il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2018
Business dei compro oro. Come funziona la lavatrice della “mafia dopo Riina”
Palermo, luglio 2018: il Nucleo Valutario della Guardia di finanza arresta 28 persone dopo una lunga inchiesta. Scoprono quella che viene definita “la mafia del dopo Riina”, in cerca di nuovi equilibri, capi, business e personaggi. Le Fiamme Gialle si accorgono che i Compro Oro sono parte della enorme lavatrice di denaro sporco, anche attraverso il Monte di Pietà. Nuove leve, insomma, ma vecchi metodi. Al centro ci sono due uomini, Giuseppe Corona e Raffaele Favaloro, quest’ultimo il figlio del pentito di mafia Marco Favaloro (del clan Resuttana, passato nei ranghi dei collaboratori di giustizia negli anni 90, fu tra i responsabili dell’omicidio dell’imprenditore Libero Grassi perché si era opposto al racket del pizzo) che diventa un punto di riferimento per ladri e rapinatori. “So che ha Raffaele Favaloro ha una situazione economica agiata – mette a verbale il pentito del clan Acquasanta Vito Galatolo – comprava dell’oro rubato ed altri preziosi e comunque era a disposizione delle famiglie per fare sparire la merce rubata”.
Compro oro e criminalità organizzata sono collegati. Furti e rapine soddisfano la domanda, i prestanome ottengono le licenze per soggetti a cui altrimenti non sarebbe rilasciata, i titolari forniscono false certificazioni, l’oro viene fuso per non permettere di risalire all’origine. E l’assenza di regole non aiuta. “Dalle indagini di recente condotte a Palermo (operazione Delirio, ndr) si è osservato che grazie al controllo delle attività economiche del settore aurifero, la mafia ha trovato il terreno per il rafforzamento del proprio potere e per l’espansione del controllo sul territorio”, spiega il generale del nucelo Valutario della Guardia di Finanza, Giovanni Padula.
Nonostante i Compro oro per legge debbano avere una licenza per il commercio di oggetti preziosi, la nuova normativa antiriciclaggio deve ancora dispiegare i suoi effetti. “Negli ultimi tempi si è assistito a un proliferare del fenomeno che non può essere ricondotto esclusivamente a un naturale processo economico-commerciale – spiega il generale – ma è anche frutto, come emerge da diverse evidenze investigative, di interessi di gruppi criminali per ripulire denaro e beni che provengono dai reati”. Gli scambi sono rapidi e facili, io ti do l’oro e tu mi dai i soldi. “Così si drenano capitali per il finanziamento di attività illecite per poi immetterli nuovamente nel circuito dell’economia legale”, spiega l’alto ufficiale.
L’indagine era iniziata nel 2014. “Grazie ad un’attenta analisi documentale – ha spiegato il tenente colonnello Saverio Angiulli, del quarto nucleo speciale della polizia Valutaria durante la conferenza stampa – siamo riusciti a ricostruire il filo che collegava il mandamento di Porta Nuova a quello di Resuttana”. Tramite due uomini dell’organizzazione, Giuseppe Corona e Raffaele Favaloro, sarebbero stati reinvestiti capitali in bar, centri scommesse e compro oro per riciclare i proventi di altre attività criminali. Secondo gli investigatori i due avrebbero messo lo zampino nella vendita di oro e diamanti, in qualche circostanza provenienti da furti commissionati dalla stessa mafia, che venivano rivenduti al Monte dei pegni.
Il meccanismo era tanto semplice quanto efficace. Lo spiega lo stesso Favaloro, in alcune intercettazioni: “… io mi sono andato ad impegnare l’orologio… ma non per bisogno… io li impegno… lo sai per che cosa?… per regolarizzarli. Ora questo orologio qua io lo faccio arrivare all’asta… perché io ho un’amicizia… cose… arriva all’asta… ed io me lo compro all’asta… hai capito… poi lo vendono loro… l’ho comprato al Monte di Pietà…”. Si riferiva a un Rolex Daytona che faceva parte del bottino strappato a una donna, truffata da una banda di finti finanzieri che le aveva mostrato un atto giudiziario taroccato facendole credere di essere sotto indagine. Poi le hanno svuotato l’appartamento.
Eppure, tra il 2013 e il 2017 dall’Uif, l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, per i Compro oro sono arrivate solo 349 segnalazioni di operazioni sospette, di cui 46 nel 2017 (nello stesso anno, le operazioni sospette totali sono tate poco più di 100mila). Sono state fatte 407 ispezioni e rintracciata un’evasione di circa 204 milioni di euro per 54 evasori totali. Sono stati segnalati all’autorità giudiziaria 60 esercenti. “Finora – spiegano dalla Finanza –
l’apertura di un esercizio di Compro Oro non era soggetta ad una regolamentazione stringente. Bastava ottenere una licenza per il commercio di oggetti preziosi e per quanto riguarda i clienti, esibire un documento di identità senza dover certificare la provenienza degli oggetti che si voleva vendere”. Dal 3 settembre, invece, l’iter è cambiato: è stato introdotto un nuovo registro su cui tutti i titolari di Compro oro dovranno registrarsi. Così sarà possibile fare, per la prima volta, un censimento. “La nuova normativa – spiegano – impone ai titolari delle attività precisi obblighi per garantire la piena tracciabilità della compravendita”. Dovranno identificare la clientela, conservarne i dati per dieci anni e segnalare le operazioni sospette. E soprattutto denunciare la loro attività. Forse non sarà il modo per eliminare la criminalità da questo settore, ma renderà sicuramente la vita più difficile.