Il Messaggero, 27 agosto 2018
Poche registe in gara, la Mostra di Venezia è maschilista?
Nessuna italiana in corsa per il Leone d’oro e un’unica regista in competizione: l’australiana Jennifer Kent con The Nightigale, storia di una vendetta ambientata nella Tasmania del 1825. Non ha tutti i torti Hollywood Reporter a bastonare la 75ma Mostra per il suo «tossico maschilismo», espressione esagerata per descrivere una realtà imperdonabile ai tempi di #MeToo. E anche se il direttore Alberto Barbera ha risposto: «Non è colpa di Venezia se le registe scarseggiano», sebbene il manifesto disegnato da Lorenzo Mattotti raffiguri una donna somigliantissima alla ex pornostar Sasha Grey (che si è riconosciuta e ringrazia), il cartellone 2018 risulta a fortissima prevalenza maschile.
FIGLI DELL’ISIS
Le registe made in Italy si contano sulle dita di una mano e, per trovarle, bisogna spaziare al di fuori non solo della competizione ma anche di Orizzonti (che ospita il corto Blu di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi). Fuori concorso, accanto a Valeria Bruni Tedeschi con la commedia Les estivants, c’è Francesca Mannocchi che, in coppia con Alessio Romenzi, ha diretto lo sconvolgente documentario Isis Tomorrow – The Los Souls of Mosul, protagonisti i bambini figli dei kamikaze: è la loro voce a ripercorrere i lunghi mesi della guerra.
LE STARS
Nella sezione Sconfini, Wilma Labate firma Arrivederci Saigon, un altro documentario sull’incredibile storia delle Stars, le ragazze della giovanissima band della provincia toscana che nel 1968 fu spedita in Vietnam a suonare nella base militare americana.
A Venezia Biennale College, l’esordiente Margherita Ferri affronta invece senza retorica omosessualità, bullismo e discriminazione in Zen sul ghiaccio sottile. E c’è un solo film diretto da un’italiana alla Settimana della Critica: Saremo giovani e bellissimi di Letizia Lamartire. Quanto alle altre (poche) signore di Venezia, le sorprese più grandi sono attese da Haifaa Al Mansour, la prima e unica regista saudita (La bicicletta verde) selezionata alle Giornate degli Autori per il progetto Miu Miu Women’s Tales con il suo nuovo film The Wedding Singer’s Daughter. È ambientato a Riad durante un fastoso matrimonio in cui le donne, rigidamente separate dagli uomini, si sfilano l’abaya nera, l’abito-prigione, per rivelare tacchi scintillanti, vestiti spettacolari e acconciature selvagge. A Orizzonti, l’americana Mary Harron presenta invece Charlie Says, storia di tre donne di Charles Manson condannate all’ergastolo e della rieducatrice (Carla Gugino) che le mette di fronte ai crimini commessi. E nell’opera prima Deslembro la brasiliana Flavia Castro rievoca la dittatura militare.