Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Intervista ad Andrea Pirlo: «Agli allenatori italiani manca il coraggio»


Pirlo, ha sentito il grido di dolore di Mancini?
«Succede da un po’: tanti stranieri sono meno bravi dei nostri. Capita anche in B e perfino nelle categorie inferiori. Probabilmente costano meno ai club, anche in ingaggi, altrimenti non vedo il senso».
È il quarto allarme consecutivo, dopo Prandelli, Conte e Ventura.
«Penso che per un ct il problema sia riferito soprattutto alle grandi.
Inter, Juventus, Napoli e anche Roma non schierano molti italiani.
L’eccezione è il Milan, e tra le altre la Fiorentina».
Per i giovani italiani è un ostacolo serio.
«Ma non va preso come un alibi.
Non bisogna mai accontentarsi di giocare in un grande club. Se uno è davvero bravo, gioca subito in qualunque squadra, come Verratti al Psg. Bisogna fare sempre qualcosa in più per puntare al massimo, cioè a essere titolare nel club e in Nazionale».
La serie A è più difficile, grazie a Cristiano Ronaldo?
«Qualcosa sul mercato hanno fatto anche Inter, Milan e Roma.
Cristiano ha portato più attenzione: è una cosa bella. Può funzionare da traino, a patto che venga sfruttato».
In quale modo?
«Chi insegue la Juventus deve darsi una mossa, inserire campioni e aumentare il rendimento. La Juve vince scudetti su scudetti, eppure ha ancora voglia di migliorarsi.
Deve essere un esempio».
In serie A manca il coraggio coi talenti?
«Il coraggio non è mai stato una dote degli allenatori italiani: spesso hanno preferito dosare il minutaggio dei ragazzi. È difficile che un diciottenne tolga il posto a uno di 28-30 anni».
Giusto convocare Pellegri e Zaniolo?
«Sì, penso che Mancini volesse vederli sul campo, anche se Pellegri si è fatto male».
I giovani hanno meno occasioni rispetto a voi campioni del mondo?
«Lo specchio del valore di una generazione è l’Europeo Under 21.
L’ultimo vinto è del 2004. Significa che da allora non c’è abbastanza qualità per rivincere».
Andare all’estero è una soluzione?
«Un’opportunità: oggi è possibile più che in passato».
La Nazionale non è abbastanza multietnica e non ci sono più i blocchi di 2-3 grandi club.
«Per la prima cosa credo sia solo questione di aspettare: in Italia i figli di immigrati sono arrivati più tardi.
Quanto ai blocchi, se i giocatori sono bravi, in 2-3 giorni li metti assieme. Vedi la Francia campione del mondo».
I settori giovanili dei club sono in crisi?
«È evidente. Molte società fanno fatica a investire sulle prime squadre, figuriamoci sul settore giovanile. Così nascono situazioni inadatte alla crescita. Nei club con disponibilità economiche, come Atalanta, Juve e Inter, i settori giovanili funzionano bene».
L’Italia è in terza fascia, ventunesima: il ranking Fifa è bugiardo?
«La discesa è normale: siamo rimasti fuori dal Mondiale. Ma basta poco per risalire».
La sensazione da spettatore?
«Molta tristezza. Un Mondiale senza squadra per cui tifare non è un Mondiale. Ce la saremmo potuta giocare fino in fondo. A parte Belgio, Francia e Brasile, le altre erano alla portata».
La Nations League è una grande occasione?
«Anche per far giocare i ragazzi in partite che contano più delle amichevoli».
Il suo candidato nelle elezioni della Figc?
«Uno che abbia vissuto sul serio nel calcio, negli ultimi 20-30 anni. I recenti disastri non ci hanno fatto bene, serve gente nuova e fresca.
Bisogna recuperare identità e dignità: in Italia e in Europa. Serve sostanza vera, cose concrete».
Molti campioni del mondo di Berlino fanno gli allenatori.
«Stanno facendo tutti bene, ma mi sta impressionando Gattuso. Il Milan di Rino gioca benissimo, è la squadra che gioca meglio».
E lei?
«Ho appena finito il corso da allenatore, avrò l’esame a settembre. Mi guardo in giro, vedo le partite. Ma avendo appena smesso di giocare, sento l’esigenza di staccare un po’. Magari farò l’allenatore, magari il dirigente, magari un’altra cosa. Sandro Nesta mi giurò che non avrebbe mai allenato. Invece l’ho appena sentito: è invasato per il suo lavoro».
Maldini è tornato nel calcio.
«Era ora. Ha coronato il suo sogno: è tornato al Milan da dirigente, con compiti di gestione e di scelta dei calciatori, incidendo sul serio».
Anche per lei ci vorranno 9 anni?
«Non credo».
Perché non è entrato nello staff della Figc?
«La Figc non ha più voluto.
Avevamo l’accordo e mi era stato detto che non ci sarebbero stati problemi coi miei impegni. Invece, dopo la presentazione del palinsesto di Sky, mi hanno detto che c’era conflitto d’interesse».
De Rossi e Buffon ancora in Nazionale?
«Dipende dalle loro ambizioni: se vogliono, possono. Sono titolari nel loro club».
Il suo erede designato è Tonali, regista del Brescia.
«Mi hanno detto che è forte: lo guarderò».
Il talento si allena?
«Sì. Se vuoi migliorare, devi andare oltre. Il talento da solo non basta: in 2-3 anni te lo mangi».
Chi merita il Pallone d’oro?
«Ronaldo ha fatto cose straordinarie e ha vinto la Champions: lui, Griezmann o Modric. Mbappé ha giocato bene al Mondiale, ma prima non ha vinto».
Tre mesi e mezzo dopo l’addio, com’è la vita del Maestro?
«Molto bella, sono al mare con la mia famiglia: una vacanza normale. Sa da quanto tempo non ne facevo una?».