la Repubblica, 5 settembre 2018
«Trump è un idiota fuori controllo». Il giornalista del Watergate Bob Woodward ha raccolto le confessioni dei massimi funzionari della Casa Bianca
Il presidente degli Stati Uniti voleva assassinare il leader siriano Assad, chiamava un suo ministro” ritardato”, e veniva a sua volta chiamato “idiota” dal suo capo di gabinetto, mentre i membri del suo staff gli sottraevano di nascosto documenti sensibili per timore che innescasse guerre commerciali. Benvenuti a “Crazy Town”, la città dei matti, ovvero la Casa Bianca di Donald Trump secondo la definizione di un alto grado dell’amministrazione a più alto tasso psicotico della storia. La descrive, nelle 448 esplosive pagine del suo libro di prossima uscita “Fear” – ieri anticipate dal Washington Post — quel Bob Woodward che con il suo leggendario lavoro di investigazione nel caso Watergate fece cadere un altro presidente, Richard Nixon.
Una valanga di aneddoti e confidenze raccolti ai vertici dell’amministrazione, in centinaia di ore di registrazione che resituiscono l’immagine di un presidente ignorante, collerico, paranoico, isolato dai suoi, che hanno ormai il solo scopo di salvarsi la reputazione se non addirittura la fedina penale. C’è il generale Jim Mattis, ministro della Difesa, che esce esasperato da un incontro sulla crisi coreana definendo Trump un «bambino di 10 anni». E Mattis annuisce quando il “comandante in capo” straparla di uccidere il leader siriano Assad con toni da film d’azione di quart’ordine: Let’s fucking kill him! Let’s go in. Let’s kill the fucking lot of them!. «Uccidiamolo! Forza! Uccidiamo quel fottuto e uccidiamo tanti dei loro». Salvo poi dire ai suoi: «Non faremo nulla di tutto questo». O ancora, le confessioni dell’ex consigliere economico Gary Cohn che gli tolse dalla scrivania le carte con i piani per uscire dal Nafta e il tycoon neanche se ne accorse. Devastante la confidenza del capo dello staff John Kelly ai colleghi: il presidente è uno “squilibrato”, un “idiota”. «Inutile tentare di convincerlo. È fuori controllo. Siamo a Crazytown. Non so neanche perché siamo qui. È il peggior lavoro che abbia mai avuto». La Casa Bianca, e lo stesso Kelly, hanno smentito la veridicità delle rivelazioni, ma esistono le registrazioni.
Quello di Woodward si preannuncia come un colpo duro all’immagine di Trump perché – pur non essendo il primo libro di indiscrezioni sulle intemperanze del presidente, dopo ‘ Fire and fury’ di Michael Wolff e ‘Unhinged’di Omarosa Manigault Newman – è il primo che porta la firma di un giornalista di cui il mondo intero conosce il metodo inflessibile di verifica e accuratezza. Lo testimoniano gli 11 minuti di telefonata registrata con Trump in cui ad agosto Woodward tentò di spiegare – inascoltato – come per mesi avesse cercato di intervistarlo per il libro, senza che nessuno lo mettesse mai in contatto con lui. Un nastro dai toni surreali, in cui Trump lo liquida come «l’ennesimo libro negativo contro di me... Niente di che». Quale sarà l’effetto di “Paura” lo si vedrà quando uscirà l’ 11 settembre, data simbolica per l’America e sufficientemente vicina alle elezioni di mid- term per creare un effetto valanga. Come dice Woodward, «Io credo nel mio Paese e siccome lei è il presidente, le auguro buona fortuna».