Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 27 Lunedì calendario

La resistenza del passerotto che cambiò il Dna per noi

Passerotto, non andare via: si può ben dire adesso che sappiamo che per stare in nostra compagnia questo piccolo volatile ha perfino modificato il suo Dna. I ricercatori norvegesi hanno infatti scoperto nel genoma del passero domestico il segreto della sua lunga amicizia con l’uomo. Segreto che spiega perché i passeri europei siano così dipendenti da noi da vivere solo in zone agricole o urbane. «I geni ci dicono che la specie del passero domestico è nata circa 11mila anni fa, insieme all’invenzione dell’agricoltura, e che c’è stato un grande aumento di popolazione circa 6mila anni fa, proprio il tempo in cui l’agricoltura si è diffusa in tutta Europa» spiega Mark Ravinet, genetista dell’Università di Oslo.
«Questo ci suggerisce che il passero domestico sia arrivato in Europa insieme all’ondata dei primi agricoltori dal Medio Oriente». Nello studio pubblicato su Proceedings B, Ravinet ha confrontato il genoma del passero domestico e di quello italiano con la più primitiva e selvatica specie del passero bactriano, che vive in Medio Oriente. «È la più simile all’antico progenitore dei passeri, in quanto migra – i passeri in Europa sono invece stanziali – ed evita l’uomo» spiega Ravinet. «La prima differenza è nel gene COL11A, che regola lo sviluppo del cranio: quello del passero domestico è più robusto, con un becco grande e appuntito, prezioso per mangiare i semi agricoli, più grandi e duri di quelli selvatici». L’altro indizio è sempre collegato all’agricoltura e si chiama AMY2A: è uno dei geni che regolano l’amilasi, enzima che permette di digerire l’amido. «Nel Dna del passero domestico questo gene appare in molteplici copie, così come nell’uomo. Sono mutazioni casuali che si sono stabilizzate nel tempo perché premiate dalla selezione naturale: facilitano la digestione dei cereali». Ecco perché il passero bactriano evita i campi coltivati e le città.
Il problema, però, è che oggi campi e città in Italia e in Europa vedono sempre meno passeri domestici, e per cause indipendenti dai geni. E una gran parte di colpa è proprio dell’uomo. «Su scala urbana, negli ultimi dieci anni si vede un dimezzamento del Passer italiae» spiega Marco Dinetti, responsabile ecologia urbana di Lipu. «Mentre è più altalenante la situazione del passero mattugio: sfavorito nella competizione con il passero italiano, è riuscito a conquistare zone abbandonate da quest’ultimo».
Ma chi sta scacciando i passeri? «Un fattore chiave è il calo del 40 – 45 per cento nelle popolazioni di insetti» spiega Paolo Galeotti, docente di biologia all’Università di Pavia. «I passeri sono granivori. Ma i piccoli nel nido, bisognosi di proteine, vengono nutriti con insetti. Fattori secondari possono essere la predazione da parte di gatti e cornacchie, e non escluderei le grandinate: gli eventi climatici estremi sono oggi più frequenti». A tradire l’ amico passero, nonostante la sua devozione entrata persino nel Dna, sono state le nostre scelte. «Il quasi dimezzamento degli insetti è effetto dell’uso intensivo di pesticidi. Un altro problema di cibo sono i cambiamenti del paesaggio agricolo: l’aratura precoce ha fatto diminuire tante popolazioni di uccelli perché, se si ara subito dopo la mietitura, sparisce l’appetitosa sterpaglia ricca di semi e insetti» spiega Lorenzo Serra, ricercatore dell’area avifauna dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. «Mentre è improbabile che nel calo dei passeri abbiano un ruolo le malattie: in quel caso avremmo visto un calo locale circoscritto, per 5- 10 anni, ma poi un ripopolamento dalle aree circostanti. Invece dal 2000 assistiamo a una diminuzione generalizzata in Europa. Per il passero italiano, il trend negativo e del 4 per cento annuo. Pur essendoci oggi tra 2 e 3 milioni di coppie, la specie è inserita come vulnerabile nella lista rossa». Passerotto, scusa se la colpa è un poco nostra.