La Stampa, 26 agosto 2018
Boero: amo gli animali ma dissento dagli animalisti
Non fatevi ingannare dal titolo: quello dello zoologo Ferdinando Boero (Ecco perché i cani fanno la pipì sulle ruote delle macchine, ed. Manni, pp. 249, € 15) non è un libro comodo, a cominciare dal sottotitolo: L’uomo e il suo rapporto con gli altri animali e le leggi della natura. L’autore stesso, dopo una serie di ricordi personali, mette subito in guardia: «Questo libro potrebbe dispiacere a qualcuno. Io amo gli animali ma temo che gli animalisti non saranno contenti di alcune cose che ho scritto. (…) Sono uno zoologo e do grandissima importanza a tutti gli altri animali ma appartengo alla specie Homo sapiens ed è ovvio che pensi che i rappresentanti della mia specie vengano prima di quelli di altre. Se salvare bambini malati comporta esperimenti su animali, dico che bisogna fare in modo che siano limitati al massimo, e con il massimo rispetto per il benessere animale, però dico che vanno fatti».
Boero affronta la nostra storia nella biosfera, dall’Homo sapiens che iniziò a cacciare e poi ad allevare fino all’attuale «conversione animalista» e ai suoi eccessi. Tratteggia i rapporti interspecifici, compie una carrellata tra le specie, parla di scimmie e molluschi, di ovini e uccelli. Confessa di amare gli animali «un pochino diversi da quelli comunemente amati dalla gran parte degli uomini e delle donne. (…) Gli animali che teniamo in casa sono invariabilmente vertebrati, e cerchiamo di sbarazzarci del resto: scarafaggi, formiche, ragni. (…) Gli animali che pensiamo di amare spesso sono solo proiezioni del nostro egocentrismo antropomorfico».
Meglio quelli selvatici
Boero preferisce gli animali selvatici, nel loro ambiente, non addomesticati: «Gli zoologi» scrive «sono tipi strani. Il più delle volte studiano animali che nessuno conosce. Neppure loro. Sono tantissime le specie ancora sconosciute, e il nostro mestiere è trovarle, e dar loro un nome, in modo da sapere di più degli animali con cui condividiamo il pianeta. Non possiamo amare quel che non conosciamo. Se uno ama davvero gli animali non si può fermare a quelli conosciuti: troppo banale. (…) Trovare animali sconosciuti dà un’emozione forte, ad alcuni. Io sono uno di quelli».
Discorso importante sono le leggi della natura: la prima, scrive Boero, «impone che ogni specie tenda ad aumentare la propria numerosità. (…) Noi stiamo seguendo questa legge in tutto e per tutto. È anche scritta nella Bibbia: andate e moltiplicatevi. Ma la legge che dice che tutte le specie tendono ad aumentare si correla con una seconda legge: anche se tutte tendono a farlo, non tutte possono farlo. La spiegazione è semplice: il mondo non potrebbe contenerle tutte, se tutte lo facessero. La seconda legge della natura, la legge del limite, corregge la prima legge: la capacità portante misura il limite della crescita. Da qui la “lotta per l’esistenza”: le specie competono tra loro per utilizzare risorse limitate. La storia della vita mostra che le specie che “vincono”, hanno grande successo e poi, di solito, si estinguono e lasciano il campo ad altre specie. La grande abbondanza di una specie erode le risorse che la sostengono, fino al crollo. E altre specie prendono il suo posto. L’alternativa è smettere di crescere e restare sotto al limite: la sostenibilità».
L’egoismo è perdente
«Le specie non si curano delle altre specie» scrive Boero. «Pensano solo a sé stesse. Non è “male” che un predatore uccida tutte le prede e poi si estingua. Finché ci sono prede le uccide e le mangia». Ma bisogna considerare «l’umiltà che abbiamo perso, andando verso una incurante stupidità derivante da un immotivato complesso di superiorità»: buona conclusione, da tenere sempre presente. Altrimenti faremo la fine dei dinosauri, vedremo terminare la nuova era geologica dell’Antropocene. L’egoismo per noi è perdente.