Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 28 Martedì calendario

Gli impiegati non vanno in paradiso

Berlino 1930. Tre anni prima che un ex caporale austriaco conquisti definitivamente il governo della Germania e precipiti il Paese nel peggior disastro della sua storia, un architetto dà alle stampe un libretto intitolato Angestellten. Cinquant’anni dopo, nel 1980, il volume è pubblicato in italiano da Einaudi con il titolo Gli impiegati (introduzione di Luciano Gallino e traduzione di Anna Solmi). L’autore si chiama Siegfried Kracauer; è il responsabile culturale delle pagine della Frankfurter Zeitung, nonché critico cinematografico, sociologo, narratore, teorico del cinema e anche filosofo. Si tratta di uno dei geniali personaggi che hanno ruotato intorno a Georg Simmel: Ernst Bloch, György Lukács, Walter Benjamin. Di quest’ultimo Kracauer è amico e interlocutore; ma è stato anche il mentore di T. W. Adorno, con cui ha letto e commentato per anni La critica della ragion pura di Kant. Meno noto dell’autore de L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Kracauer è altrettanto incisivo e acuto nel descrivere la modernità dei primi decenni del Novecento. In quel momento in Germania ci sono 1.350.000 impiegati nel settore industriale, 2.250.000 in quello commerciale, senza contare gli impiegati statali, ossatura della burocrazia guglielmina. Che cos’è Gli impiegati? Un’inchiesta, un reportage, un saggio di sociologia, un pamphlet? Di più: un mosaico, come scrive l’autore, «che viene formato con le singole osservazioni sulla base delle conoscenze del loro contenuto».
Kracauer ha parlato con dattilografe, contabili, commercianti, dirigenti d’azienda, banchieri, sindacalisti, industriali, consiglieri d’amministrazione; si è unito ai dipendenti in ristoranti e locali notturni; ha bevuto con loro e raccolto le loro lagnanze e speranze. Quindi si è accinto a scrivere uno delle pietre miliari nell’analisi della società industriale avanzata, insieme a Colletti bianchi dell’americano Wright Mills, però uscito ventuno anni dopo. Siamo all’inizio della meccanizzazione del lavoro impiegatizio e della razionalizzazione estrema, che dopo il conflitto mondiale raggiungeranno il loro culmine negli Stati Uniti, e poi si diffonderanno ovunque. La “Germania attuale”, come recita il sottotitolo tedesco del libro, è all’avanguardia, e Kracauer riesce a cogliere lo sviluppo prossimo e venturo di questa figura che è il nerbo della classe media, quella che proprio oggi sembra sul punto di collassare quasi ovunque in Europa per effetto delle ultime crisi economiche.
Chi sono gli impiegati? Dei salariati, prima di tutto, come mostrano i casi di licenziamento che Kracauer analizza (parla anzitempo del mobbing aziendale). Sono dei borghesi, intendendo per borghesia quella delle professioni, i dirigenti e gli eredi di patrimoni economici accumulati nei decenni precedenti in Germania? No, almeno in senso economico, anche se imitano le aspirazioni al lusso e all’intrattenimento dei borghesi. «In loro – scrive Kracauer – continua a vivere lo spettro di una condizione borghese scomparsa». Sono il nuovo ceto medio. Sopra di loro i veri borghesi, quelli che si conoscono attraverso i racconti di Thomas Mann, sotto i proletari, cioè gli operai, i lavoratori manuali, che possiedono una coscienza di classe, sebbene sia «coperta da concetti marxisti, di un marxismo volgare». Il saggio spiega come sia difficile stabilire un confine tra il tradizionale impiegato pubblico e quello privato, poiché il primo si basa sempre più sul contratto di lavoro e il secondo s’avvicina progressivamente al rapporto burocratico del primo. Kracauer, che ha scritto un saggio intitolato Le piccole commesse vanno al cinema (si legge in La massa come ornamento), sulla funzione dell’intrattenimento nel nuovo ceto medio, descrive poi la figura dell’impiegato bancario, che, per il solo fatto di avere un rapporto diretto con il denaro, crede di essere «il re del creato impiegatizio». Per scrivere il libro ha analizzato le riviste e le pubblicazioni dell’Unione tedesca dei commessi e quelle della Federazione sindacale degli impiegati, che contengono inserzioni dedicate a penne, matite Kohinoor, emorroidi, caduta dei capelli, suole di gomma, denti bianchi, prodotti per ringiovanire, grammofoni, crampi degli scrivani, pianoforti a rate. Ha frequentato i nascenti circoli sportivi aziendali, e messo a tema le cure della carnagione e l’accento posto sull’aspetto fisico.
Emerge l’importanza crescente dell’apparenza; non siamo ancora al narcisismo di massa di Christopher Lasch, tuttavia Kracauer parla ampiamente d’individualismo dilagante. Segnala l’attenzione alla “personalità”, perché la Berlino del 1920-30 è una città all’avanguardia nonostante l’arrivo di Hitler e del suo culto della personalità, o forse proprio per questo. Kracauer racconterà poi tutto questo in un libro sul cinema tedesco intitolato emblematicamente Da Caligari a Hitler (Lindau), dopo essersi rifugiato in America e dedicato allo studio del cinema. Gli impiegati sarà bruciato in piazza dai nazisti pochi anni dopo la pubblicazione. La massa degli impiegati si distingue dal proletariato «perché spiritualmente senza tetto»; sopra di lei la borghesia appare in profonda crisi, perciò ha paura di alzare gli occhi e di interrogarsi fino in fondo. Spende per il vitto meno dell’operaio medio e dà più importanza ai bisogni culturali che non all’alloggio, al riscaldamento, al vestiario e alla biancheria. Salute e cultura, insieme a mezzi di comunicazione e trasporto, regali, sigarette, alberghi, intrattenimenti intellettuali e sociali, sono i capitoli maggiori di spesa della nuova classe media. Come nota Kracauer la domanda di beni culturali non porta però questa classe a riflettere sulle radici della vera cultura e perciò non la dispone alla «critica delle condizioni per cui essa è potente». Con un’icastica immagine l’autore di Impiegati definisce il rapporto che questa nuova classe intrattiene con la realtà sociale. Al luna park, scrive, c’è uno spettacolo di giochi dell’acqua illuminati da bengala: fasci di luci rosse, gialle, verdi. Una volta finito ci si rende conto che tutto questo è ottenuto con il povero intreccio di alcune cannelle: «I giochi d’acqua somigliano alla vita di molti impiegati. Si salva dalla sua povertà con la distrazione, si fa illuminare dai bengala e si dissolve nel vuoto notturno immemore della propria origine». La stessa cosa non sta accadendo forse da noi, con la crisi del ceto medio? È in corso un grande cambiamento sociale e politico. Ma quando finiranno i giochi d’acqua illuminati dai fuochi d’artificio dei nuovi capi, cosa succederà?
Leggete Impiegati, se lo trovate in biblioteca o tra i libri usati. Lì qualche risposta c’è.