La Stampa, 5 settembre 2018
Alessio Figalli: “Siamo matematici e risolviamo qualunque problema”
In un mercato del lavoro sempre più depresso scegliere che cosa fare «da grande» può essere molto difficile e si può finire per cozzare con la maggior parte delle proprie aspirazioni. Un consiglio: non fossilizzatevi su un mestiere in particolare, ma scegliete un corso di studi che vi insegni a cavarvela in situazioni diverse e complesse. Provate per esempio con la matematica. «Passa per una materia noiosa ed è così che si perdono per la strada menti brillanti, magari frustrate dalla sua presunta astrattezza. In realtà è un passepartout per le professioni del futuro». Già perché web company, società finanziarie, banche e imprese dell’alta tecnologia cercano chi sa maneggiare bene i numeri. Parola dell’italiano Alessio Figalli, tra i vincitori della Medaglia Fields 2018 (il più alto riconoscimento a un matematico) e docente al Politecnico di Zurigo. Sebbene i crucci della società e le incognite della scienza mutino continuamente, la logica per affrontarli è la medesima: saper usare la matematica e l’ingegno. Figalli lo sa bene, impegnato nel suo osservatorio svizzero, dove forma studenti e colleghi destinati alle aziende, ai centri di ricerca e alle università dove il sapere si paga bene.
Il manager del «problem solving» sostituisce, quindi, lo stereotipo del matematico a forma di maestrina bisbetica con la matita nei capelli. Non c’è campo del sapere che i numeri non nutrano, dalla sociologia alla biologia e alla fisica. Il giovane professore lo spiega a margine del convegno «Meeting in applied Mathematics and Calculus of Variations», all’Università La Sapienza di Roma.
Professore, lei ha ottenuto i maggiori successi nello studio del «trasporto ottimale», teoria che interpreta una moltitudine di fenomeni, dall’economia all’urbanistica e alla meteorologia. Si chiede così tanto alla matematica?
«La matematica è strumento di numerose discipline. Si rivolgono a noi i biologi che vogliono conoscere come evolve un tumore nel tempo, i fisici che devono calcolare il destino di buchi neri e galassie, scienziati dell’atmosfera per conoscere le dinamiche che generano uragani, ma anche gli statistici per fare inferenze sui trend che riguardano la società. Soprattutto società finanziarie e banche ci danno lavoro e, naturalmente, l’informatica: Google, Facebook e le grandi imprese del web oggi assumono matematici in quantità».
Dovrebbe raccontarlo nelle scuole: con un diploma di liceo classico e una medaglia Fields lei è un testimonial perfetto per la matematica. Non è così?
«Dico sempre che nei corsi di laurea scientifici il primo anno copre il ripasso di tutta la matematica di qualunque liceo, tecnico o professionale, e quindi non è un problema arrivarci con lacune, finché le basi generali sono solide. Le nozioni si possono sempre recuperare: a fare la differenza, invece, è l’astuzia con cui le utilizzi e il liceo classico, in particolare, mi ha saputo dare ottimi fondamentali per esercitare questo tipo di intelligenza creativa».
Certo, però, che i programmi non aiutano: come si motiva uno studente?
«Mostrandogli il valore concreto della matematica: gli algoritmi dei motori di ricerca per svelare come Google ci studia, pixel e byte per insegnare come nasce un’immagine, le funzioni che descrivono le onde per spiegare come lavorano le app per il riconoscimento vocale e i traduttori automatici, oppure partire da password e transazioni via web per arrivare alla crittografia».
A proposito di creatività, come lavora un matematico? Con gesso e lavagna o davanti ai super-computer?
«In realtà Internet e computer li utilizziamo soprattutto per cercare la bibliografia e aggiornarci. In gran parte il nostro è un lavoro mentale, davanti alla lavagna oppure con carta e matita. Talvolta da soli: non è raro che le idee vengano mentre stai a occhi chiusi sul letto oppure sovrappensiero in treno o aspettando l’autobus. Ma spesso in team, facendo “brainstorming” tra colleghi per tre o quattro ore di fila».
È in quei momenti che informatici, fisici e biologi vengono a bussare alla vostra porta?
«Più che informatici, fisici o biologi puri a cercarci sono figure intermedie: matematici come noi, ma dedicati alle varie materie e che dialogano con gli specialisti veri e propri. Ci portano, per esempio, una equazione che credono interpreti bene un comportamento reale – la crescita dei tumori, l’evoluzione dei buchi neri e il meteo di cui parlavamo prima - e ci chiedono di studiarla. Noi stabiliamo se quella equazione ha effettivamente soluzioni e, dunque, se hanno matematizzato correttamente il loro problema, e poi quali di queste soluzioni devono utilizzare per risolverlo».
La matematica dà i fondamentali a tutte le discipline, ma avrà anch’essa dei «buchi»: la fisica cerca di mettere d’accordo la Relatività con la meccanica quantistica, mentre la biologia deve curare malattie come Alzheimer e cancro. Qual è il graal della matematica?
«Tra quelli più importanti c’è sicuramente la congettura di Riemann, pubblicata nel 1859. Se risolta, ci direbbe con quale criterio si distribuiscono i numeri primi. C’è poi il problema di Navier-Stokes che ci darebbe informazioni molto importanti sul comportamento dei fluidi incomprimibili viscosi (per esempio dell’acqua in una tubatura). Questi problemi fanno parte dei “millennium problems”, sette problemi istituiti nel 2000 dall’Istituto matematico Clay di Cambridge e irrisolti ad oggi tranne uno, la congettura Poincaré (risolta nel 2003, nda). Per la soluzione di ognuno l’Istituto americano ha offerto un milione di dollari».
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