La Stampa, 27 agosto 2018
Putin costretto a cedere agli oligarchi: niente prelievi sui tesori miliardari
Gli oligarchi devono investire seguendo gli ordini del Cremlino. Alla fine lo Stato russo ha desistito dall’idea di sottrarre diversi miliardi di euro a 14 giganti della siderurgia, della petrolchimica e dell’industria mineraria, ma in cambio queste grandi imprese dovranno aiutare Putin a raggiungere gli obiettivi economici e sociali che ha promesso per il suo quarto mandato presidenziale. Come? Spendendo ingenti somme di denaro in infrastrutture, digitalizzazione e nuove tecnologie. L’accordo, che sa di compromesso, è stato raggiunto venerdì in un incontro tra il consigliere economico del Cremlino, Andrey Belousov, e alcuni top manager e oligarchi delle società interessate. Si tratta di colossi come Severstal, Evraz e Metalloinvest (siderurgia), Sibur (petrolchimica), Polyus (oro) e Alrosa (diamanti). E quindi di paperoni come Dmitry Mazepin, Alisher Usmanov e soprattutto il “re dell’acciaio” Alexiei Mordashov, considerato nel 2016 l’uomo più ricco della Russia con i suoi 17 miliardi di dollari.
Tutto nasce dal cosiddetto “Decreto di maggio” con cui Putin, fresco di trionfo elettorale, ha annunciato i traguardi che si prefigge per i prossimi sei anni da capo dello Stato: l’ingresso della Russia nella top 5 dell’economia mondiale, l’aumento della speranza di vita da 72,5 a 78 anni, l’innalzamento del reddito reale dei cittadini, la crescita demografica, una maggiore qualità dell’istruzione pubblica. Ma anche lo sviluppo tecnologico e un crescente peso delle tecnologie digitali nel sistema produttivo. Tutti ottimi propositi. Come realizzarli, però, con un’economia che comincia solo ora a riprendersi dalla batosta del 2014 causata dal crollo dei prezzi del petrolio e dalle sanzioni occidentali per la crisi ucraina? A suggerire a Putin una possibile soluzione è stato il suo consigliere Andrey Belousov: prendere 513,7 miliardi di rubli (circa 6,5 miliardi di euro) a 14 grandi imprese siderurgiche e petrolchimiche che l’anno scorso hanno registrato profitti record e un margine operativo lordo di quasi 20 miliardi di euro.
La minaccia delle sanzioni
Belousov ha scritto una lettera a Putin per illustrargli la sua proposta, giustificata, secondo lui, dal fatto che queste aziende sono sottoposte a una pressione fiscale minima, mediamente del 7%, e dovrebbero quindi contribuire maggiormente al successo del loro Paese, minacciato da sempre nuove sanzioni americane.
L’idea di Belousov però è stata subito bocciata da tutti i ministeri interpellati e stroncata dall’Unione russa degli imprenditori e degli industriali. Il motivo del “nyet” è semplice: il breve effetto positivo del “sequestro” o della “super tassa” sarebbe azzerato dalla riduzione degli investimenti, da possibili tagli del personale e da eventuali perdite di quote d’esportazione. «Un ulteriore aumento del carico fiscale e un’appropriazione dei profitti delle imprese da parte del governo non sono all’ordine del giorno», si è affrettato a precisare il ministero delle Finanze.Alla fine, Stato e imprenditori hanno trovato un’intesa. Dopo l’incontro di venerdì con i top manager, Belousov ha detto di essere stato «piacevolmente colpito» dal fatto che «le aziende siano pronte a impegnarsi per realizzare il programma sociale dei prossimi sei anni». «Gli stessi imprenditori – ha affermato il consigliere di Putin – si sono detti pronti a investire, ma bisogna suggerirgli dove, fornirgli un modello e il sostegno statale». Gli investimenti – sempre stando a Belousov – interesseranno le infrastrutture e lo sviluppo tecnologico. Secondo il presidente dell’Unione degli industriali, Aleksandr Shokhin, non si tratta di creare «un sacco in cui raccogliere il denaro di una colletta da far gestire al governo». Per decidere come aiutare Putin a realizzare il suo programma sarà invece creato un gruppo di lavoro a cui parteciperanno gli imprenditori e che sarà guidato dallo stesso Shokhin e dal vice premier e ministro delle Finanze Anton Siluanov. Belousov ha inoltre ridotto da 513 a 200-300 miliardi di rubli (2,5-3,8 miliardi di euro) il sostegno che si attende dagli oligarchi. «Qualcuno – ha detto – sarà recalcitrante, ma se ne occuperà l’Unione degli industriali». «L’importante – ha ribattuto il presidente della Confindustria russa – è che non se ne occupi il Comitato investigativo».