta discutendo la possibilità di rivedere la regola • Rimasto nel 1998 vedovo della prima moglie, da cui ha avuto due figli, nel 2010 si è risposato con la sua fidata assistente Anke Dening, tedesca naturalizzata statunitense, di oltre vent’anni più giovane di lui. «Paul Volcker sposò Barbara Bahnson, la prima moglie, nel ’54, e la portò in luna di miele a una serie di partite di pesca in alto mare, la sua passione occulta. Da buon marinaio, ha sempre amato il rum e il sigaro» (Ennio Caretto) • «Quando ho cominciato a votare mi ritenevo un repubblicano. Ho cominciato a votare per il partito democratico con Adlai Stevenson. Poi ho sostenuto Kennedy. Una volta andato alla Federal Reserve, ho però deciso di non voler essere associato ad alcun partito. E comunque avevo capito che uno valeva l’altro! Da allora sono un indipendente. Non sono iscritto a nessun partito» • «Da quando Alan Greenspan, che nell’87 gli subentrò al timone della Federal Reserve, la banca centrale americana, ha perso credibilità nelle rovine di Wall Street, Volcker è diventato una specie di oracolo delfico per l’America. E meritatamente. Fu tra i pochi che previdero il crac, […] e fu tra i primi a proporre dei rimedi. Onesto e fermamente bipartisan – sottosegretario al Tesoro di due presidenti repubblicani negli anni Settanta, venne preposto alla Fed dal democratico Carter nel ’79 –, ha guidato non soltanto il Paese ma anche l’Onu nei momenti più difficili. Tra i suoi maggiori exploit: avere sconfitto l’iperinflazione nell’81, quando portò i tassi d’interesse al 20 per cento, e aver guidato nel 2004 la commissione d’inchiesta sullo scandalo “Oil for food” (petrolio in cambio di cibo), che negli anni Novanta macchiò la reputazione delle Nazioni unite. Anche in quella circostanza Volker non ebbe riguardi per nessuno, rinfacciando persino all’allora segretario generale Kofi Annan – che gli aveva affidato l’inchiesta – di essere stato negligente» (Caretto) • «La sola innovazione finanziaria utile degli ultimi vent’anni è stata il bancomat» (Volcker all’indomani del fallimento di Lehman Brothers).