Il Sole 24 Ore, 27 agosto 2018
Gli incidenti mortali sulle autostrade dal 2001 sono diminuiti di oltre l’80%
Da quasi 600 morti del 2001 ai 228 dello scorso anno, con un calo di oltre l’80 per cento. Dai 41.251 incidenti con feriti e decessi del 2001 ai poco più di 6.300 del 2017. Questi i numeri che misurano i progressi fatti sul fronte della sicurezza autostradale negli ultimi lustri. Il Sole 24 Ore ha confrontato, usando i dati Aiscat, sinistri e morti avvenuti nel 2001 e nel 2017 lungo l’intera rete autostradale con quelli registrati sulle tratte gestite da Autostrade per l’Italia (Aspi) che, nei giorni successivi alla tragedia di Genova, ha messo in evidenza i risultati positivi conseguiti con il “risparmio” di 300 vite l’anno.
Il dato chiave è rappresentato dalla correlazione del numero di incidenti con il volume di traffico, espresso come la somma dei chilometri percorsi sulle tratte di competenza. A livello nazionale nel 2017 sono avvenuti in media 7,56 incidenti ogni 100 milioni di chilometri contro i 56 del 2001. Sulla rete di Autostrade si scende a 7,48: una performance leggermente migliore dovuta, molto probabilmente, alla maggiore presenza di tutor su questa rete.
Il calo dei sinistri va di pari passo con gli investimenti in manutenzione e sicurezza. Secondo l’ultima relazione della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali presso il Mit nel 2016 gli investimenti di tutti i concessionari sono stati pari a 1.064 milioni (-20% sul 2015). La voce manutenzione ordinaria segna 646 milioni (-7%), di cui la voce maggiore è pavimentazioni (26,5%) seguita da opere d’arte ovvero ponti, viadotti e cavalcavia (9,1%), gallerie (1,5%), altri elementi del corpo autostradale (7,3%), sicurezza (16,6%), impianti esazione pedaggi (11,2%), verde e pulizia (10,7%), operazioni invernali (8,0%), edifici (3,1%), forniture e manutenzioni varie (5,5%).
Quali elementi hanno portato all’aumento della sicurezza? In quasi vent’anni ci sono stati enormi progressi. Una parte del merito va alla Ue che per i crash test ha fissato standard così severi che di fatto hanno reso obbligatorio avere a bordo delle vetture gli airbag. Anche l’Abs e il controllo di stabilità elettronico (Esp) sono diventati obbligatori mentre in Italia sono una realtà la patente a punti, l’inasprimento delle sanzioni, l’alcol test e il tutor. Sul fronte della sicurezza passiva i costruttori di auto hanno migliorato la progettazione delle vetture facendo ricorso a telai con zone di deformazione progressiva e usando acciai ad alta resistenza. Anche il clima ha dato un suo piccolo contributo: nella pianura padana i banchi di nebbia sono un ricordo, mentre nel secolo scorso hanno provocato centinaia di vittime.
A livello di infrastrutture invece in autostrada l’asfalto drenante riduce il rischio di aquaplaning, le barriere di nuova generazione, anche se con scarsa manutenzione, sono migliori rispetto a quelle del passato e limitano molto il salto di corsia e il rischio di ribaltamento. Nelle gallerie l’illuminazione a led aumenta la visibilità e dunque la sicurezza. C’è poi il deterrente del tutor che, nelle tratte dove è presente, ha portato a un netto calo degli incidenti. Nelle settimane di questa estate in cui il sistema è stato spento, in seguito alla sentenza sulla violazione del brevetto, è emerso un dato inatteso: in quelle tratte il numero degli incidenti mortali è in ogni caso diminuito, mentre nel complesso è aumentato il numero degli incidenti. Perché è da non dimenticare che sicurezza e fattore umano viaggiano sempre su binari paralleli.