il Fatto Quotidiano, 26 agosto 2018
I 700 mila euro pagati dai Benetton a Sabino Cassese
Premessa indispensabile: la nostra antica ammirazione per il professor Sabino Cassese, ex presidente della Corte costituzionale ed ex tantissime altre cose, sconfina ormai nella venerazione. Prima ci affascinò l’agilità con cui saltellava dallo scranno di guardiano della Costituzione a quello di rottamatore della medesima (in tandem con Napolitano, Renzi, Boschi, Verdini&C.), guadagnandosi il soprannome di Scassese. Poi ci esaltò la sua personalissima interpretazione dell’articolo 1 della Costituzione (a suo dire, la sovranità popolare appartiene a tutti – all’Ue, alla Bce, alla Troika, ai governi tecnici e/o di minoranza, al gestore” che voleva piazzare in Campidoglio per commissariare la sindaca Raggi ignobilmente eletta dai romani – fuorché al popolo italiano). Ora ci arrapa il suo amore – meglio ancora, il suo trasporto – sconfinato per le privatizzazioni, e soprattutto per una: quella delle Autostrade, regalate dai governi di sinistra e di destra alla Sacra Famiglia Benetton. Il 13 agosto scorso, con mirabile tempismo (save the date), Cassese scrive sul Corriere un’articolessa dal titolo: “Ma siete sicuri che privatizzare sia un errore?”. Domanda retorica, risposta scontata: no che non è un errore, anzi è tutta manna dal Cielo. La motivazione – tenevi forte – è di quelle altamente sofisticate, anzi emerite: se lo Stato vende le sue aziende incassa dei soldi, se non lo fa non ne incassa. E poi – allacciatevi le cinture – “i costi della cattiva gestione ricadranno sui privati”.
Il caso vuole che proprio l’indomani crolli il ponte Morandi a Genova, seppellendo 43 morti e un bel pezzo di città. Dinanzi alle macerie di quel monumento alle privatizzazioni all’italiana, il governo Conte e i 5Stelle, ammaestrati dalla lezione cassesiana del giorno prima, chiamano a rispondere i privati, cioè Autostrade-Atlantia-Benetton, della cattiva gestione del ponte (nessun controllo, scarsa manutenzione, allarmi inascoltati ecc.). Ma Cassese, oplà, con agile balzo è già passato dall’altra parte: ora sostiene che non è colpa di Autostrade se è crollato il ponte gestito da Autostrade. Non solo: il 21 agosto, con l’aria di uno che passa di lì per caso, si fa intervistare dal Sole 24 Ore per sparare sul progetto governativo di rinazionalizzare le autostrade, che sortirebbe “il paradosso di riportare l’autostrada al costruttore”. Noi, ingenui, pensavamo che questa fosse una norma di minima decenza: il privato costruisce un’opera per conto dello Stato, ammortizza l’investimento con i pedaggi e, quando si è ripagato i costi, restituisce il manufatto alla collettività, cioè all’unico proprietario.
Invece per Cassese è un paradosso, una bizzarria, un’aberrazione: “Uno Stato senza tecnici come può gestire le Autostrade?”. Un non-Cassese, cioè un minus habens, potrebbe rispondere: con i profitti che lo Stato regala ogni anno ai Benetton (un miliardo di euro nel solo 2017), forse qualche ingegnere può pure assumerlo. Ma questi son discorsi da bottegai, da portinaie, non da emeriti. Ieri Cassese torna sul luogo del relitto con un’intervista a Repubblica, che gli attribuisce una “passione” tutta sua per le privatizzazioni contro lo “Stato padrone” e a favore dei Benetton padroni. Un fatto puramente affettivo, che gli sgorga dal cuore, perché lui è un sentimentale. E infatti una lagrimuccia gli riga il volto quando s’infervora contro il governo che vuol riprendersi le autostrade: “Sarebbe una decisione immotivata e anche illegale. Perché rimetterci le mani? Per riscattarle? E poi per gestirle con quali mezzi e con quale organizzazione? Quanto costerebbe?”. Magari – potrebbe obiettare il minus habens – per i 43 morti di Genova e la mala gestione del Ponte e di tanti altri tratti autostradali costati la vita ad altre decine di italiani. Ma l’Emerito del crollo e dei morti non parla proprio: forse non ha ancora saputo della tragica fatalità e nessun intervistatore ha cuore di informarlo.
Per lui l’Italia è un paradiso terrestre onesto e trasparente (“la leggenda del Paese corrotto si fonda sulla rilevazione di percezioni”: ecco, noi percepiamo tangenti che non sono mai esistite), dotata di meravigliose “autorità indipendenti” (tipo quella che vigila sul sistema dei trasporti) che controllano occhiutamente gl’imprenditori, peraltro santi e immacolati (le critiche al capitalismo italiano “sono frutto di improvvisazione”). Peccato per quel fungo populista e sovranista, spuntato fuori chissà come e perché, che infesta ultimamente il Bel Paese. Quindi guai a portar via le autostrade ai Benetton: la vera illegalità non è quella di chi ha prodotto il crollo del ponte, ma quella di chi vuol far pagare il conto ai responsabili. Ora, noi non sappiamo se si tratti di un caso di omonimia o cosa: ma ci risulta che un certo Sabino Cassese, anch’egli giurista, fosse consigliere di amministrazione del gruppo autostradale Benetton, detto ora Atlantia, dal 2000 al 2005, subito dopo la privatizzazione, quand’era decisivo per il concessionario avere buoni rapporti con la politica, magari appuntandosi all’occhiello un fiore emerito. Non sappiamo quale contributo manageriale abbia potuto fornire quel Cassese, più esperto di codici e pandette che di asfalti e calcestruzzi. Ma sappiamo che – secondo La Verità, mai smentita – uscì da quell’avvincente esperienza con 700mila euro in tasca, tra gettoni di presenza e consulenze. Ora, se non dovesse trattarsi di un omonimo, e cioè se il Cassese che difende le Autostrade private dei Benetton fosse lo stesso che sedeva nel board delle Autostrade private dei Benetton, comprenderemmo finalmente quali motivi sentimentali lo spronano alla pugna, e soprattutto quanti: almeno 700mila ottime ragioni. Perché Cassese ogni tanto scassa, ma il più delle volte incassa.