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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Quando Gio Ponti designo l’auto del futuro

Ci sono voluti 65 anni perché il sogno a quattro ruote di Gio Ponti diventasse realtà. Dopo lo storico rifiuto di Fiat al progetto, è arrivato il riscatto postumo per la “Linea Diamante” del 1953, visione di utilitaria del futuro, che debutta in anteprima mondiale alla prima edizione del nuovo salone internazionale Grand Basel di Basilea, dedicato ai capolavori dell’automotive. Era un’auto pensata da Gio Ponti, nel suo soggiorno a Boston, secondo principi di design ancora inediti nell’industria automobilistica: una reazione al car design degli anni cinquanta, fatto di veicoli che l’architetto definiva «gonfiati e pieni di spazio inutile», con forme troppo grandi, finestrini piccoli, e interni scuri.La traduzione dei disegni originali in modello tridimensionale, curata dal direttore di FCA Heritage Roberto Giolito, ha preso corpo grazie alla collaborazione fra la fiera svizzera e l’Editoriale Domus, che quest’anno celebra il novantesimo anniversario della sua rivista di architettura Domus, fondata nel 1928 proprio da Gio Ponti. In origine il progetto era stato realizzato partendo dalle misure dell’Alfa Romeo 1900 berlina, con un primo bozzetto che richiamava una sagoma aerodinamica a forma di lacrima. Assieme al collega Alberto Rosselli, Ponti aveva immaginato una vettura ispirata alla “Linea Diamante”, concept stilistico declinato sia nel product design sia in architettura, che trova il suo esempio più celebre nel grattacielo Pirelli di Milano. 
NUOVI SPAZI Il padre di icone come la sedia Superleggera, incarnazione perfetta di leggerezza in termini sia estetici sia fisici, prevedeva per il futuro dell’auto dei modelli dal carattere più architettonico, con pannelli di carrozzeria e finestrini piatti, grandi aree vetrate che inondassero di luce l’abitacolo, e una radicale riprogettazione della forma, per una esperienza di guida che fosse – a suo dire – «di qualità da linea aerea». La nuova distribuzione degli spazi doveva migliorare le prestazioni funzionali dell’auto, con un interno dalle proporzioni più ampie e un bagagliaio più spazioso, mentre l’assoluta innovazione del paraurti di gomma che correva lungo tutto il perimetro della vettura, con respingenti montati su molle nella parte anteriore e posteriore, doveva essere oggetto di una collaborazione speciale con il produttore di pneumatici Pirelli. L’Automobile di Ponti a Grand Basel rappresenta così la prima mondiale in scala 1:1 di un linguaggio progettuale totalmente rivoluzionario: un’idea troppo radicale per essere presa in considerazione dall’industria automobilistica del tempo. Era in anticipo di almeno vent’anni, e non a caso vetture della metà degli anni sessanta e settanta come la Renault 16 e la prima versione della Volkswagen Passat del 1972 avrebbero adottato proprio quei principi incarnati dall’automobile di Ponti.
L’ARCHETIPO Applicazioni del design dell’auto che rappresentano ancora oggi la preveggenza e il genio del grande architetto. Il nuovo salone di Grand Basel si propone così di creare un rapporto privilegiato fra auto, architettura, arte, e design, perché «negli anni, l?automobile ha esercitato e subìto gli influssi di questi settori – spiega Paolo Tumminelli, presidente dell’Advisory Board di Grand Basel – e l’Automobile di Ponti rappresenta un archetipo di questo rapporto reciproco».