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 2018  agosto 27 Lunedì calendario

Fabio Rovazzi raccontato dalla mamma Beatrice

Quando era alle elementari le regalava ogni giorno un fiore. «Si faceva accompagnare dalla babysitter in piazza Piola, dove c’era un baracchino, e lo sceglieva. Una volta, sotto Pasqua, mi disse che il suo regalo sarebbe stato una colomba. Ho temuto per la linea, ma era pur sempre un bel pensiero. A casa, però, mi sono trovata una bellissima colomba bianca viva! Era dentro la vasca da bagno. Sono andata a restituirla immediatamente». Da piccolo aveva sempre una matita in mano. «Un giorno lo portai a un concerto di musica classica e riuscì a stare buono e a disegnare per tutte e due le ore. Al termine dell’esecuzione, poi, mi mostrò il foglio e c’era il direttore d’orchestra. Lo incoraggiai a portarglielo, lui andò lì tranquillo, gli tirò le code del frac e gli diede il ritratto».
Beatrice Pizzorno ha 54 anni, è biologa ed è la madre di Fabio Rovazzi, il ragazzo che ci dà il tormento (nel senso di tormentoni) dall’estate del 2016, senza mai sbagliare una canzone. Sia messo agli atti, però, che il suo debutto musicale non è stato Andiamo a comandare. Parola di mamma, che (scherzando) racconta: «Compose la prima “opera” alle elementari, quando suonava il pianoforte. Si mise lì, prese un foglio con il pentagramma e scrisse un pezzettino a due mani che aveva un suo senso, era orecchiabile».
Dell’unico figlio nato il 18 gennaio di ventiquattro anni fa alle 7.20 del mattino parla con occhi che brillano, senza sottrarsi sui momenti di crisi. «Quando ha deciso di lasciare la scuola, al quarto anno del Liceo artistico, è stato un momento di rottura tra noi. Per me era tassativo che finisse almeno le superiori. Soltanto dopo ho capito che aveva delle urgenze creative impellenti». E così, quando a «18 anni e un minuto» è andato via di casa, lei ha accettato la scelta, non senza fatica. «Ma è stato faticoso anche per lui: ha preso in affitto un appartamento, si è dovuto occupare degli allacci, si è cercato un lavoro».
Il successo ha cambiato il loro modo di stare insieme. «Nei ristoranti andiamo poco, perché c’è sempre qualcuno che si avvicina a chiedere una foto. Se voglio stare sola con lui dobbiamo vederci a casa». La commuove il desiderio del figlio di coinvolgerla. «Sono andata spesso sul set del film di Gennaro Nunziante. Ma non posso scordare la sua partecipazione al Coca Cola Summer Festival a Roma, in piazza del Popolo: lo accolsero con un boato. Volle portarmi con i suoi amici a prendere l’aperitivo». Quello, forse, è stato il momento in cui ha toccato con mano il successo del figlio. Altre due certificazioni di chiara fama sono state la partecipazione a Che tempo che fa e a una storia di Topolino, nei panni di Paperazzi. «Da Fabio Fazio ho dovuto tenere gli occhi sbarrati, per non piangere. E poi Topolino è stato il clou, per me che lo leggevo da bambina».
La passione per il cinema è nata grazie al padre, Stefano Piccolrovazzi, medico, scomparso nel 2010. «Hanno sempre guardato tanti film insieme, anche non adattissimi a un bambino: Tarantino, Woody Allen. Penso che sia stato importante per alimentare in Fabio senso critico verso le immagini». È invece grazie al nonno Sandro che Fabio ha cominciato a sperimentare l’uso della telecamera. «Gli regalava quella vecchia ogni volta che comprava un nuovo modello». Video e telecamera sono stati anche la causa dell’unica sospensione in prima superiore. «Si era messo a fare riprese senza chiedere l’autorizzazione. Quell’episodio lo abbattè, era il giorno del suo compleanno: per punizione dovette servire ai tavoli della mensa. Il rettore lo trovò lì e quando capì il motivo del castigo si offrì di metterlo in contatto con la società di informatica che faceva consulenza alla scuola, per farlo impratichire».
Dei tantissimi viaggi fatti insieme, quando c’era ancora suo marito, ricorda in particolare quello alle Mauritius: «Fabio aveva due anni, era alto così, ma riuscì a farci una foto bellissima, che conservo gelosamente, mentre noi gli andavamo incontro correndo felici».
Dei curatissimi videoclip del figlio, ama di più l’ultimo, Faccio quello che voglio («Un capolavoro, non gli si può dir nulla»), e Tutto molto interessante. «Me li fa vedere in anteprima, certe volte non sono in grado di capire le sue spiegazioni sugli effetti speciali. In quelle occasioni, davanti al suo talento, rinuncio a fargli le raccomandazioni che mi ero preparata». Due su tutte: «Mangia di più e fuma di meno. Lui usa la sigaretta elettronica, ma io non sono convintissima che non faccia male…».
La vita è un po’ cambiata anche per lei, adesso. «A un certo punto al lavoro c’erano le processioni dagli altri uffici per un autografo. Ora me la cavo così: ho una sua foto firmata su WhatsApp e quando serve la mando a tutti».