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 2018  agosto 27 Lunedì calendario

I viaggi del Salvator Mundi

Londra, 15 novembre 2017, il martello del banditore ha battuto ed ecco che una tavola di 26,4 cm per 19, attribuita a Leonardo, raggiunge i 450 milioni di dollari, diventando il quadro più costoso del mondo. Il pubblico di gente straricca sfolla mentre un’auto della casa d’aste Christie’s porta il dipinto all’aereo privato dell’ignoto compratore. Si saprà poi che questi è il principe Bader bin Abdullah, che lo depositerà al Louvre di Abu Dhabi, negli Emirati, una città-museo di 55 padiglioni su un lago artificiale, progettata da Jean Nouvel che Pierluigi Panza, da architetto, non manca di commentare. Là il quadro resterà in prestito fino al 2037.
Il libro di Panza si apre con la descrizione della serata sovreccitata della vendita e si conclude con l’inaugurazione, mondanissima, di Abu Dhabi. È però tutt’altro che un affrettato instant book. Si tratta invece di una ricostruzione accurata e puntigliosa di tutti gli ingarbugliati passaggi del dipinto di collezione in collezione, sino alla rivelazione finale.
La ricostruzione più attendibile è che il quadro, dipinto da Leonardo per il re francese Luigi XII, fosse giunto in Inghilterra come dono del Re Sole per le nozze di Henriette-Marie di Borbone (Queen Mary) con Carlo I. Due anni dopo la decapitazione del re inglese, ovvero nel 1650, l’incisore Wenzel Hollar produce un’acquaforte che presenta il Salvator Mundi quasi identico a quello venduto a Londra con l’attestazione che l’ha incisa secundum originale di Leonardo. Nel 1964 Ludwig Heydenreich sottolinea le grandi affinità tra due disegni a sanguigna di Leonardo, che rappresentano dettagli del drappeggio d’una figura e li collega all’incisione. Dunque un Salvator Mundi di Leonardo è effettivamente esistito, ed era opera di straordinaria complessità, nella quale si riassumeva tutta la secolare problematica del «vero volto» di Cristo.
Intanto altre tavole si proponevano come l’originale ritrovato di Leonardo, con attribuzioni presto contestate. Nel 2012, una di queste, nella collezione del marchese de Ganay, fu presentata, per il viaggio del Papa Benedetto XVI in Brasile, appunto come l’originale.
Intanto il dipinto di Leonardo finisce nella importante collezione Cook di Richmond finché, nel 1958, è venduto per 45 sterline come «copia» da Boltraffio. Nel 2005, a un’asta a New Orleans, lo acquista Robert Simon per 10 mila dollari, che lo fa restaurare da una celebre restauratrice, Dianne Dwyer Modestini, che mette in luce l’eccezionale qualità del dipinto. Alla fine, questo passa nella collezione di un magnate russo, Dimitri Rybolovev, che ne sarà l’ultimo proprietario fino alla vendita Christie’s.
Le indagini tecniche hanno scoperto che in un tempo imprecisato la tavola si era spaccata in due, richiedendo risarcimenti che la resero irriconoscibile ma che risparmiarono – fortunatamente – le mani, dove due «pentimenti» consentono l’attribuzione di questi due dettagli, come dell’intera concezione del dipinto, a Leonardo.
Illustri storici dell’arte, da Tancred Borenius a Bernard Bererson, che videro il dipinto e lo sottostimarono, avevano dunque ragione. Ciò che i loro occhi vedevano non era Leonardo.
Esistono diverse immagini, dipinte da allievi diretti o indiretti di Leonardo, ispirate al Salvator Mundi, tanto che ci si è chiesti che scopo avessero i due disegni citati, dato che presentano tra loro una significativa differenza, poiché in uno il polso e l’avambraccio della mano benedicente sono nudi, mentre nell’altro appare una camicia con relativo stretto polsino. Tra le repliche del Salvator Mundi di scuola di Leonardo, una sola, già in una collezione inglese, presentava il braccio con la camicia stretta sul polso.
Alla fine della lettura, il Salvator Mundi non risulta soltanto il quadro più costoso del mondo, ma anche, nei suoi passaggi dal trono al saccheggio, al misconoscimento e infine all’ ingresso nella finanza globale, uno dei più avventurosi.