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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Reinventiamo il mondo col carbonio

Nel 1959 Richard Feynman iniziava più o meno così al Caltech: «Vorrei illustravi un settore in cui si è fatto finora poco, ma che offre enormi potenzialità. Si tratta di un campo un po’ particolare che potrebbe aiutarci a capire molte cose interessanti sugli strani fenomeni che avvengono in situazioni complesse e soprattutto potrebbe avere innumerevoli applicazioni tecnologiche. Ciò di cui vi voglio parlare è il problema di “osservare”, manipolare e controllare “le cose” ad una scala molto piccola».
La scala del nanometro
Una valanga di cose si sono riversate sull’uomo da allora, partendo dalla scala decisamente piccola del nanometro, il miliardesimo di metro, quel capello spaccato in 100 mila parti. Feynman era e noi siamo già oltre le nanotecnologie. Il carbonio, uno dei sei atomi che ci fanno uguali, oltre a ossigeno, idrogeno, azoto, calcio e fosforo, è interessante per sviluppare visioni per la vita e, appunto, per le nanotecnologie. A Watson e Crick bastò una pagina, su «Nature», il 25 aprile 1953, per descrivere la doppia elica del Dna e tre righe per indicare l’influenza sulla propagazione dell’informazione genetica. Cinque gli atomi di carbonio coinvolti per ogni unità elementare a rendere così decisivo e al tempo stesso sensibile quel nastro così bene organizzato di informazioni. Due metri di Dna: è lo svolgimento di questa struttura nanometrica, racchiusa in una cellula grande qualche milionesimo di metro.
Lettere che formano parole e queste che scrivono paragrafi e riempiono pagine di libri. A ogni istante la pagina si apre per dare informazioni e propagarle: si può sgualcire, può essere quella sbagliata e, comunque, il carbonio è lì ad orchestrare la vita. Comprendere questo meccanismo è utile a capire come stiamo in salute e come ci ammaliamo, ma pensate che dispositivo di memoria riuscireste ad avere tra le mani. Un grammo di Dna memorizza 700 terabyte di dati, che oggi starebbero in 150 chili di dispositivi. E si può andare oltre: qui parliamo di visioni. Si può pensare a una memoria che prevede quello che vi serve in quell’istante preciso. Lasciate da parte i retropensieri e convenite che è semplicemente fantastico. Il carbonio non si ferma qui: dal diamante alla grafite il suo modo di organizzarsi porta nel quotidiano elettrodi e strumenti di scrittura, materiali assorbenti e lubrificanti.
Tra 2004 e 2005 dalla scrittura con una matita su un foglio di carta per scivolamento degli strati di grafite, sotto l’effetto della forza impressa dall’uomo, si arriva a un foglio di atomi di carbonio, organizzati in una rete di anelli esagonali. I legami delocalizzati su un intero «foglio», con una densità elettronica concentrata sopra e sotto. Ne derivano proprietà incredibili e non ancora del tutto esplorate. Dove è andata a finire quella instabilità termodinamica che porta il carbonio ad associarsi strato su strato, a incurvarsi o a «diluirsi» in fuliggini e così sensibile alle sirene delle proteine?
Materiale cristallino
È l’esfoliazione meccanica, che realizza quel materiale cristallino bidimensionale, dello spessore di un atomo di carbonio, appunto, che ha portato i fisici Geim e Novoselov al Nobel nel 2010. Quante possibilità di utilizzo per questa organizzazione del carbonio in fogli o in fiocchi, mischiato ad altri materiali, cambiandone proprietà e prestazioni. Un inchiostro di grafene vi permette di non fare crepe nei muri per portare elettricità alla vostra lampada e crea scarpe e caschi per moto dalle nuove prestazioni o nuove batterie, in un misto di silicio e grafene, con un tempo di ricarica di 10 minuti. Visioni immediate, quelle delle auto elettriche o delle reti 6G. Un apripista per i nuovi cristalli bidimensionali e per qualunque applicazione possiate immaginare. La Visione più importante è quella della quale non vi parleremo e vi verrà in mente dopo uno dei dibattiti più visionari a cui abbiate mai partecipato, quello di «Visioni al carbonio», in programma domenica 9 settembre al Festival della Comunicazione di Camogli. «C’è ancora un sacco di spazio qua in fondo!».