il Fatto Quotidiano, 27 agosto 2018
Miranda Martino: «La violenza sessuale e quelle foto mi hanno devastato vita e carriera»
La sua casa è piena di luce, il suo cuore di ombre. A 84 anni Miranda Martino ha sentito il bisogno di scrivere un libro autobiografico. Non l’ha fatto per raccontare se stessa ma per scacciare i fantasmi che ne hanno accompagnato la carriera di cantante, attrice e showgirl e che, fino all’uscita del libro, la divoravano nel profondo. Più è angusto lo spazio di manovra, più i contorni del male sembrano infiniti. C’era solo un modo per ridurre il peso malvagio dei ricordi, condividere con altri il passato balordo. Rivivere la violenza per tentare di depotenziarne l’eco ben sapendo che il prezzo da pagare è molto alto. Molte le analogie con la cronaca e l’attualità in una sorta di #MeToo rilanciato ora, ma sofferto 60 anni fa quando non c’erano né telefonini né social. Miranda ha vissuto per certi versi le stesse angosce di molte ragazze e donne di oggi, vittime di ricatti e soprusi amplificati dalla Rete e dalla tecnologia.
Il libro si intitola Caduta in un gorgo di torbide passioni – L’autobiografia di una diva della canzone italiana. Leggerlo non può lasciare indifferenti, perché nel racconto che va dall’infanzia in una famiglia tradizionale, passata a girovagare per l’Italia cercando oasi di pace in un periodo in cui cadevano le bombe del secondo conflitto mondiale, fino agli inizi della carriera e poi ancora con l’affermazione e l’evoluzione di un’attività artistica che spazia dalla musica leggera alla prosa impegnata, dalla radio alla tv, dagli spettacoli alle canzoni napoletane, dalla scrittura di testi per libri e inchieste fino alla direzione di un teatro a Roma. Una curiosa alternanza tra la donna forte e risoluta che si ribella al sistema e l’altra più debole, malinconica e inquieta. Spesso sola. “La mia voglia è fare i conti con me stessa – racconta la Martino – e far partecipi gli altri dei miei errori, vizi e lati oscuri”. E poi: “Le rabbie, le vergogne, ora che sono matura, sono mature anch’esse e le voglio analizzare anche a costo di farmi male”.
Nel racconto dell’Italia che tenta di rialzarsi dopo la devastazione di una guerra (subita e non compresa) a un tratto appare la violenza. La più abietta: quella sessuale. Due momenti distinti, accomunati dal dolore e dalla rabbia. Dall’umiliazione e dalla vergogna. Nella prima circostanza, poco più di una ragazzina, va incontro al martirio senza accorgersene. Un giovane incontrato sul tram numero 28 a Piazza Cavour si offre di riaccompagnarla a casa e… “Il ragazzo che avevo appena conosciuto diventò un’altra persona, cambiò completamente faccia, sembrava una bestia, il viso contratto, gli occhi fissi su di me, minacciosi. Io non riuscivo a reagire, dalla gola non mi usciva alcun suono, mi sentivo impotente e senza scampo, e il ballatoio di quel quarto piano divenne il palcoscenico di uno stupro”. Dopo pochi minuti, nel raccontare la violenza ai genitori, ecco l’altra tragedia. “Avrei avuto bisogno di conforto e invece non dissero una parola, nel loro sguardo c’erano solo durezza e rimproveri, e io mi sentii infelice e colpevole”.
Passano alcuni anni e Miranda non è più una sconosciuta. Comincia a farsi apprezzare nel mondo dello spettacolo e, dopo alcuni provini, firma un contratto con la Rai. Per motivi di lavoro entra in contatto con il maestro Bruno Canfora, in quegli anni uomo molto potente della Rai nonché direttore d’orchestra, compositore, arrangiatore e autore di molte canzoni di successo. “Fu un colpo di fulmine, ma un colpo a tradimento, una violenza sconvolgente, per quanto squallida, si abbatté su di me. Amavo il maestro che mi aveva insegnato a cantare, a muovermi in mezzo a tutti gli ostacoli, che nell’amore mi aveva fatto conoscere l’estasi, ma lui, proprio lui, mi inflisse una pugnalata”.
Quello che segue è il racconto di un incontro di corpi, troppi. Il preludio alla beatitudine si trasforma nel tormento. Un whisky bevuto tutto d’un fiato stordisce Miranda che lascia che il partner la spogli e la distende sul letto. “Chiudo gli occhi, sono completamente abbandonata, ma lui non è vicino a me. Vagamente sento che traffica con qualcosa. Lo cervo, voglio il suo corpo, la sua pelle. Mi penetra subito subito senza troppi preliminari, e nello stesso tempo sento un clic, poi mi cambia posizione, un altro clic”. Forse sarebbe il momento di aprire gli occhi, invece continua il buio. “Sono completamente in suo potere, gli appartengo, può fare di me quello che vuole, non potrei oppormi. Tutto il mio essere è un paradiso di fuoco, di perversione, sono pronta anche ad altro”.
E l’altro entra. Miranda continua: “Mi accarezza, mi penetra e ancora quel clic; mentre lui mi bacia sulla bocca e l’estasi diviene sublime, il clic è sempre là. Quando riapro gli occhi vicino a me non c’è più nessuno”.
Fosse un film diremmo “stacco”. Passano gli anni. Miranda è data tra i cantanti che si sfideranno al Festival di Sanremo del 1959 ma un dirigente della Rca le dice, con imbarazzo, che la casa discografica è contraria alla sua partecipazione: condotta morale dubbia, si dice in giro partecipi alle orge.
“Ne venni a conoscenza tardi, anche se il linciaggio morale era cominciato presto e io non me ne ero accorta. Lo seppi da un amico molto stretto del ‘maestro’ che tempo dopo ebbe pietà di me e mi raccontò che nell’ambiente giravano alcune mie fotografie molto compromettenti, che il ‘maestro’ aveva avuto il coraggio di stampare e di consegnare a due cantanti famosi che io conoscevo bene, erano stati due banali flirt e il maestro lo sapeva, anzi per eccitarsi voleva che gli raccontassi cosa avevo fatto con loro. E io, plagiata fino all’inverosimile”.
Miranda bruciò i negativi che le furono consegnati ma questo non l’aiutò più di tanto, era sicura che circolassero copie delle immagini di quella maledetta sera. Il terrore di vederle di nuovo l’atterriva e l’atterrisce tuttora. Un incubo che l’ha costretta a una carriera meno luminosa delle altre dive di quegli anni e che l’ha obbligata a sperimentare altre forme d’arte oltre al canto. “Nel 2005 al Bagaglino, dove ero in scena con una commedia in cui impersonavo una gattara, mi arrivò una cartolina: ‘Abbiamo le tue luride foto le metteremo su Internet’. La persecuzione continua, devo ancora pagare il mio peccato!”.
Nel libro c’è molto altro: lo slancio artistico, l’impegno civile (per i detenuti) e quello politico (per Pci/Pds prima e i Radicali dopo); la quotidiana battaglia per far tornare i conti e il braccio di ferro con le banche; i rapporti con la famiglia, le relazioni con mariti e compagni e il legame con il figlio (“Mi hanno accusata di essere una madre snaturata perché l’ho fatto studiare lontano da Roma e lontano da me”). Ma il molto altro non può prescindere dalle “torbide passioni”.